Ricostruzione, Monti all'Aquila "La città ripartirà come l'Italia"

La visita del premier in città in occasione del forum sulla ricostruzione promosso dall'Ocse: "Occorre ricordare la specificità dell'Aquila: fatta eccezione Messina e Reggio Calabria, nessun sisma ha colpito così una città"

L’AQUILAL’AQUILA. Una iniezione di fiducia e la consapevolezza che la strada della ricostruzione sarà lunga e piena di ostacoli ma che, con una buona dose di coesione e spirito di appartenenza, alla fine la sfida potrà essere vinta. Insomma dopo aver “salvato” l’Italia sarà “salvata” anche L’Aquila. Si potrebbe sintetizzare così il messaggio che ieri il presidente del consiglio Mario Monti ha voluto lanciare ai cittadini terremotati. Lo ha fatto in un intervento al termine del Forum Ocse che si è svolto nelle sale esterne dei laboratori di fisica del Gran Sasso organizzato da Confindustria e da Cgil, Cisl e Uil. Il premier è arrivato ad Assergi (prima visita ufficiale in Abruzzo) intorno alle 18 dopo una “passeggiata” nel centro storico del capoluogo e una sosta nel posto, in via XX Settembre, dove fino al 6 aprile del 2009 c’era la Casa dello studente. Con lui ben tre ministri: Fabrizio Barca, Francesco Profumo e Anna Maria Cancellieri. Le cose più concrete il presidente Monti le ha dette proprio a chiusura della giornata di studio (nella conferenza stampa che è seguita si è parlato d’altro e non è stato dato spazio per motivi di tempo ai poveri cronisti di provincia che magari invece di parlare della Camusso avrebbero parlato delle case da rifare all’Aquila).

Due i momenti da sottolineare e che da soli bastano a delineare la filosofia di questo governo rispetto alla tragedia del sei aprile 2009.
Il premier ha iniziato il suo discorso dicendo: «Quella di oggi é una giornata importante per il nostro passato e il futuro del Paese». Si riferiva al fatto che ieri era la giornata di chiusura delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Monti si é poi rivolto a Gianni Letta, presente in sala: «E’ una fonte perenne di equilibrio e saggezza e ha profuso grande impegno per L’Aquila» quando era sottosegretario del governo Berlusconi.

Un omaggio inatteso che è suonato come una rivendicazione di continuità - rispetto alla vicenda aquilana - con l’esecutivo precedente. Il secondo momento è stato quando il premier si è rivolto a Barca definendolo «il nostro inviato speciale». A quel punto dalla platea si è levato un applauso che sembrava non dovesse finire mai tanto da far dire a Monti: «Vista la reazione ho scelto bene l’inviato speciale».

Insomma - ma non poteva essere diversamente - il presidente del consiglio ha voluto mostrare, anche pubblicamente, tutta la stima e la fiducia che ripone nel suo “uomo” all’Aquila anche se lo ha pregato di non dimenticare «le altre regioni».

Entrando più nel dettaglio della ricostruzione Monti ha ricordato la “specificità” della tragedia del sei aprile che ha colpito un capoluogo mettendo in crisi le sedi istituzionali e distruggendo o compromettendo seriamente una città d’arte fra le più belle d’Italia. Il primo ministro ha poi sottolineato come «le catastrofi naturali hanno sempre spinto le persone ad andare avanti con maggiore convinzione e coesione» e qui ha inserito un riferimento alla «sfida collettiva» dove devono essere protagonisti tutti gli enti locali. In questo passaggio non è stato difficile vedere un riferimento allo strappo istituzionale (causato dai contrasti fra il Comune e la struttura commissariale) che il ministro Barca ha trovato quando, un paio di mesi fa, ha cominciato ad occuparsi del caso L’Aquila.

Monti riferendosi al fatto che il Forum di ieri è stato organizzato dalla Confindustria e dalle organizzazioni sindacali si è augurato una simile collaborazione anche su temi nazionali, per esempio sulla riforma del mercato del lavoro.

Tornando all’Aquila il presidente del consiglio ha indicato alcune priorità. La prima è certamente quella della ricostruzione delle case ma qui però ha inserito un elemento caro al ministro Barca: L’Aquila dovrebbe diventare una sorta di modello per l’Italia (e non solo) grazie a «uno sviluppo integrato sostenibile» coinvolgendo «tutta la comunità nei processi decisionali» e puntando a una «strategia di lungo periodo» visto che è impensabile che la città possa rinascere in pochi anni tenuto conto della complessità del lavoro da fare in particolare nel centro storico.

Ha poi ripetuto alcuni concetti già espressi da Barca: «non c’è sviluppo senza ricostruzione, accelerare i processi per il via libera ai cantieri, ritorno graduale alla ordinarietà» cioè fine del commissariamento. Il premier ha fatto un riferimento pure ai piani di ricostruzione e in particolare a quello dell’Aquila sottolineando che la sfida dei prossimi anni contempla «un più vasto rinnovamento urbanistico» che non è la “osannata” smart city a cui non crede nemmeno chi la propone ma una città funzionale e moderna capace di eliminare le tante criticità del pre-sisma. Alla fine cena da Elodia a Camarda e tutti soddisfatti: Chiodi, Cialente, imprenditori, sindacati, cittadini. E’ già un mezzo miracolo.

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