Maxi slogan di protesta in collina
«Yes we camp», i comitati ricordano ai potenti i 52 mila sfollati.
L’AQUILA. Sulla collina di Roio la scritta «Yes we camp!» è bene in vista. «Sì, noi siamo in tenda» è la traduzione dello slogan ispirato al «Yes we can» usato da Obama nella sua campagna elettorale. I comitati cittadini hanno scelto quel posto perché ben visibile agli occhi di tutti, delegazioni internazionali e giornalisti. Una frase simbolo, scelta da chi da settimane sta portando avanti la campagna «100% per la ricostruzione», volta a ricordare ai grandi della terra che all’Aquila quasi 23 mila persone sono ancora costrette a vivere nelle tendopoli e che circa 30 mila sono sfollate sulla costa. L’operazione, annunciata l’altra sera, è scattata ieri mattina intorno alle 10, dopo un volantinaggio.
Armati di enormi teli bianchi, i comitati hanno occupato una radura sulla collina di Roio. Quella che guarda verso l’autostrada, proprio sopra il centro commerciale L’Aquilone, utilizzato come terminal per le navette che stanno facendo la spola con la Scuola della Finanza, sede del G8. Poi, ieri pomeriggio il blitz alla Rotonda, a ridosso della tendopoli di piazza d’Armi, la più grande allestita in città. Qui i comitati hanno inscenato una manifestazione che si è chiusa con l’esposizione di un lungo striscione, sempre con su scritto «Yes we camp». «Su questa strada dovrà passare Obama per la sua visita nel centro storico. E noi siamo qui, con questo striscione, per rompere una vetrina mediatica che non rende giustizia alla verità», dice Mattia Lolli del comitato 3e32.
«Siamo qui per dire che così non va bene, che la ricostruzione non è partita perché il decreto e le ordinanze emanate non consentono l’avvio dei lavori. E che i comitati sono nati per vigilare sulla ricostruzione della città, la nostra città. Con questo slogan vogliamo ribadire che è impensabile poter tenere ancora la gente nelle tende. Che è necessario pensare a soluzioni alternative, che bisognerà requisire le case sfitte o costruirne altre di legno. Qui tutti stanno prendendo coscienza che a settembre non ci saranno tutte le case promesse da Berlusconi, che avremo solo qualche inaugurazione. Forse stanno pensando di mandarci negli alberghi, magari a Roccaraso. Ma noi da qui non ce ne andremo.
Noi siamo i terremotati di serie B, quelli chiamati a restituire le tasse sospese già dal prossimo gennaio, quelle sì al 100%. In altre realtà italiane le cose sono andate diversamente. E allora basta con le beffe e con le bugie. E’ stato detto che la scelta di spostare il G8 era stata fatta per gli aquilani. Allora non comprendiamo perché non dobbiamo farci vedere. Avevamo chiesto di poter dar vita a un presidio, ma non siamo stati autorizzati. Noi siamo aquilani, non siamo No global e questa mistificazione non ci piace». «Con quella scritta sulla collina di Roio», aggiunge Sara Vegni «abbiamo voluto dire al mondo e alla stampa internazionale che la ricostruzione non è partita. Non ci sono le risorse e il piano case non rispetterà i tempi indicati. Ma nelle tende non si può vivere in modo dignitoso».
Armati di enormi teli bianchi, i comitati hanno occupato una radura sulla collina di Roio. Quella che guarda verso l’autostrada, proprio sopra il centro commerciale L’Aquilone, utilizzato come terminal per le navette che stanno facendo la spola con la Scuola della Finanza, sede del G8. Poi, ieri pomeriggio il blitz alla Rotonda, a ridosso della tendopoli di piazza d’Armi, la più grande allestita in città. Qui i comitati hanno inscenato una manifestazione che si è chiusa con l’esposizione di un lungo striscione, sempre con su scritto «Yes we camp». «Su questa strada dovrà passare Obama per la sua visita nel centro storico. E noi siamo qui, con questo striscione, per rompere una vetrina mediatica che non rende giustizia alla verità», dice Mattia Lolli del comitato 3e32.
«Siamo qui per dire che così non va bene, che la ricostruzione non è partita perché il decreto e le ordinanze emanate non consentono l’avvio dei lavori. E che i comitati sono nati per vigilare sulla ricostruzione della città, la nostra città. Con questo slogan vogliamo ribadire che è impensabile poter tenere ancora la gente nelle tende. Che è necessario pensare a soluzioni alternative, che bisognerà requisire le case sfitte o costruirne altre di legno. Qui tutti stanno prendendo coscienza che a settembre non ci saranno tutte le case promesse da Berlusconi, che avremo solo qualche inaugurazione. Forse stanno pensando di mandarci negli alberghi, magari a Roccaraso. Ma noi da qui non ce ne andremo.
Noi siamo i terremotati di serie B, quelli chiamati a restituire le tasse sospese già dal prossimo gennaio, quelle sì al 100%. In altre realtà italiane le cose sono andate diversamente. E allora basta con le beffe e con le bugie. E’ stato detto che la scelta di spostare il G8 era stata fatta per gli aquilani. Allora non comprendiamo perché non dobbiamo farci vedere. Avevamo chiesto di poter dar vita a un presidio, ma non siamo stati autorizzati. Noi siamo aquilani, non siamo No global e questa mistificazione non ci piace». «Con quella scritta sulla collina di Roio», aggiunge Sara Vegni «abbiamo voluto dire al mondo e alla stampa internazionale che la ricostruzione non è partita. Non ci sono le risorse e il piano case non rispetterà i tempi indicati. Ma nelle tende non si può vivere in modo dignitoso».