Parco scientifico, raffica di sequestri

Truffa dei progetti fotocopia, i fondi pubblici finivano alle imprese. Le indagini della Finanza svelano il meccanismo delle consulenze fittizie e dei falsi documenti

L’AQUILA. Risorse pubbliche nelle tasche dei privati. Soldi destinati alle borse di studio per 50 laureandi finiti sui conti delle società. Che li destinavano a tutt’altra utilizzazione. Ecco le accuse formulate dalla Procura dell’Aquila a carico dei principali indagati nell’ambito dell’inchiesta relativa alle attività del Parco Scientifico e tecnologico. Una truffa per 500mila euro che ha portato, finora, al sequestro preventivo per circa 315mila euro operati dalla Guardia di Finanza in forza di un decreto firmato dal giudice per le indagini preliminari Giuseppe Romano Gargarella su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Antonietta Picardi.

LE ACCUSE.
Secondo la Procura, che ha iscritto 39 persone sul registro degli indagati (tre delle quali coperte dal segreto e tuttavia destinate ad avviarsi verso l’archiviazione), con numerosi nomi noti della politica e dell’imprenditoria abruzzese, sarebbe stata perpetrata una truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo e del ministero del Lavoro e delle politiche sociali attraverso tutta una serie di operazioni che di fatto, nel corso degli anni e delle successive trasformazioni, hanno estromesso la parte pubblica dalla gestione per favorire l’ingresso dei privati. In particolare, a Benigno D’Orazio e Emidio Antonio Tenaglia, ritenuto, quest’ultimo, dagli investigatori, il vero cervellone della frode, viene contestata la falsificazione di svariate scritture private per portare a termine la truffa. In particolare, come si legge negli allegati al decreto del giudice, i due «depositavano uno studio di fattibilità per il progetto Giovani innovazione al solo fine di trasferire le risorse pubbliche in capo a Tenaglia Emidio Antonio, Masoni Daniele, Troiano Corrado, Saquella Luigi, Mattoscio Nicola e Nardinocchi Ciro». A D’Orazio viene contestato di aver «utilizzato un progetto già approvato simulandone una nuova formulazione». Insomma, progetti-fotocopia per ottenere i fondi destinati ai laureandi. Inoltre, con un verbale del 19 febbraio 2004, veniva indotto il cda del Parco scientifico e tecnologico a nominare Tenaglia responsabile del progetto Giovani innovazione. In capo allo stesso soggetto venivano poi riassunti anche «i poteri di gestione dei rapporti bancari e di sottoscrivere gli incarichi e i contratti di collaborazione». Per i pm D’Orazio stipulava con Tenaglia «un contratto a progetto privo di data attribuendogli l’incarico di responsabile».

I SOLDI.
Il lavoro della Finanza ha ricostruito i passaggi dei soldi. Attraverso una serie di scritture private ritenute false, in forza di un accordo tra i principali indagati, sarebbero state stipulate svariate cessioni per realizzare il progetto con assegnazione alle società di budget pari a 161mila euro (società Oliver di Tenaglia e Corrado Troiano), 189mila euro (società Iss di Daniele Masoni), 353mila euro (società Cipaf di Luigi Saquella), 400mila euro (società Eurobic di Carmine D’Andreamatteo). I fatti contestati sono stati commessi a Pescara e all’Aquila nell’arco di tempo che va dal 2 ottobre 2004 al 13 maggio 2008.
LE CONSULENZE. Secondo l’accusa alcuni degli indagati, tra i quali l’aquilano Masoni, avrebbero ottenuto i soldi del finanziamento ministeriale senza tuttavia destinarli alle finalità previste «acquistando, invece, svariati beni a scopo personale per un importo complessivo pari a 18245 euro comprovati da 44 documenti fiscali». Un altro aspetto della vicenda riguarda le consulenze. In sostanza, gli indagati avrebbero ottenuto incarichi di consulenza e affidamenti di lavori che in realtà non sono stati mai portati a termine. A Nicola Mattoscio viene contestato l’affidamento fittizio di prestazioni lavorative come il «tutoraggio d’aula» per i corsisti, del quale non sono stati trovati riscontri.

I LAUREANDI.
La pattuglia dei 50 laureandi inizialmente inseriti nel progetto, sempre secondo quanto accertato dalla Finanza, è andata via via assottigliandosi sempre di più. Fino ad arrivare a 16 persone, a causa di «progressivi abbandoni perché, al termine del progetto, non si concretizzava alcuna assunzione». Si tratta di studenti provenienti da varie città abruzzesi ai quali, secondo quanto previsto dal progetto Giovani innovazione, sarebbero dovute spettare borse di studio e stage all’interno delle aziende aderenti all’iniziativa.

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