Mafioso condannato all’ergastolo Però sconta la pena in biblioteca
Leonardo Ciaccio era un fiancheggiatore di Messina Denaro, ha avuto una misura alternativa al carcere E in città monta la polemica. Il sindaco scriverà al prefetto e precisa: «Polo museale della diocesi»
SULMONA. Era stato condannato nel 2004 all’ergastolo con l’accusa di essere stato uno dei fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro. Adesso per Leonardo Ciaccio c’è la possibilità di scontare la condanna con la misura alternativa che gli è stata concessa dal Tribunale della libertà dell’Aquila per buona condotta: quella di bibliotecario nel polo museale civico di Sulmona.
LA DECISIONE
Il provvedimento dei magistrati ha fatto sì che Ciaccio, trasferito dal carcere dell’Aquila a quello di Sulmona, potesse accedere al regime di semilibertà, nonostante la condanna all’ergastolo della Corte di Assise di Palermo per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona, omicidio volontario e occultamento di cadavere. Un provvedimento contro cui si è opposta la Procura generale della Corte d’appello dell’Aquila. Alla Cassazione è stato chiesto di annullare l’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà del capoluogo abruzzese. Nel proprio ricorso, la Procura generale mette in risalto come il detenuto, in passato, non sia mai riuscito a ottenere un permesso premio. A supporto della tesi che Ciaccio non può uscire dal carcere, ci sono le annotazioni della Dda, dove non si esclude l’attuale collegamento tra l’ergastolano con la criminalità organizzata.
IL PROFILO CRIMINALE
Leonardo Ciaccio faceva parte del quartetto formato da Matteo Messina Denaro deceduto lo scorso anno, Giuseppe Clemente, suicida in carcere nell'aprile del 2010 e Francesco Geraci, poi collaboratore di giustizia, morto qualche mese prima della cattura di Messina Denaro. Membro di spicco della famiglia mafiosa di Castelvetrano, Ciaccio era riuscito nella sua scalata a Cosa Nostra a ricoprire il delicato ruolo di responsabile della custodia e della gestione delle armi da fuoco. Una posizione di prestigio che gli aveva fatto guadagnare i favori di Messina Denaro. Lo stesso Ciaccio, tra l’altro, aveva il numero di telefono del padrino di Cosa Nostra. Un legame che restò forte anche dopo la sua carcerazione, dato che Ciaccio negli anni non ha mai mostrato pentimento. Nel febbraio del 2004, Ciaccio figurava tra i condannati all’ergastolo dalla Cassazione nel maxi processo “Omega”, sulla mafia trapanese.
COSA FA IN CITTà
Il braccio destro del boss, secondo i termini della convenzione, lavora come bibliotecario nel museo di piazza Garibaldi, dal martedì al venerdì, dalle 9 alle 13. L’edificio è di proprietà della diocesi che aveva stipulato un accordo con il Tribunale, aderendo al progetto di rieducazione e messa alla prova. Ciaccio, che anche al carcere dell’Aquila si occupava della biblioteca, viene seguito nelle sue attività da una volontaria. Nei giorni scorsi ha ricevuto anche la visita di alcuni parenti.
CASO POLITICO
Il via libera del Tribunale della Libertà ha fatto scoppiare il caso politico in città. «Leonardo Ciaccio è entrato in città dalla porta principale apertagli dal sindaco Gianfranco Di Piero che si era invece impegnato a contrastare i rischi legati alle infiltrazioni della criminalità organizzata», è l’accusa mossa dalla consigliera comunale Teresa Nannarone. «Nessun assenso, in quanto non previsto e comunque non richiesto, è stato espresso dal Comune di Sulmona» è la replica il sindaco, aggiungendo che il museo non è comunale. «L’allarme lanciato supera di gran lunga i percorsi che vengono controllati e strutturati con gli organi competenti», sottolineano fonti vicine alla diocesi.
POSSIBILE PETIZIONE
Intanto alcuni residenti di corso Ovidio stanno valutando una raccolta firme.
