Traffico di cocaina, 6 persone in manette
Coinvolto, tra i 44 indagati, Luca Cocciolone titolare della pizzeria «La Torretta». Il pm Cardella: rischio riciclaggio
L’AQUILA. Non c’è aquilano che non sia andato almeno una volta nel suo locale a degustare le pizze la cui qualità ha travalicato i confini italiani visti i riconoscimenti che ha ricevuto. Ma ieri per Luca Cocciolone, 43 anni, noto titolare della pizzeria «La Torretta», nell’omonimo quartiere, c’è stato il rovescio della medaglia: i carabinieri si sono presentati nella sua abitazione con un ordine di custodia cautelare nel quale, insieme ad altre 44 persone, gli si contesta il reato di traffico internazionale di cocaina. I risultati dell’inchiesta, che ha ramificazioni anche in Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia e Marche, sono stati resi noti in una conferenza stampa tenuta dal comandante provinciale dei carabinieri Savino Guarino, dal colonnello Andrea Ronchey e dal capitano Roberto Ragucci. L’operazione, che andava avanti da diverso tempo, ha permesso in varie fasi di recuperare sette chili di droga.
Ieri, insieme a Cocciolone, sono finiti in carcere altre cinque persone. Si tratta di Luis Carlos Diaz, 29 anni, dominicano, residente all’Aquila, ritenuto l’anima dell’organizzazione; Rocio Primavera Recio Perez, domiciliata a Brescia, 20 anni; Altagracia Disla Flerida, 49 anni, residente all’Aquila; Luis Miguel Gomez Castillo, 37 anni, arrestato in provincia di Avellino e Juan Bautista Davila Montilla, 45 anni, residente a Roma. Anch’egli dominicano come tutti gli altri stranieri coinvolti nella vicenda.
L’operazione scattata all’alba, denominata «Chamaquito» (in italiano «ragazzino», dal soprannome di uno dei corrieri utilizzati), è coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Fabio Picuti mentre gli arresti sono stati firmati dal giudice per le indagini preliminari Marco Billi. Il traffico era imperniato sull’arrivo della droga dalla Repubblica Dominicana all’Aquila, anche se le sostanze stupefacenti transitavano in una base logistica a Roma, presso un «B&B» collocato in prossimità della stazione Termini, Non a caso, oltre ai sei arrestati accusati di concorso in detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti con l’aggravante specifica della transnazionalità, ci sono come indagati diversi aquilani e un romano mentre il resto tutte persone di nazionalità dominicana. «Abbiamo lavorato a lungo senza dare nell’occhio, collaborando con altre forze di polizia in Italia e all’estero raggiungendo un risultato importante in quanto abbiamo bloccato un traffico che poteva generare un altro fenomeno: l’impiego di quei soldi nel sostrato economico locale riciclando denaro da investire in operazioni pulite», ha spiegato il colonnello Guarino. «L’Aquila, del resto, dopo il terremoto, è un territorio appetibile a qualsiasi tipo di infiltrazione. Bisogna intervenire per impedire il radicamento con il sistema dell’immissione di danaro sporco in aziende in difficoltà economiche, operazione che si trasforma poi nell’ingresso e nell’acquisizione delle società». L’importazione della droga arrivava a Roma con il metodo della cosiddetta «ovulazione», ovvero mediante l’utilizzo di corrieri, che ingerivano gli ovuli pieni di droga, viaggianti con aerei sulla tratta Santo Domingo-Spagna-Italia. Nella base romana c’era l’operazione dell’espulsione e del «recupero» degli ovuli, con il confezionamento dello stupefacente per il successivo smercio. La «sede operativa» offriva, inoltre, il vantaggio evidente di essere situata in uno snodo del trasporto pubblico da e per gli aeroporti, consentendo in particolare a Diaz, di utilizzare, per i propri spostamenti, mezzi pubblici, nell’intento di attirare meno l’attenzione.
L’operazione è stata condotta in stretta collaborazione con altri corpi investigativi tra i quali anche la «Guardia Civil»spagnola.
Il procuratore capo Fausto Cardella parla di un rischio concreto di riciclaggio di denato proveniente da attività non lecite.
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