Mensa di Celestino, l'aiuto e la solidarietà

Alla scoperta della «città» dei poveri che vive grazie al volontariato e alle offerte

L'AQUILA. Giorni caotici quelli che hanno preceduto la Pasqua 2011. Traffico impazzito, parcheggi dei centri commerciali strapieni, una spasmodica ricerca di normalità in quella che dopo due anni vuole apparire una Pasqua come le altre ma che come le altre non è. Due anni fa la tragedia era ancora talmente vicina che la Pasqua passò nel dolore e nello sconcerto. Oggi la voglia di essere di nuovo protagonisti della propria esistenza la vedi anche dalle piccole cose.

C'è chi taglia la siepe di recinzione della casa da poco riconquistata, chi semina l'orticello, chi passa il rasaerba in giardino, chi dipinge l'inferriata, chi spruzza l'acqua sull'erba ancora impolverata dai crolli del sei aprile. Ma dietro un'apparente frenesia che non sembra avere obiettivi a breve termine, continua forte l'ansia del futuro. La ricostruzione materiale non solo ancora non parte ma è diventata la palestra di appetiti inconfessati in cui tutti litigano e nessuno fa niente di concreto. E in attesa di tempi migliori (sono due anni che tutti se lo ripetono a vicenda) la Pasqua diventa il giorno della riflessione ma anche di uno svago (per chi può) che prova a scacciare i fantasmi, le paure, l'incubo di una città che potrebbe diventare una scatola vuota senza che nessuno sia in grado di riempirla - né adesso, né in futuro - di contenuto.

Per andare nella città nascosta, per capire nei limiti del possibile come si sta modificando il tessuto sociale e la rete dei bisogni ci si deve recare dove molti si vergognano persino ad avvicinarsi. Poco più di un anno fa, grazie anche al contributo dei lettori del Centro, fu inaugurata la mensa di Celestino V, un approdo per chi non ha i soldi nemmeno per comprarsi un po' di pane o se ce li ha li risparmia per poter acquistare almeno un paio di scarpe o un vestito dignitoso.

La struttura che sorge a piazza d'Armi su un'area di 4.000 metri quadrati è diventata un punto di riferimento per il capoluogo ferito: la chiesa intitolata a San Bernardino (che per ora sostituisce la storica Basilica in centro storico) soprattutto la domenica è sempre molto frequentata. Oltre alla mensa dei poveri ci sono le sedi delle associazioni (Consorzio, centro studi) che si richiamano al messaggio di Celestino V, il Papa che si dimise dopo sei mesi di pontificato.

E poi c'è una "casa" che accoglie le donne con bambini, donne che genericamente vengono definite in difficoltà. Dietro alla parola difficoltà in realtà ci sono vite segnate dalla prostituzione ma soprattutto dai maltrattamenti. Oggi sono otto le ragazze con figli che vivono in piccole stanze a cui però non manca nulla. C'è il bagno, c'è una lavanderia fai da te per il bucato, per mangiare c'è la mensa e soprattutto c'è il calore umano di chi non le fa sentire estranee o addirittura degli scarti della società.

Dentro questo mondo che raccoglie chi dal mondo viene spesso escluso ci sono tanti esempi di solidarietà.

Pierino Giorgi, che con padre Quirino Salomone, ha fortemente voluto che la mensa fosse ricostruita in tempi brevi (prima del sei aprile del 2009 era in via dei Giardini nei pressi della villa comunale) racconta di una donna aquilana che la notte del sei aprile del 2009 fu travolta dalla furia delle macerie nella sua abitazione. Rimase per ore sotto sassi e polvere e in quei momenti fece un voto: se esco viva mi impegno a dare ogni mese un contributo per aiutare chi ne ha bisogno. E da due anni - dice Giorgi - non c'è mese che non offra cento euro per la carne. Ha dato ordine al suo macellaio di fiducia di portarci a ogni scadenza quanto promesso. Noi abbiamo chiesto di avere la carne macinata con la quale arricchiamo il sugo o facciamo le polpette.

Oggi la mensa prepara in media 110 pasti al giorno (all'inizio del 2009 erano 70). Confeziona una media di 50 pasti da asporto o che vengono direttamente consegnati a chi ne fa richiesta (che per la maggior parte sono persone che non se la sentono, perché si vergognano, di presentarsi alla mensa). Ogni settimana vengono dati 250 pacchi viveri. Si tratta di caffè, zucchero, olio, formaggi. Tutte cose che arrivano per lo più dal banco alimentare o dai cosiddetti cesti posti all'uscita dei principali supermercati e centri commerciali della città.

E poi ci sono le donazioni spontanee di tante persone: dolci soprattutto, ma anche verdura, scatolette di tutti i generi, frutta. C'è un fruttivendolo che quasi ogni giorno offre la sua parte. A Natale e a Pasqua arriva una valanga di panettoni, pandoro, colombe. Due mattine fa nel magazzino c'erano due scatoloni con le uova di cioccolato che oggi, giorno di Pasqua e nei prossimi giorni fino ad esaurimento, verranno distribuiti agli ospiti.

Pierino Giorgi mi porta nella cucina della mensa che non ha nulla da invidiare a quella di un ristorante di alto livello. Al lavoro ci sono due giovani e qualche persona più adulta. Il menu del giorno prevede gnocchi o minestrone (il primo di solito è a scelta) e per secondo carne, pollame, formaggi di ogni tipo. Roberto Paolucci, dipendente Enel oggi in pensione, è orgoglioso di fare il volontario alla mensa dei poveri e mentre prepara il bancone del self service mostra i bicchieri con la macedonia di frutta e dice: «Qui facciamo la macedonia più buona della città». E' bello vedere l'entusiasmo di chi nell'aiutare gli altri trova una ragione di vita mentre tutt'intorno magari c'è chi dal terremoto e dalla tragedia di una città intravede l'occasione per arricchirsi e dare una "presunta" svolta alla propria vita.

A mezzogiorno il corridoio davanti alla mensa comincia ad animarsi. Uno si aspetta di vedere gente derelitta, come spesso ci viene rimbalzata anche dalla televisione l'immagine di barboni che vivono ai margini della società. La cosa che colpisce invece è che si tratta di giovani che arrivano da fuori Italia, che magari sono all'Aquila impegnati nei cantieri della ricostruzione, che mangiano alla mensa dei poveri e la notte dormono dove capita, sotto i ponti o nelle case inagibili del centro storico dove nessuno li vede o finge di non vederli. «Uno dei problemi di questa città che andrebbe risolto in tempi brevi è quella di costruire un dormitorio» dice Pierino Giorgi «noi e la Caritas con la quale collaboriamo molto, facciamo il possibile ma mancano posti letto per chi non se li può pagare». E il rischio che il fenomeno si allarghi è dietro l'angolo, quando, prima o poi, finirà il contributo di autonoma sistemazione e. quelli che Giorgi chiama «i nostri amici di prima del terremoto», non avranno più un albergo o una struttura temporanea come rifugio. La fine dell'emergenza e dell'assistenza alla popolazione farà esplodere una serie di tensioni che oggi covano sotto la cenere. Ma la classe politic della città pensa ai "rimpastini" di giunta e a ricostruire un capoluogo che se le cose vanno avanti così sarà ancora più caotico di prima e senz'anima.

Ma oggi è Pasqua, e anche i politici meritano un giorno di riposo e si spera, di riflessione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA