Più acqua dai pozzi per irrigare i campi e salvare la stagione

Canali quasi a secco per le sfavorevoli condizioni climatiche Le associazioni: un centro agroalimentare all’interporto

AVEZZANO. Nella seconda metà del Novecento a contendersi il primato delle colture nel Fucino sono state le bietole e le patate. Le prime con un picco, nel 1967, di 7.105 ettari, pari al 54,3% della superficie coltivata; le seconde, nel 1977, con 7.054 ettari, pari al 53,9%. La chiusura nel 2006 dello zuccherificio di Celano decreta la fine della bieticoltura. Da allora a competere con le patate saranno gli ortaggi. Dai dati relativi al 2013-2014 (del 2015 non sono stati ancora eleborati) emerge che l’orticoltura è saldamente al primo posto, con il 34, 01% della superficie coltivata E ciò nonostante la superficie coltivata a patate, nel 2014, rispetto al 2013, è aumentata di 385 ettari. Con l’incremento della produzione orticola è cresciuto anche il fabbisogno idrico. E poiché l’acqua dei canali del Fucino è assolutamente insufficiente a irrigare i campi, si rende necessario prelevarla dai pozzi. Dall’ultimo rilevamento risulta che ne siano stati prelevati 24 milioni di metri cubi. Di questi, quasi la metà è stata pompata dai pozzi privati. Quest’anno la situazione si preannuncia drammatica. Le sfavorevoli condizioni climatiche hanno ridotto ulteriormente le risorse idriche delle falde. Pertanto bisognerà pompare dai pozzi ancora più acqua. L’acqua prelevata viene immessa nei canali e questo crea problemi di inquinamento. Nei canali, infatti, finiscono anche le acque reflue dei centri abitati, che, se non depurate, possono mettere a rischio la salute pubblica. Nel 2014, oltre un centinaio di agricoltori è sceso in piazza, con i trattori, per chiedere con forza l’entrata in funzione dei depuratori. Finora però solo Avezzano e San Benedetto hanno provveduto a mettere a posto i loro impianti. Intanto si torna a parlare dell’invaso di Amplero, nel comune di Collelongo: un progetto degli anni Novanta, poi accantonato. A giugno, in un incontro all’Aquila, una ditta di Padova ha presentato uno studio di fattibilità al presidente della Regione, all’Autorità di bacino e alle associazioni agricole. Si riuscirà stavolta ad avere il consenso della popolazione? A preoccupare gli agricoltori, oltre al problema dell’irrigazione, ci sono lo smantellamento delle capannine meteorologiche, utili per la rilevazione dei dati atmosferici, la soppressione del bollettino fitosanitario e la mancanza di una struttura che sia di valido aiuto nel combattere le malattie delle piante. «È assurdo», sostiene Stefano Fabrizi, direttore della Confagricoltura, «che gli agricoltori del Fucino, per le analisi delle colture attaccate dai virus, debbano andare fuori regione. Anziché privilegiare corsi di studio estranei alla vocazione agricola del territorio, si sarebbe dovuto puntare sulla ricerca». A insistere sulla necessità di una «maggiore attenzione delle istituzioni ai problemi del mondo agricolo» è anche Fabrizio Di Pietro, dirigente Coldiretti . Mentre la Cia auspica la creazione di un Centro agroalimentare all’ingrosso, utilizzando l’Interporto di Avezzano. «Così», spiega il responsabile Pietro Spitali, «si evita che i prodotti ortofrutticoli del Fucino, prima di arrivare sulla tavola dei cittadini marsicani, passino attraverso le piattaforme logistico-commerciali di Bologna e Fondi. Eliminando gli intermediari, ne guadagnerebbero sia gli agricoltori che i consumatori».

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