Risparmi in fumo, via in Abruzzo ai ricorsi degli azionisti di Banca Etruria
I piccoli azionisti riuniti a Pizzoli hanno costituito un comitato per cercare di riavere indietro il denaro. In regione il caso delle obbligazioni subordinate riguarderebbe 3-4 mila persone
PIZZOLI. Tra la gente seduta in composta attesa che cominci l’assemblea sul disastro delle obbligazioni subordinate, nell’aula consiliare del Comune (almeno 150 persone), si fa vedere, per un solo istante, anche uno dei dirigenti della filiale della Banca Etruria numero 57. Qualcuno lo indica e dice sottovoce: «La colpa è in parte sua, ha fatto sottoscrivere le azioni pericolose». A parlare è uno degli azionisti, noto imprenditore del settore dei mobili, finito nel calderone delle obbligazioni subordinate, strumenti finanziari ad alto rischio che molti cittadini di Pizzoli (insieme a un totale di 3-4mila clienti della Banca Etruria in Abruzzo, secondo una stima ancora non definitiva) hanno acquistato, un po’ sulla base della fiducia nella loro banca, un po’, forse, per inesperienza. Le singole responsabilità di una vicenda complessa, sono ancora tutte da chiarire, l’unica cosa certa è che il decreto con cui domenica scorsa governo e Bankitalia hanno predisposto in tempi da record il salvataggio di quattro banche in dissesto, tra cui Banca Etruria, ha salvato correntisti e dipendenti ma ha penalizzato i piccoli risparmiatori.
Gente comune. «Siamo noi che abbiamo salvato le banche, non il governo», tuona l’imprenditore in sala quando l’avvocato Vanna Pizzi, esperta di diritto finanziario e dei consumatori – con alle spalle l’esperienza, come difensore, nel crac Parmalat, Cirio e dei bond Argentini – incomincia a spiegare la situazione e a tratteggiare le strade da percorrere per cercare di salvare il salvabile. La somma dell’imprenditore andata in fumo è una delle più consistenti: 250mila euro, «risparmi messi da parte per il futuro di figli e dei nipoti e per la nostra vecchiaia serena», ha raccontato al Centro.
[[(Video) L'avvocato: ecco come difendo i risparmiatori dal salva banche]]
Ma in sala la platea dei risparmiatori dell’istituto di credito, che prima è stato Banca popolare di Amatrice, poi di Amatrice-Basso Lazio, è costituita da pensionati, genitori, artigiani, per lo più sulla sessantina che hanno sacrificato sull’altare della finanza i loro risparmi modesti. Ci sono coppie appena sposate che confidavano nel gruzzoletto sottoforma di obbligazioni da ritirare tra qualche anno. «Abbiamo perso quasi 85mila euro», racconta un pizzolano di non più di 40 anni, al suo fianco siede la giovane moglie, «non crediamo di riuscire a recuperare i soldi, i nostri referenti in banca non ci hanno detto del rischio reale che avremmo potuto correre».
E infatti, come spiega l’avvocato Pizzi, uno degli obblighi della banca è di assicurarsi che il risparmiatore che si accinge ad sottoscrivere le obbligazioni subordinate e le azioni liquide, abbia un profilo alto di rischio e che sia perfettamente cosciente di quanto sta facendo. Difficile dire quanto potesse essere realmente propensa al rischio, per esempio, Marisa, 60 anni, ex dipendente di una ditta privata, nel sottoscrivere tali obbligazioni per una somma di 50mila euro. «Era il mio Tfr ottenuto dopo 42 anni di lavoro», spiega, «io volevo solo avere una vecchiaia tranquilla, che ne potevo sapere che in quel modulo, il Mifid (un questionario che le banche devono fare compilare per capire il profilo di rischiodei clienti, ndr) s’insinuasse la fine dei miei risparmi?». C’è poi il padre di famiglia che ha investito in obbligazioni 10mila euro «accantonati e farli crescere quel poco che si può per i figli piccoli».
Il comitato. Con l’istituzione ieri sera di un comitato dei risparmiatori, alla presenza anche del sindaco Giovannino Anastasio che ha sollecitato anche i parlamentari abruzzesi a presentare un emendamento per annullare gli effetti del decreto, ora dovrà esser fatto un ricorso in tribunale, come ha spiegato l’avvocato Pizzi: «La via più efficace resta quella della responsabilità civile e non la denuncia penale o la class action, poichè la normativa è chiara, sappiamo già che c’è stata una violazione e ci sono buone possibilità di vincere e recuperare i soldi». L’incognita restano i tempi comunque lunghi per venirne a capo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA