«Un tetto per le suore di clausura»
Le monache celestine oggi vivono in una baracca nell’orto del convento.
L’AQUILA. Non si lamentano, non protestano, non espongono cartelli. Continuano la loro vita in clausura affrontando i disagi sostenute solo dalla loro fede incrollabile. Ma le suore celestine del monastero di San Basilio rischiano un inverno al freddo e al gelo. Il monastero di San Basilio nella zona dell’ex San Salvatore (la foto è di prima del sisma) il sei aprile è stato gravemente danneggiato. Le suore dopo qualche giorno passato sotto le tende in piazza d’Armi hanno deciso di tornare nel luogo dove hanno sempre vissuto e si sono accontentate di una casetta di legno che è stata sistemata nell’orto del monastero. Adesso però con l’inverno alle porte quella piccola struttura non è adeguata a sopportare i rigori della brutta stagione. Qualche giorno fa il dottor Enrico Storelli, segretario dei medici cattolici dell’Aquila è andato a far visita alle suore «perché» scrive in una nota «seguo da più anni, come medico specialista, alcune delle monache Benedettine Celestine.
Le ho trovate in discrete condizioni di salute, ma mi sono reso subito conto che la loro sistemazione attuale non è certo idonea ad affrontare l’inverno aquilano. Nel convento oggi vivono 4 monache - la madre badessa e 3 consorelle - il monastero è in piena zona rossa e le monache sono sistemate in una struttura di legno molto semplice messa loro a disposizione per la prima emergenza dai volontari della provincia di Belluno. Come tutti gli aquilani, hanno all’inizio sopportato la vita delle tendopoli, ma l’età e i malanni le hanno costrette a disperdersi in altri istituti religiosi. La necessità di continuare all’Aquila la vita claustrale» sottolinea ancora il dottor Storelli «ha fatto sì che alcune di esse ritornassero in quel monastero che rappresenta la loro vita, il loro mondo. Con l’aiuto della Caritas diocesana hanno affrontato i disagi quotidiani ma sono rimaste fedeli custodi del loro monastero e dell’identità storica della nostra città.
Oggi queste religiose rappresentano le ultime eredi della congregazione dei Celestini e il loro monastero ha più volte accolto Pietro Celestino: nel 1944, quando, dopo la ricognizione delle sacre spoglie, l’Arcivescovo, poi Cardinale Carlo Confalonieri, procedette alla vestizione con i paramenti confezionati dalle stesse monache Celestine; tra il 1972 e il 1974, quando la sacra urna fu collocata nel coro del monastero in attesa che venissero completati gli interventi di restauro della Basilica di Collemaggio; nel 1988 dopo il trafugamento delle spoglie. In vista dell’inverno questi disagi diventeranno sicuramente insopportabili in assenza di riscaldamento, acqua calda, una doccia. Oggi utilizzano un bagno posto all’interno di uno stabile dove funzionava una antica legatoria, attività questa che consentiva un minimo di sostentamento per loro e per la Missione Celestina del Centro Africa».
Storelli lancia un appello: «Sarebbe importante che qualche persona, ente, ditta o istituzione possa donare loro una struttura più solida, riscaldata e confortevole per ospitarle durante la stagione invernale. In caso contrario, a parere medico, saranno costrette di nuovo ad andare via rivivendo quindi una antica diaspora. Noi forse non possiamo comprendere quanto sia vitale e forte per loro la necessità della preghiera comunitaria nel luogo dove sono sempre vissute. Sono sicuro che quella preghiera unita e sussurrata sommessamente nei loro cuori sarà forza trainante per la ricostruzione della nostra città e delle nostre comunità».
Le ho trovate in discrete condizioni di salute, ma mi sono reso subito conto che la loro sistemazione attuale non è certo idonea ad affrontare l’inverno aquilano. Nel convento oggi vivono 4 monache - la madre badessa e 3 consorelle - il monastero è in piena zona rossa e le monache sono sistemate in una struttura di legno molto semplice messa loro a disposizione per la prima emergenza dai volontari della provincia di Belluno. Come tutti gli aquilani, hanno all’inizio sopportato la vita delle tendopoli, ma l’età e i malanni le hanno costrette a disperdersi in altri istituti religiosi. La necessità di continuare all’Aquila la vita claustrale» sottolinea ancora il dottor Storelli «ha fatto sì che alcune di esse ritornassero in quel monastero che rappresenta la loro vita, il loro mondo. Con l’aiuto della Caritas diocesana hanno affrontato i disagi quotidiani ma sono rimaste fedeli custodi del loro monastero e dell’identità storica della nostra città.
Oggi queste religiose rappresentano le ultime eredi della congregazione dei Celestini e il loro monastero ha più volte accolto Pietro Celestino: nel 1944, quando, dopo la ricognizione delle sacre spoglie, l’Arcivescovo, poi Cardinale Carlo Confalonieri, procedette alla vestizione con i paramenti confezionati dalle stesse monache Celestine; tra il 1972 e il 1974, quando la sacra urna fu collocata nel coro del monastero in attesa che venissero completati gli interventi di restauro della Basilica di Collemaggio; nel 1988 dopo il trafugamento delle spoglie. In vista dell’inverno questi disagi diventeranno sicuramente insopportabili in assenza di riscaldamento, acqua calda, una doccia. Oggi utilizzano un bagno posto all’interno di uno stabile dove funzionava una antica legatoria, attività questa che consentiva un minimo di sostentamento per loro e per la Missione Celestina del Centro Africa».
Storelli lancia un appello: «Sarebbe importante che qualche persona, ente, ditta o istituzione possa donare loro una struttura più solida, riscaldata e confortevole per ospitarle durante la stagione invernale. In caso contrario, a parere medico, saranno costrette di nuovo ad andare via rivivendo quindi una antica diaspora. Noi forse non possiamo comprendere quanto sia vitale e forte per loro la necessità della preghiera comunitaria nel luogo dove sono sempre vissute. Sono sicuro che quella preghiera unita e sussurrata sommessamente nei loro cuori sarà forza trainante per la ricostruzione della nostra città e delle nostre comunità».