AVEZZANO / DOPO LA CASSAZIONE
Sangue infetto, il Tar: «Lo Stato paghi»
Il ministero ignora la condanna e si rifiuta di erogare un milione agli eredi di una donna morta dopo una trasfusione
AVEZZANO. Non basta la sentenza della suprema corte di Cassazione per indurre il ministero della Salute, ritenuto responsabile per una trasfusione infetta, a erogare il risarcimento, un milione di euro, agli eredi di A.D., una donna morta nel 2006 per contagio da epatite C. Ora, a spingere il dicastero ad aprire i cordoni della borsa, è arrivata una nuova sentenza, stavolta del Tar: per i giudici del Tribunale amministrativo regionale, chiamati in causa dal legale degli eredi della donna, l’avvocato Cristian Carpineta, «il ministero della Salute deve ottemperare alla sentenza della suprema Corte di Cassazione».
Il dispositivo emesso lo scorso anno, infatti, si è perso nei meandri del ministero. «Ora contiamo di avere un risultato diverso», afferma Carpineta, «poiché i giudici del Tar hanno assegnato il compito a una persona fisica, una funzionaria del ministero della Salute: se non darà seguito alla sentenza sarà chiamata a rispondere penalmente dell’omesso pagamento nonostante la decisione della Corte di Cassazione». Per evitare guai giudiziari, quindi, il pagamento del milione agli eredi della signora marsicana deceduta nel 2006 dopo alcuni decenni di problemi, dovrà scattare entro due mesi. La lite giudiziaria ha avuto inizio 16 anni fa, nel 2003, quando A.D., la donna marsicana contagiata da una trasfusione infetta in ospedale (nel 1973) era ancora in vita. Fu l’inizio di un calvario con malesseri continui e ricoveri negli ospedali: la diagnosi sul contagio da epatite C per la trasfusione arrivò 14 anni dopo, nel 1987. Sedici anni dopo, nel 2003, la donna diede incarico all’avvocato Carpineta per la richiesta di risarcimento danni: in prima istanza, nell’anno 2007, quando la signora contagiata dalla trasfusione infetta era morta, i giudici del tribunale di Avezzano non accolsero la richiesta. Gli eredi, però, non si diedero per vinti e ricorsero in appello dove la sentenza fu ribaltata (2007). Vittoria confermata l’anno scorso in Cassazione, quando i giudici hanno respinto il ricorso del ministero della Salute. Ma il risarcimento milionario non si è mai visto. Gli eredi, quindi, hanno dato mandato all’avvocato Carpineta di procedere con il ricorso al Tar mirato a «obbligare» il ministero a onorare una sentenza definitiva di un altro organo dello Stato: la Cassazione. Bersaglio centrato: ora, quindi, scatta il conto alla rovescia, nella speranza che il funzionario destinatario dell’ordine di ottemperanza del Tar, per evitare guai giudiziari, trovi la chiave giusta per far aprire i cordoni della borsa al ministero ora guidato da Roberto Speranza.
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