Senato chiuso, snobbati gli aquilani E Piazza Navona diventa neroverde

Sisma, consiglio comunale a Roma. Palazzo Madama, delegazione snobbata

ROMA. Alle 9,30 piazza Navona è già tutta neroverde. Dieci applausi interrompono Cialente, che è un fiume in piena. Il quinto fiume, rispetto ai quattro della fontana di Bernini che fa da sfondo al consiglio comunale dell'Aquila nella capitale. «A Roma, a Roma», gridavano gli aquilani il 16 giugno. Ci sono arrivati, ci torneranno.

A ROMA, A ROMA. Il 6 luglio, un martedì, è già prevista una nuova mobilitazione. Intanto, oggi c'è il consiglio comunale dell'Aquila in trasferta. Un'altra pagina di storia della tormentata città nel primo anno dopo il terremoto. Qui, vicino a palazzo Madama, per far sentire più forte il grido di dolore di una comunità intera al Senato, dove stanno per esaminare la manovra che contiene la questione-tasse. Palazzo che per la delegazione aquilana resterà lontano, troppo lontano. Una delegazione, a pranzo, cercherà udienza, ma senza successo. Non come alla Camera, con Fini che aprì le porte della sua anticamera. La giornata comincia coi consiglieri buttati giù dal letto alle 6 e balzati sui pulmini messi a disposizione dalla ditta Ognivia. Le sedie di plastica nera, i microfoni e il tavolo della presidenza portati su un furgone dal settore Opere pubbliche e montati in un baleno. Tutto in economia «zero spese», dice un emozionato presidente Carlo Benedetti quando, alle 10,29, dà mandato al segretario di leggere l'appello. Qui, nella piazza dei turisti e degli artisti sfrattati per una mattinata dagli aquilani, alla prima chiama rispondono «presente» in 37. Mancano Vito Colonna, Maurizio Leopardi, Franco Pistoia e Marco Tiberio. Il presidente legge le giustificazioni di Leopardi e Pistoia e degli assessori Vladimiro Placidi e Pietro Di Stefano. Numero legale ok, il consiglio può iniziare. In prima fila il presidente emerito della «Camera alta» Franco Marini, i senatori Anna Finocchiaro (Pd), Luigi Lusi (Pd), Giovanni Legnini (Pd), Filippo Piccone (Pdl), Alfonso Mascitelli ed Elio Lannutti (Idv), Dorina Bianchi (Udc), e i deputati Giovanni Lolli (Pd) e Pierluigi Mantini (Udc). Stefano Pedica (Idv) arriva con una carriola piena zeppa di mattoncini di cartone con su scritto «cricca». «Vado a scaricarla in via Ulpiano (sede della Protezione civile, ndr). C'è un messaggio di una cittadina, indirizzato alla commissione Grandi rischi: «I nostri morti, i vostri torti». Tra il pubblico c'è gente arrivata anche con mezzi propri, auto e camper.

LOTTA E RIFLESSIONE. Il presidente del consiglio comunale esordisce così: «Siamo qui per una giornata di lotta e di riflessione, ma anche per una manifestazione popolare. Non siamo a una parata di stelle ma dobbiamo portare a casa dei risultati. Grazie a governo e Protezione civile per quanto fatto ma ora serve la ricostruzione vera: tassa di scopo e zona franca. Vogliamo essere ricevuti nel palazzo della politica». Appello, questo, caduto nel vuoto.

I SINDACI.
Parla per secondo Massimo Cialente che tiene la fascia in mano, continuando la protesta. La fascia ce l'hanno, invece, gli altri amministratori, i sindaci di Montereale (Lucia Pandolfi), Castelvecchio Calvisio (Dionisio Ciuffini), Rocca di Mezzo (Emilio Nusca), Sant'Eusanio Forconese (Giovanni Berardinangelo), San Demetrio ne' Vestini (Silvano Cappelli), Calascio (Giampaolo Gentile), Castel del Monte (Luciano Mucciante), Tornimparte (Antonio Tarquini), Popoli (Emidio Castricone), Bussi sul Tirino (Marcello Chella), Barisciano (Francesco Di Paolo), Gagliano Aterno (Mario Di Braccio), Navelli (Paola Di Iorio); rappresentanti dei Comuni di Ocre (Roberta Spaziani, capogruppo di maggioranza), Pizzoli (Gabriella Sette, assessore), Santo Stefano di Sessanio (Rosa Maggi, assessore). Hanno in tasca una proposta che Mucciante distribuisce a tutti e cerca di far recapitare anche dentro il palazzo: restituzione dal 2015 al 50 per cento, regime fiscale di vantaggio con due aliquote fiscali a seconda del reddito, zona franca per tutto l'Aquilano per 5 anni, 10 milioni di stanziamento per i Comuni del cratere per risistemare i bilanci, tassa di scopo, nessun tributo per chi ha perso il lavoro. Chissà se dentro il palazzo qualcuno leggerà le due cartelle «Proposta di emendamento» firmate «i sindaci del cratere».

