Mafia, scarcerato per favismogli avvocati difendono il Tribunale
Secondo i penalisti, il Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila e il suo presidente sono "passati sotto le forche caudine della pubblica disapprovazione delle Procure impegnate nel contrasto alla mafia"
L'AQUILA. "Per il solo fatto di aver concesso la detenzione domiciliare ad un detenuto condannato per mafia - peraltro in gravissime condizioni di salute e in passato già beneficiario dello stesso trattamento da parte del gip di Palermo - il Tribunale dell'Aquila e il suo presidente sono stati reiteratamente attaccati sui media da altri magistrati che hanno attivato una vera e propria campagna denigratoria".
Così l'Unione camere penali italiane commenta la vicenda della concessione dei domiciliari a Michele Aiello, l'imprenditore della sanità privata siciliana condannato a 15 anni. Secondo i penalisti, il Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila e il suo presidente sono "passati sotto le forche caudine della pubblica disapprovazione delle Procure impegnate nel contrasto alla mafia, che, sia pur a scoppio curiosamente ritardato, hanno censurato in maniera virulenta e con largo uso di forzature e falsità, un provvedimento emesso da quell'ufficio pubblico".
Per l'Ucpi, al di là del merito, la questione è "assai grave" poiché dimostra, "per l'ennesima volta, il clima di intolleranza verso la libertà della giurisdizione che si respira all'interno della magistratura, con pm che si ergono a pubblici censori di giudici che decidono in maniera sgradita alle Procure".
Ma quel che "appare più grave, tanto da essere ancor più inaccettabile", aggiungono i penalisti, è la notizia che su questa vicenda il ministero della Giustizia abbia "disposto una ispezione". "Le decisioni dei giudici - conclude l'Ucpi - si possono criticare, ma non con l'intolleranza o le ispezioni ministeriali".
Così l'Unione camere penali italiane commenta la vicenda della concessione dei domiciliari a Michele Aiello, l'imprenditore della sanità privata siciliana condannato a 15 anni. Secondo i penalisti, il Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila e il suo presidente sono "passati sotto le forche caudine della pubblica disapprovazione delle Procure impegnate nel contrasto alla mafia, che, sia pur a scoppio curiosamente ritardato, hanno censurato in maniera virulenta e con largo uso di forzature e falsità, un provvedimento emesso da quell'ufficio pubblico".
Per l'Ucpi, al di là del merito, la questione è "assai grave" poiché dimostra, "per l'ennesima volta, il clima di intolleranza verso la libertà della giurisdizione che si respira all'interno della magistratura, con pm che si ergono a pubblici censori di giudici che decidono in maniera sgradita alle Procure".
Ma quel che "appare più grave, tanto da essere ancor più inaccettabile", aggiungono i penalisti, è la notizia che su questa vicenda il ministero della Giustizia abbia "disposto una ispezione". "Le decisioni dei giudici - conclude l'Ucpi - si possono criticare, ma non con l'intolleranza o le ispezioni ministeriali".