PESCINA
Orsa uccisa, minacce al telefono sbagliato del cacciatore
Una donna denuncia: "Da tre giorni non viviamo più. Non riusciamo nemmeno a spiegare che non siamo noi quelli che l'hanno ammazzata"
L'AQUILA. Rispondere al telefono e sentirsi dire "vergognati" o "devi morire". E' quello che sta accadendo a una donna di Pescina che per sua sfortuna ha un numero telefonico fisso che negli archivi web corrisponde a quello della Norcineria in cui lavora A.L., il 56enne di San Benedetto dei Marsi che ha ucciso a fucilate Amarena, l'orsa diventata simbolo del Parco Nazionale d'Abruzzo e dell'intera Regione. Non solo le minacce al cacciatore, ma anche a una famiglia che la sola "colpa" di avere lo stesso numero di telefono del primo.
"Da tre giorni non viviamo più", racconta all'agenzia Adnkronos la vittima, una donna di mezza età che vive con il figlio a pochi km da San Benedetto dei Marsi. "Ci eravamo accorti da tempo che c'era un problema con il numero di telefono. A volte ci chiamavano per chiederci arrosticini o altri tipi di carne, quindi abbiamo capito che pensavano di chiamare la norcineria di proprietà dell'uomo che oggi è noto per aver sparato all'orsa. Abbiamo cercato di risolvere il problema, per un po' non c'erano state più chiamate. Ora però, dopo i recenti fatti, è diventato un inferno".
Da giorni, il telefono di casa della donna squilla senza sosta, tra ingiurie e minacce: "Non riusciamo nemmeno a spiegare che non siamo noi quelli che hanno ammazzato Amarena - prosegue ancora la signora - perché ci offendono e poi riattaccano senza che noi possiamo dire nulla. Al di là di tutto, io vorrei dire a queste persone che il colpevole lo stabilisce la giustizia, non la pubblica gogna. Siamo tutti dalla parte dell'orsa e dei suoi poveri cuccioli, e anche del Parco d'Abruzzo, naturalmente, che ha subito una gravissima perdita. Però minacciare e offendere telefonicamente non è certo una soluzione".