Violenza sessuale, condanna bis per Tuccia

Confermati 8 anni di reclusione all’ex militare, i giudici gli hanno riconosciuto l’aggravante di avere agito con crudeltà

L’AQUILA. Colpevole come in primo grado e anche di più. La Corte d’Appello, infatti, ha confermato gli otto anni di reclusione a carico dell’ex militare irpino Francesco Tuccia accusato di avere violentato nel febbraio dello scorso anno una studentessa universitaria davanti alla discoteca «Guernica» di Pizzoli. A Tuccia, ieri in aula, ma non al momento della sentenza, il collegio ha infatti riconosciuto anche l’aggravante «di aver agito con crudeltà» mentre le lesioni connesse con la violenza sessuale sono state ritenute colpose e non volontarie. Questa valutazione dei giudici ha fatto in modo che l’entità della pena sia stata confermata. Tuttavia il collegio (Catelli, Manfredi, Grilli) ha aggravato la pena sotto il profilo della sanzione accessoria visto che l’imputato è stato condannato anche all’interdizione perpetua da incarichi di tutela e curatela.

L’udienza è stata caratterizzata dall’intervento del sostituto procuratore generale Ettore Picardi, il quale aveva invocato la condanna a undici anni per l’accusato di cui sette per la violenza sessuale e il resto per le lesioni. Questo sulla scorta di una requisitoria condita da affermazioni molto forti. Ha parlato di «brutalità della pratica sessuale», «disprezzo della vita altrui» bollando poi «il tentativo maldestro di far ricadere la colpa su altri». Insomma, a detta del Pg, ne è venuta fuori una personalità luciferina della quale non si salva nulla. Non meno dura la parte civile rappresentata dall’avvocato Enrico Maria Gallinaro il quale ha parlato di «condotta dalla gravità eccezionale, spietata ed efferata» e, anche se il reato di tentato omicidio non è stato contestato, ha sostenuto che si è trattato comunque di un comportamento «omicidiario». Ha poi ritenuto che la sentenza di primo grado sia stata a suo dire fin troppo benevola essendogli state concesse le attenuanti generiche. «I giudici», ha detto, «lo hanno fin troppo perdonato». In sintonia con Gallinaro l’intervento dell’avvocato Simona Giannangeli, che ha sostenuto le istanze del Centro antiviolenze ammesso come parte civile e ben rappresentato numericamente in aula dalla presenza di numerose donne che hanno manifestato la solidarietà alla ragazza anche con cartelli e striscioni. Le difese di Tuccia erano affidate agli avvocati Antonio Valentini e Alberico Villani. Il primo ha ribadito con toni energici che negli atti ci sono prove chiare di un rapporto tra persone consenzienti. «La pratica sessuale è deflagrata quando Tuccia ha visto la sua mano insanguinata e si è messo paura». A suo dire tutti i testimoni hanno confermato che i due si erano appartati tranquillamente e vi è stata una sorta di «progressione sessuale senza dissenso da parte della ragazza». «L’atto sessuale fu libero», ha aggiunto, tra le altre cose, il penalista Villani. I due avvocati hanno poi sostenuto che negli atti non vi è traccia del tentativo di fuga dell’imputato. Valentini si è poi anche lamentato di essersi trovato di fronte «a un impianto mediatico di dimensioni non comuni». «Per questo», ha affermato, «dico no al coro della tragedia greca». Non sono mancate schermaglie tra avvocati di accusa e difesa e un battibecco senza conseguenze tra il padre della ragazza e lo stesso Valentini. Alle difese, inoltre, è sembrato strano come la giovane non rammentasse nulla di quanto accaduto visto che l’alcol, per loro, non avrebbe mai potuto cancellare i ricordi di quella tragica notte.

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