«Padre-progettista colpevole del crollo»
Il Pg chiede tre anni per l’ingegnere De Angelis che curò i restauri del palazzo sotto le cui macerie morì la figlia
L’AQUILA. Procura generale inflessibile con l’ingegnere Diego De Angelis, progettista e direttore dei lavori dei restauri del palazzo in via Generale Francesco Rossi nel cui crollo morirono sua figlia e altre sedici persone. Ieri, infatti, nel processo di appello, il sostituto procuratore generale Alberto Sgambati ha chiesto la conferma della condanna dell’unico imputato a tre anni di reclusione per omicidio colposo plurimo. Nel mirino i restauri fatti nel Duemila, riguardanti la copertura del tetto che fu affidata dai condòmini a De Angelis in quanto ingegnere e amministratore del palazzo nel quale viveva la figlia.
Restauri che non avrebbero appesantito la struttura, come si è poi appurato dalle perizie. Ma la contestazione è un’altra. Il magistrato, infatti, ha osservato che, dovendo fare quei lavori, era necessario che l’imputato provvedesse a fare uno studio sulla stabilità del palazzo. In tal modo, secondo il Pg, si sarebbe reso conto della necessità di un consolidamento trattandosi di un edificio «fatiscente» realizzato oltre mezzo secolo fa e solo in parte in cemento armato. Quei lavori, secondo Sgambati, non erano poi di rilievo minimale in quanto hanno pur sempre previsto la rimozione di 132 tonnellate di macerie e l’aggiunta di 91mila tonnellate di altro materiale. Un lavoro che costò 60 milioni di vecchie lire durato cinque mesi e che in qualche misura modificò la sagoma della struttura.
Ma c’è dell’altro. «Il terremoto del 6 aprile 2009 era stato preceduto da un lungo sciame sismico», ha detto il magistrato requirente, «e l’imputato, che è ingegnere, avrebbe dovuto immaginare, vista la sua conoscenza della materia, che il palazzo non era tra quelli più sicuri. Per cui avrebbe avuto l’onere di informare i condòmini del pericolo che avrebbero corso nell’ipotesi di forti scosse». Al riguardo, sempre secondo l’accusa, anche una persona non addetta ai lavori avrebbe notato le condizioni di precarietà del palazzo. A maggior ragione se ne sarebbe dovuto accorgere il 68enne ingegnere aquilano al quale, va ricordato, tutte le parti, in occasione della condanna di primo grado, espressero solidarietà per le sofferenze a lui inferte da quella tragedia.
Il processo, visto il gran numero di parti civili che hanno chiesto di intervenire, è stato aggiornato al 10 febbraio. Inoltre sia accusa che difesa (avvocati Attilio Cecchini e Giampiero Berti de Marinis) hanno portato delle memorie all’attenzione del collegio formato dai giudici Aldo Manfredi, Flavia Grilli, Maurizio Sacco. In primo grado furono assolti il collaudatore Davide De Angelis (fratello dell’imputato) e l’imprenditore Angelo Esposito.
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