Rischia la rimozione il sacerdote ricattato all'Aquila
Sul tavolo dell’arcivescovo Petrocchi il dossier sulla posizione del parroco Il diritto canonico punisce chi arreca «turbamento alla comunione ecclesiale»
L’AQUILA. La denuncia presentata dal prete ricattato dallo studente universitario Mehrez Amara (ora in carcere), rischia di essere un boomerang per il parroco straniero. Una denuncia che è stata certamente un atto di coraggio ma che, nella sostanza, lascerebbe presagire rapporti impropri che la Chiesa non vede certo di buon grado. E se si considera che anche il variegato il popolo di Facebook sembra schierarsi nella maggioranza contro di lui, che pure non ha commesso reati ed è parte lesa, la posizione del sacerdote sembra più difficile di come lui l’aveva immaginata. Ma la denuncia è stata figlia dell’esasperazione che il prete stava vivendo.
La sua vicenda è al vaglio dell’arcivescovo Giuseppe Petrocchi a fronte di una posizione difficile vista l’inflessibilità del codice di diritto canonico su tali tematiche. Tra le cause che possono indurre un vescovo a rimuovere un parroco dal suo ufficio ci sono degli articoli che teoricamente trovano applicazione in un caso come questo. Tra le cause, dunque, c’è «il modo di agire che arrechi grave danno o turbamento alla comunione ecclesiale». Come pure «la perdita della buona considerazione da parte dei parrocchiani onesti e seri o l’avversione contro il parroco, che si preveda non cesseranno a breve».
Avversione che già ci sarebbe se i parrocchiani potessero conoscere l’identità del prete coinvolto. Prete che non sembra interessato a fare marcia indietro in modo autonomo, almeno in tempi brevi, visto che ieri mattina ha regolarmente celebrato messa nella sua chiesa che si trova in una frazione aquilana. E che finora ha trovato solidarietà, almeno in modo esplicito, solo dall’Arcigay con una lunga nota diramata due giorni fa.
Quanto all’inchiesta penale a carico dello studente di Medicina, il quadro delle accuse è ben definito, visto che, secondo la polizia, non ci sono complici e il giovane ha fatto tutto da solo chiedendo soldi per non divulgare messaggi hard tra lui e il prete. Il giovane, che secondo il suo avvocato ha una sua verità da raccontare, dovrebbe essere interrogato presto dai magistrati dopo la sua decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere. Per ora l’accusa parla di estorsione.
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