Sette anni d’incendi, attentatore confessa
Ditte bruciate e molotov contro le auto tra San Benedetto dei Marsi, Pescina e Ortucchio: indagato un imprenditore
SAN BENEDETTO DEI MARSI. Una confessione dà una svolta alle indagini sui sette anni di attentati incendiari compiuti tra San Benedetto dei Marsi, Pescina e Ortucchio, dal 2012 al 2017. Roghi appiccati di notte all’interno di aziende e in un hotel, molotov lanciate contro auto e camion, anni di terrore e di sospetti. Un imprenditore del posto è indagato perché ritenuto dagli inquirenti il presunto mandante di quanto accaduto, iscritto nel registro della Procura insieme a colui che ha rivelato di essere l’esecutore materiale delle azioni criminose.
Quest’ultimo, M.L., 41enne del posto, assistito dall’avvocato Leonardo Casciere, ha vuotato il sacco di fronte ai carabinieri, assicurando una svolta alle indagini coordinate dal procuratore capo Andrea Padalino. L’uomo ha raccontato di essere diventato vittima dell’imprenditore e quindi ricattabile.
«Presi due latte di benzina», è il contenuto di una delle confessioni agli atti della Procura, «con uno zaino sulle spalle mi introdussi in un’azienda scavalcando la recinzione. Una volta nel cortile, entrai prima nel capannone dove cosparsi la benzina, successivamente tornai nuovamente nel cortile dove diedi fuoco a un camion, per poi tornare ad accendere la striscia di benzina che avevo lasciato». E, ancora: «Da anni mi trovo a eseguire azioni di questo tipo per conto di un imprenditore, sono stato usato anche per accendere altri roghi».
Una decina gli attentati incendiari al centro dell’indagine dei carabinieri, dal 13 gennaio 2012 all’ultimo avvenuto nel 2017. Nel mezzo, incendi che hanno danneggiato diverse e importanti aziende della zona e un albergo. Roghi appiccati per vendetta o per dispetto, stando a quanto emerso nel corso degli accertamenti. Il fascicolo è stato chiuso e si attendono i provvedimenti della magistratura.
La confessione dell’uomo ha creato però un ulteriore clima di tensioni e sospetti tra San Benedetto dei Marsi, Pescina e Ortucchio.
Alcuni imprenditori finiti nel mirino dell’attentatore hanno ricevuto delle minacce, puntualmente denunciate.
«Temiamo per la nostra incolumità e per quella delle nostre famiglie», raccontano alcuni imprenditori coinvolti nella vicenda, «siamo stati minacciati, anche in modo piuttosto esplicito, visto che i paesi sono piccoli e tutti si conoscono. Confidiamo nell’operato della magistratura per porre fine a questa situazione. Da anni viviamo nel terrore».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Quest’ultimo, M.L., 41enne del posto, assistito dall’avvocato Leonardo Casciere, ha vuotato il sacco di fronte ai carabinieri, assicurando una svolta alle indagini coordinate dal procuratore capo Andrea Padalino. L’uomo ha raccontato di essere diventato vittima dell’imprenditore e quindi ricattabile.
«Presi due latte di benzina», è il contenuto di una delle confessioni agli atti della Procura, «con uno zaino sulle spalle mi introdussi in un’azienda scavalcando la recinzione. Una volta nel cortile, entrai prima nel capannone dove cosparsi la benzina, successivamente tornai nuovamente nel cortile dove diedi fuoco a un camion, per poi tornare ad accendere la striscia di benzina che avevo lasciato». E, ancora: «Da anni mi trovo a eseguire azioni di questo tipo per conto di un imprenditore, sono stato usato anche per accendere altri roghi».
Una decina gli attentati incendiari al centro dell’indagine dei carabinieri, dal 13 gennaio 2012 all’ultimo avvenuto nel 2017. Nel mezzo, incendi che hanno danneggiato diverse e importanti aziende della zona e un albergo. Roghi appiccati per vendetta o per dispetto, stando a quanto emerso nel corso degli accertamenti. Il fascicolo è stato chiuso e si attendono i provvedimenti della magistratura.
La confessione dell’uomo ha creato però un ulteriore clima di tensioni e sospetti tra San Benedetto dei Marsi, Pescina e Ortucchio.
Alcuni imprenditori finiti nel mirino dell’attentatore hanno ricevuto delle minacce, puntualmente denunciate.
«Temiamo per la nostra incolumità e per quella delle nostre famiglie», raccontano alcuni imprenditori coinvolti nella vicenda, «siamo stati minacciati, anche in modo piuttosto esplicito, visto che i paesi sono piccoli e tutti si conoscono. Confidiamo nell’operato della magistratura per porre fine a questa situazione. Da anni viviamo nel terrore».
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