Unione dei Comuni e spending review I sindaci sono divisi

Ranalli e Di Donato favorevoli, no di De Crescentiis Possibilisti la Di Nino (Provincia) e Spinosa Pingue

SULMONA. Divide gli amministratori del territorio anziché unirli la proposta di Comune unico lanciata dal movimento “Ripensiamo il territorio”. La maggioranza dei sindaci però non appoggia il progetto, non credendo a un risparmio di costi e a un’organizzazione più efficiente dei servizi. «Io credo che il Comune unico porti solo per problemi dal punto di vista dell’identità della popolazione e dell’organizzazione dei servizi», interviene il sindaco di Pratola, Antonio De Crescentiis, «per questo sono contrario alle fusioni e più propenso a una unione col Comune di Sulmona capofila, coi vari sindaci che resterebbero al loro posto. Non credo, infatti, che togliere i consigli comunali di piccole realtà sia il modo per risparmiare». Più aperto alla proposta il sindaco di Sulmona, Peppino Ranalli.

«L’unità del territorio rappresenta uno dei tasselli fondamentali del mio programma», spiega, «e infatti ho già lanciato la proposta di una giunta del territorio, per parlare con una voce unica e recitare un ruolo nei tavoli che contano». Boccia la proposta Luigi Fasciani, vicesindaco di Molina e presidente della Comunità montana Sirentina. «Io sono contrario», dice, «perché significherebbe perdere l'identità dei piccoli Comuni, sarebbe quindi la loro fine e sarebbe un disastro per il territorio. Sono, invece, d'accordo con la gestione comune dei servizi già in atto». È scettico anche Pietro Spacone, sindaco di Scanno. «Sono convinto che già per le unioni di piccoli territori omogenei come stiamo facendo ci sono grandi difficoltà», riflette, «figuriamoci se passassimo alle macro unioni. Io credo che dovremmo prima vedere come va con la gestione condivisa dei servizi e poi decidere, anche se non sono contrario».

Più possibilista Francesco Di Donato, sindaco di Roccaraso. «Se serve per ridurre le tasse e dare servizi più efficienti sono d’accordo», dice Di Donato, «oggi gli amministratori locali devono ragionare solo in questi termini». Dello stesso avviso il sindaco di Cansano, Mario Ciampaglione, che ammette: «Possiamo anche unirci, ma bisogna capire bene tempi e modi».

«È un’occasione storica per Fabio Spinosa Pingue, presidente provinciale di Confindustria, che boccia però i doppioni fra le congregazioni di piccole realtà che si stanno creando in Valle Peligna. «La riorganizzazione dei servizi, per definizione stessa di servizio pubblico», spiega il numero uno degli industriali, «necessita di un significativo bacino di utenza, per cui esempi di ben due Unioni (anziché una soltanto) in sostituzione della vecchia comunità montana», come accade in Valle Peligna con esclusione della città di Sulmona e nell’Alto Sangro, «sono assolutamente da evitare in quanto il numero di abitanti di ciascuna parte è fondamentale per la riuscita stessa della riorganizzazione e fornitura del servizio. Una massa critica di residenti che sia poco consistente (per esempio sui 4mila) non consentirebbe la creazione di servizi economici, efficienti e efficaci, con il risultato che avremmo solo perso un'importante occasione».

Un’opportunità da valutare per Antonella Di Nino, vicepresidente della Provincia. «Se dai cittadini o dai movimenti civici giungono sollecitazioni in tal senso», dice, « è un dovere degli amministratori prenderle in considerazione». La proposta prevede l'unione di circa 60 Comuni, per un totale di 90mila abitanti, distribuiti su un'area di 120 chilometri che va da Pescasseroli a Torre de’ Passeri, coinvolgendo le realtà più grandi di Sulmona, Castel di Sangro e Pratola.

Federica Pantano

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