L'AQUILA

Muore per l'assunzione di un farmaco, risarcimento di 1milione 300mila euro

Va in ospedale e gli viene somministrata una medicina a cui è allergico: dopo tre mesi la morte. Il tribunale condanna la Asl 

L'AQUILA. Con sentenza notificata in data odierna il tribunale dell'Aquila ha riconosciuto un risarcimento di Un milione 300mila euro a una madre e alle sue due figlie per la perdita del padre dopo un ricovero in ospedale.

Il padre, Attilio Roscetti, il 17 aprile 2016 era andato all'ospedale San Salvatore accusando una sintomatologia riconducibile a un “sospetto addensamento polmonare in paziente con insufficienza respiratoria ipossica moderata da verosimile Bpco in via di riacutizzazione”, per cui si era reso necessario il ricovero del paziente al fine di eseguire ulteriori accertamenti diagnostici, previa annotazione in cartella della riferita allergia del paziente al farmaco “Augmentin”.

A seguito della somministrazione del farmaco “Urbason”, il paziente si sente male con una crisi convulsiva e un successivo arresto cardiorespiratorio. Trasferito nel reparto di rianimazione mostra un progressivo peggioramento, anche in conseguenza di un danno encefalico successivamente insorto, il 7 luglio 2016 muore.

Nel corso del complesso giudizio è stata disposta una consulenza tecnica d'ufficio che, oltre a evidenziare la “lacunosità con cui la cartella clinica era stata tenuta dai sanitari” e, quindi, la difficoltà di compiere l’analisi della stessa, ha messo in rilievo che “dopo il verificarsi dell’arresto sono stati somministrati antibiotici appartenenti alla stessa classe farmacologica di quelli già in precedenza alla radice di reazioni allergiche”. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto sotto tale profilo censurabile la condotta dei sanitari.

"Peraltro", aggiunge l'avvocato Mario Cicchetti del foro di Rieti che ha assistito i familiari, "elementi di censurabilità sulla condotta dei sanitari sono stati individuati dal tribunale anche in ordine al secondo aspetto di doglianza prospettato e relativo alla gestione della crisi comiziale insorta in danno del signor Roscetti a seguito della somministrazione farmacologica del farmaco Urbason. I consulenti incaricati dal tribunale, infatti, sotto tale profilo, hanno riscontrato che “il trattamento degli episodi comiziali, una volta manifestatisi, è da ritenere censurabile per la mancata adeguata indagine e connessione e terapia delle circostanze cliniche. Altrettanto può dirsi per non aver tempestivamente affrontato l’arresto cardiaco impedendone pertanto le gravi conseguenze derivatene”.

Il giudice del tribunale aquilano, Baldovino De Sensi, ha ritenuto condivisibili le conclusioni alle quali è giunto il collegio peritale secondo il quale “…un approccio complessivo di cura più adeguato nei termini illustrati avrebbe consentito al paziente, con preponderanza probabilistica, di antagonizzare al meglio la fase critica del 18 aprile”. Ossia quanto sostenuto dalla difesa della madre e delle due figlie e dal medico legale dai medesimi incaricato, Francesco Nobili di Firenze.

Il tribunale ha, pertanto, riconosciuto la responsabilità professionale della struttura sanitaria e condannato l’Azienda sanitaria Locale n. 1 Avezzano – Sulmona – L’Aquila al pagamento in favore degli eredi di 1 milione e 300 mila euro.

"Non posso che esprimere la mia massima soddisfazione", dice l'avvocato, "per il risultato ottenuto che rende giustizia ad una moglie e a due giovanissime figlie che hanno perso il loro affetto più caro".