«La presenza di una figura di questo calibro pone un problema di sicurezza che non possiamo ignorare», affermano i promotori dell’iniziativa. Dal Comune intanto partirà una segnalazione al prefetto perché, visti i collegamenti criminali, «potrebbe essere a rischio anche l’incolumità del detenuto».
LA DECISIONE
Il provvedimento dei magistrati ha fatto sì che Ciaccio, trasferito dal carcere dell’Aquila a quello di Sulmona, potesse accedere al regime di semilibertà, nonostante la condanna all’ergastolo della Corte di Assise di Palermo per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona, omicidio volontario e occultamento di cadavere. Un provvedimento contro cui si è opposta la Procura generale della Corte d’appello dell’Aquila. Alla Cassazione è stato chiesto di annullare l’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà del capoluogo abruzzese. Nel proprio ricorso, la Procura generale mette in risalto come il detenuto, in passato, non sia mai riuscito a ottenere un permesso premio. A supporto della tesi che Ciaccio non può uscire dal carcere, ci sono le annotazioni della Dda, dove non si esclude l’attuale collegamento tra l’ergastolano con la criminalità organizzata.
IL PROFILO CRIMINALE
Leonardo Ciaccio faceva parte del quartetto formato da Matteo Messina Denaro deceduto lo scorso anno, Giuseppe Clemente, suicida in carcere nell'aprile del 2010 e Francesco Geraci, poi collaboratore di giustizia, morto qualche mese prima della cattura di Messina Denaro. Membro di spicco della famiglia mafiosa di Castelvetrano, Ciaccio era riuscito nella sua scalata a Cosa Nostra a ricoprire il delicato ruolo di responsabile della custodia e della gestione delle armi da fuoco. Una posizione di prestigio che gli aveva fatto guadagnare i favori di Messina Denaro. Lo stesso Ciaccio, tra l’altro, aveva il numero di telefono del padrino di Cosa Nostra. Un legame che restò forte anche dopo la sua carcerazione, dato che Ciaccio negli anni non ha mai mostrato pentimento. Nel febbraio del 2004, Ciaccio figurava tra i condannati all’ergastolo dalla Cassazione nel maxi processo “Omega”, sulla mafia trapanese.
COSA FA IN CITTà
Il braccio destro del boss, secondo i termini della convenzione, lavora come bibliotecario nel museo di piazza Garibaldi, dal martedì al venerdì, dalle 9 alle 13. L’edificio è di proprietà della diocesi che aveva stipulato un accordo con il Tribunale, aderendo al progetto di rieducazione e messa alla prova. Ciaccio, che anche al carcere dell’Aquila si occupava della biblioteca, viene seguito nelle sue attività da una volontaria. Nei giorni scorsi ha ricevuto anche la visita di alcuni parenti.
CASO POLITICO
Il via libera del Tribunale della Libertà ha fatto scoppiare il caso politico in città. «Leonardo Ciaccio è entrato in città dalla porta principale apertagli dal sindaco Gianfranco Di Piero che si era invece impegnato a contrastare i rischi legati alle infiltrazioni della criminalità organizzata», è l’accusa mossa dalla consigliera comunale Teresa Nannarone. «Nessun assenso, in quanto non previsto e comunque non richiesto, è stato espresso dal Comune di Sulmona» è la replica il sindaco, aggiungendo che il museo non è comunale. «L’allarme lanciato supera di gran lunga i percorsi che vengono controllati e strutturati con gli organi competenti», sottolineano fonti vicine alla diocesi.
POSSIBILE PETIZIONE
Intanto alcuni residenti di corso Ovidio stanno valutando una raccolta firme.
«La presenza di una figura di questo calibro pone un problema di sicurezza che non possiamo ignorare», affermano i promotori dell’iniziativa. Dal Comune intanto partirà una segnalazione al prefetto perché, visti i collegamenti criminali, «potrebbe essere a rischio anche l’incolumità del detenuto».