Nuove case, contestato Chiodi
La rabbia dei comitati al consiglio comunale aperto sulla ricostruzione.
L’AQUILA. «Chi ha deciso dove fare le case?». «Io e Cialente». «Bravi, avete fatto una porcheria tutti e due». «Queste sono accuse demagogiche». «Adesso fermate i cantieri ancora chiusi». «Siete ingenerosi». «Lei dice bugie». E all’ennesima interruzione Chiodi getta la spugna: la contestazione gli impedisce di terminare il discorso nel consiglio comunale aperto.
CHIODI CONTESTATO. Il presidente della Regione diventa il bersaglio preferito dei comitati. Quando prende la parola, alle 19,15, viene subito interrotto. Fa appena in tempo a fare i conti «dei soldi, e tanti, che ci sono e che dovremo saper spendere, quattromila miliardi di lire», che subito viene contestato dalla platea. Le rimostranze arrivano da più parti, ma due attiviste, con troupe microfonata al seguito, gli ribattono colpo su colpo. A quel punto Chiodi, giocata anche la carta delle tasse («Non le pagherete, l’ha detto Tremonti), si arrende una prima volta e si siede. «Non parlo più, perdo il filo, non ci riesco». Poi ci riprova, si rialza ma è peggio di prima. A quel punto chiude la cartellina e lascia lo scranno. Ma poi resta a parlare fuori, con la gente, fino a tardi.
Il tumulto cresce, molti consiglieri si scagliano contro i contestatori. Il presidente dell’assemblea Carlo Benedetti chiama i vigili urbani ma ormai la rabbia dei comitati non la fermi più. Allora, pausa tecnica, accuse e controaccuse, insulti. Poi, alla ripresa, contrappello e chiusura per mancanza di numero legale. Con tutti i consiglieri appena fuori dall’aula a calmare gli animi. Finisce così un consiglio che non decide nulla, neppure sulle istanze su cui contavano i cittadini dei comitati.
«ETTORE SINDACO». Per l’applausometro il vincitore assoluto della seduta-fiume (quasi cinque ore) aperta alla partecipazione dei deputati, dei presidenti della Regione e della Provincia, dei consiglieri regionali è Ettore Di Cesare che parla a nome di tutti i comitati che si sono uniti nella campagna «100x100». «In tre mesi questo consiglio non ci ha rappresentato. Né voi né il presidente della Regione che non ha mai criticato una scelta del governo, a partire dal decreto. Il piano Case è fallito. Ora vogliamo dire la nostra anche in questa assemblea. Vogliamo un tavolo Comune-comitati, un regolamento di partecipazione approvato da assemblee popolari, incontri fissi, accesso libero ai campi, libertà di informazione per tutti.
A settembre mostreremo l’audaciam degli aquilani». Poi, tra le proteste dei consiglieri di maggioranza, vengono distribuite tra i banchi delle schede del contestatissimo decreto 39. «Ora vi facciamo deputati. Diteci come avreste votato». In aula scoppia la bagarre. «Ma questo non si può fare», tuonano dai banchi Pdl. Parlano i deputati Lolli e Mantini. Il vicepresidente del consiglio regionale De Matteis chiede uno scatto al Comune. Pure la Pezzopane rinuncia. Sono le 21, vincono i comitati.
CHIODI CONTESTATO. Il presidente della Regione diventa il bersaglio preferito dei comitati. Quando prende la parola, alle 19,15, viene subito interrotto. Fa appena in tempo a fare i conti «dei soldi, e tanti, che ci sono e che dovremo saper spendere, quattromila miliardi di lire», che subito viene contestato dalla platea. Le rimostranze arrivano da più parti, ma due attiviste, con troupe microfonata al seguito, gli ribattono colpo su colpo. A quel punto Chiodi, giocata anche la carta delle tasse («Non le pagherete, l’ha detto Tremonti), si arrende una prima volta e si siede. «Non parlo più, perdo il filo, non ci riesco». Poi ci riprova, si rialza ma è peggio di prima. A quel punto chiude la cartellina e lascia lo scranno. Ma poi resta a parlare fuori, con la gente, fino a tardi.
Il tumulto cresce, molti consiglieri si scagliano contro i contestatori. Il presidente dell’assemblea Carlo Benedetti chiama i vigili urbani ma ormai la rabbia dei comitati non la fermi più. Allora, pausa tecnica, accuse e controaccuse, insulti. Poi, alla ripresa, contrappello e chiusura per mancanza di numero legale. Con tutti i consiglieri appena fuori dall’aula a calmare gli animi. Finisce così un consiglio che non decide nulla, neppure sulle istanze su cui contavano i cittadini dei comitati.
«ETTORE SINDACO». Per l’applausometro il vincitore assoluto della seduta-fiume (quasi cinque ore) aperta alla partecipazione dei deputati, dei presidenti della Regione e della Provincia, dei consiglieri regionali è Ettore Di Cesare che parla a nome di tutti i comitati che si sono uniti nella campagna «100x100». «In tre mesi questo consiglio non ci ha rappresentato. Né voi né il presidente della Regione che non ha mai criticato una scelta del governo, a partire dal decreto. Il piano Case è fallito. Ora vogliamo dire la nostra anche in questa assemblea. Vogliamo un tavolo Comune-comitati, un regolamento di partecipazione approvato da assemblee popolari, incontri fissi, accesso libero ai campi, libertà di informazione per tutti.
A settembre mostreremo l’audaciam degli aquilani». Poi, tra le proteste dei consiglieri di maggioranza, vengono distribuite tra i banchi delle schede del contestatissimo decreto 39. «Ora vi facciamo deputati. Diteci come avreste votato». In aula scoppia la bagarre. «Ma questo non si può fare», tuonano dai banchi Pdl. Parlano i deputati Lolli e Mantini. Il vicepresidente del consiglio regionale De Matteis chiede uno scatto al Comune. Pure la Pezzopane rinuncia. Sono le 21, vincono i comitati.