Una squadra di emergenza
Dal recupero feriti alla riorganizzazione dei servizi sanitari.
AVEZZANO. Una struttura di intervento immediato, suggerita dalla terribile esperienza dell’Aquila: vi stanno lavorando la Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg) e il Soccorso alpino di Avezzano.
Federazione medici di base e Soccorso alpino hanno avuto un ruolo importantissimo nel dopo-terremoto: il primo è riusciuto a riorganizzare in pochissimo tempo il servizio sanitario alla popolazione; il secondo ha ingaggiato una corsa contro il tempo per salvare vite umane. Sono state quattro le persone estratte vive dalle macerie dai ragazzi del Soccorso alpino. Tra queste Marta Valente, di Giulianova. La giovane è rimasta sepolta per 23 ore. Per questo atto il Soccorso alpino-speleologico ha avuto l’encomio del prefetto dell’Aquila.
«A causa del terremoto», racconta il dottor Domenico Barbati, fiduciario Asl Avezzano-Sulmona della Federazione medici di base «i 65 colleghi dell’Aquila si sono ritrovati senza ambulatorio. Uno di loro ha perso anche un figlio. Quando la mattina sono arrivato all’Aquila ne ho incontrato alcuni: scrivevano le ricette per strada. Coordinandoci con il responsabile nazionale sanità della Protezione civile, Salvatore Squarcione, e con i direttori dei distretti sanitari dell’Aquila, Lino Scoccia e Luigi Giacco, rapidamente abbiamo riorganizzato il servizio.
Sono stati istituiti cinque presidi di medici di famiglia con sede a piazza d’Armi, Centi Colella, Acquasanta, Monticchio e Paganica. Subito dopo», prosegue Barbati «sono state ripristinate anche le guardie mediche. Così alla popolazione è stata assicurata un’assistenza medica 24 ore su 24. Per la distribuzione delle medicine nei campi all’inizio, oltre a quella dei farmacisti, è risultata molto preziosa la collaborazione dell’Unitalsi, che ci ha messo a disposizione un mezzo di trasporto, mentre per la raccolta di generi di prima necessità, come pile per apparecchi acustici, dentifrici, assorbenti, ci è stata di grande aiuto l’Unione ufficiali in congedo».
Anche i volontari del Soccorso alpino, coordinati da Pierluigi Taccone, allora direttore della scuola regionale tecnici soccorso alpino, sono stati tra i primi ad arrivare all’Aquila. A dirigere le operazioni degli speleologi è stato Alfonso Ardizzi, quelle dell’assistenza ai feriti Gianfranco Gallese, che dei medici del Soccorso alpino è cordinatore regionale. Intanto, dopo l’allerta della Protezione civile, oltre alle sei stazioni di Soccorso alpino dell’Abruzzo, di cui è presidente Attanasio Di Felice, si sono mobilitate quelle di tutte le altre regioni italiane. Di quella del Veneto faceva parte anche Fabrizio Spaziani, medico-anestesista, che ha perso la vita giorni fa, precipitando con l’elicottero del 118 a Pieve di Cadore. «Anche la stazione dell’Aquila, se pure duramente colpita», osserva Taccone «si è prodigata, contribuendo al salvataggio di vite umane». Nella fase dell’emergenza i volontari del Soccorso alpino che hanno operato sono stati oltre 100, avvalendosi anche di unità cinofile.
«Il terremoto», interviene Gallese «ci ha insegnato quanto sia importante il coordinamento tra tutte le forze impiegate, portandoci, insieme alla Federazione medici di base, a maturare l’idea di una struttura stabile e articolata, che presidi il territorio e intervenga subito in caso di tragedie come quella dell’Aquila. Comune di Avezzano e Protezione civile regionale, ai quali abbiamo prospettato questa idea, si sono detti pronti a sostenerci». «Ovviamente», interviene Barbati «sarà una struttura collegata con la Protezione civile, nella quale auspichiamo vengano inquadrati anche i medici di famiglia».
Federazione medici di base e Soccorso alpino hanno avuto un ruolo importantissimo nel dopo-terremoto: il primo è riusciuto a riorganizzare in pochissimo tempo il servizio sanitario alla popolazione; il secondo ha ingaggiato una corsa contro il tempo per salvare vite umane. Sono state quattro le persone estratte vive dalle macerie dai ragazzi del Soccorso alpino. Tra queste Marta Valente, di Giulianova. La giovane è rimasta sepolta per 23 ore. Per questo atto il Soccorso alpino-speleologico ha avuto l’encomio del prefetto dell’Aquila.
«A causa del terremoto», racconta il dottor Domenico Barbati, fiduciario Asl Avezzano-Sulmona della Federazione medici di base «i 65 colleghi dell’Aquila si sono ritrovati senza ambulatorio. Uno di loro ha perso anche un figlio. Quando la mattina sono arrivato all’Aquila ne ho incontrato alcuni: scrivevano le ricette per strada. Coordinandoci con il responsabile nazionale sanità della Protezione civile, Salvatore Squarcione, e con i direttori dei distretti sanitari dell’Aquila, Lino Scoccia e Luigi Giacco, rapidamente abbiamo riorganizzato il servizio.
Sono stati istituiti cinque presidi di medici di famiglia con sede a piazza d’Armi, Centi Colella, Acquasanta, Monticchio e Paganica. Subito dopo», prosegue Barbati «sono state ripristinate anche le guardie mediche. Così alla popolazione è stata assicurata un’assistenza medica 24 ore su 24. Per la distribuzione delle medicine nei campi all’inizio, oltre a quella dei farmacisti, è risultata molto preziosa la collaborazione dell’Unitalsi, che ci ha messo a disposizione un mezzo di trasporto, mentre per la raccolta di generi di prima necessità, come pile per apparecchi acustici, dentifrici, assorbenti, ci è stata di grande aiuto l’Unione ufficiali in congedo».
Anche i volontari del Soccorso alpino, coordinati da Pierluigi Taccone, allora direttore della scuola regionale tecnici soccorso alpino, sono stati tra i primi ad arrivare all’Aquila. A dirigere le operazioni degli speleologi è stato Alfonso Ardizzi, quelle dell’assistenza ai feriti Gianfranco Gallese, che dei medici del Soccorso alpino è cordinatore regionale. Intanto, dopo l’allerta della Protezione civile, oltre alle sei stazioni di Soccorso alpino dell’Abruzzo, di cui è presidente Attanasio Di Felice, si sono mobilitate quelle di tutte le altre regioni italiane. Di quella del Veneto faceva parte anche Fabrizio Spaziani, medico-anestesista, che ha perso la vita giorni fa, precipitando con l’elicottero del 118 a Pieve di Cadore. «Anche la stazione dell’Aquila, se pure duramente colpita», osserva Taccone «si è prodigata, contribuendo al salvataggio di vite umane». Nella fase dell’emergenza i volontari del Soccorso alpino che hanno operato sono stati oltre 100, avvalendosi anche di unità cinofile.
«Il terremoto», interviene Gallese «ci ha insegnato quanto sia importante il coordinamento tra tutte le forze impiegate, portandoci, insieme alla Federazione medici di base, a maturare l’idea di una struttura stabile e articolata, che presidi il territorio e intervenga subito in caso di tragedie come quella dell’Aquila. Comune di Avezzano e Protezione civile regionale, ai quali abbiamo prospettato questa idea, si sono detti pronti a sostenerci». «Ovviamente», interviene Barbati «sarà una struttura collegata con la Protezione civile, nella quale auspichiamo vengano inquadrati anche i medici di famiglia».