BRACCIO DELLA MORTE. Cialente parla da sindaco e affonda nelle corde della sua gente sui temi più caldi: tasse, ricostruzione, disastro sociale. E questo intervento accalorato fa storcere il naso a parecchi tra cui Giorgio De Matteis (qui con altri consiglieri di centrodestra come Luca Ricciuti del Pdl), che non lo nasconde ma si prende 24 ore prima di parlare. Ecco Cialente: «La civiltà, la compostezza, l'orgoglio e la dignità del nostro popolo sono sotto gli occhi di tutti. Nonostante ciò, si sono andati spegnendo i riflettori. È passata l'immagine di una città d'ingrati, che hanno avuto tutto e che adesso hanno anche i soldi ma non li sanno spendere. Ci hanno detto che siamo incontentabili. Il premier è venuto 24 volte poi non si è visto più. Anzi, è stato detto che qualcuno di noi un po' fragile di mente potrebbe attentare all'incolumità di chi ci ha aiutato. Bene l'emergenza, ma da allora in poi i soldi non sono più arrivati. Tra l'altro, il nostro interlocutore è la Protezione civile che ci fa da controparte, e non il governo. Quando tutti sanno che in uno Stato normale la ricostruzione tocca a governo ed enti locali, non alla Protezione civile». Qui gli aquilani, che non sono certo venuti a Roma per vedere le ossa di Sant'Agnese (la stessa delle malelingue) esposte nella chiesa di fronte alla fontana, battono convinti le mani. «Non ci sono i soldi», grida Cialente di fronte ai suoi e a tanti turisti che guardano attoniti. «Vergognoso scaricare sugli enti locali. Non siamo in grado di ripagare le tasse subito. Nel 1703 misero la tassa di scopo e oggi no. Mi sembra, allora, di stare come quei condannati nel braccio della morte ai quali una corte federale prolunga di sei mesi in sei mesi l'esistenza. Insomma, siamo stati abbandonati». Venticinque minuti in apnea, col cuore che sta per saltargli fuori. Applaudono il vicesindaco Giampaolo Arduini e l'assessore Alfredo Moroni.

A DESTRA. Non prende fischi, ma solo garbati solleciti a riaprire la biblioteca provinciale, il presidente della Provincia Antonio Del Corvo (Pdl) Segno che la platea non ha pregiudizi di colore. «Quello che è stato fatto all'Aquila è visibile. ma vogliamo di più. Il rinvio delle tasse non basta. L'unità d'intenti può essere la nostra forza. Ringrazio i comitati che si fanno portavoce del popolo aquilano ma adesso queste voci vanno portate nelle sedi istituzionali. Servono certezze, ci aspetta un lavoro lungo ma ce la faremo». Parla tranquillo anche Pierluigi Tancredi, che strappa applausi anche da sinistra.

I FISCHI. Fa in tempo a intervenire Emilio Nusca a nome dei sindaci del cratere, poi è la volta del discorso a metà di Filippo Piccone che di fronte alle interruzioni smette di parlare e se ne va. Lo critica il consigliere Giuseppe Bernardi («Nel tentativo di screditare il sindaco ha colpito tutta la cittadinanza e ha fatto il provocatore)». Da Lolli un richiamo all'unità e a non creare divisioni «in una battaglia sacrosanta per i diritti, e non i favori». Pezzopane sottolinea le «luci e ombre» dell'emergenza e invita a non rispondere «alle provocazioni». Luigi Fabiani parla a nome dell'assemblea cittadina: «Qui in piazza rappresentiamo i 22mila oscurati del 16 giugno. Chiediamo legge organica sulla ricostruzione, zona franca e chiarezza sulla restituzione». In chiusura il consiglio approva lo «stato di agitazione permanente della città».

I COPRICAPO. La calura si fa sentire. Modi diversi di fronteggiarla. Fabio Ranieri si salva col bianco della maglietta «Forza L'Aquila». Pasquale Corriere mette su il cappellino giallo da ciclista di San Pietro della Jenca. Cappellino di carta di giornale, invece, per Lolli e Legnini. Via la giacca, invece, per i più giovani tra i quali Francesco Valentini e Gianni Padovani.

TG1: NON PERVENUTO. A sera gli aquilani rientrati in città faranno in tempo a prendersi una doppia «purga». Dopo la Nazionale, c'è anche tempo per vedere l'edizione delle 20 del Tg1 che non dà traccia alcuna del passaggio degli aquilani a piazza Navona e a viale Mazzini. Dove il sole di Roma ha già squagliato lattuga e pomodori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA