Zootecnia, tante aziende in crisi

La faccia nascosta del dopo sisma: 500 famiglie con reddito dimezzato.

L’AQUILA. Potremo chiamarli i danni invisibili. E’ l’altra faccia di un terremoto che non ha devastato soltanto vite umane e centri storici di decine di paesi. Il sisma del sei aprile ha finito per compromettere anche quella già fragile economia aquilana che si reggeva sull’allevamento bovino e ovino (e quindi sulla produzione lattiero-casearia). Bastano pochi numeri per inquadrare un fenomeno che nel giro di pochi mesi potrebbe gettare sul lastrico migliaia di persone. Nell’area della Asl dell’Aquila (dove il terremoto ha fatto i danni maggiori e che coincide al 70 per cento con il cosiddetto cratere) al 5 aprile erano attive 2000 aziende, quasi tutte a gestione familiare: 1000 si occupavano di allevamento bovino, altre mille di allevamento di pecore. Di queste 2000 famiglie, 500 hanno come unico reddito quello derivante dall’azienda zootecnica. Quel reddito ora si è più che dimezzato.

Il terremoto ha causato molti danni materiali (stalle e capannoni semidistrutti tanto che molti animali sono ancora al pascolo in montagna perché non ci sono ricoveri sufficienti a valle) e ha spazzato via quel poco spazio sul mercato che le famiglie-imprese avevano prima del sei aprile. Per semplificare: i prezzi di molti prodotti, latte compreso, sono fermi da anni. Gli allevatori aquilani avevano già grosse difficoltà a reggere la concorrenza sul mercato extraregionale. Avevano qualche “vantaggio” sul mercato locale, dove la qualità rappresenta sicuramente un valore. Dopo il sei aprile anche il mercato locale si è bloccato (basti pensare alle centinaia di punti vendita chiusi). A questo si aggiunga che la centrale del latte dell’Aquila ha avuto seri problemi alla struttura che si trova nel Nucleo di Bazzano e ancora oggi non può lavorare il prodotto. Il latte dei bovini della zona dell’Aquila deve essere portato fuori regione con pesanti costi aggiuntivi.

Secondo quanto riferiscono molti agricoltori e allevatori anche l’intesa che prevedeva la fornitura delle tendopoli con prodotti locali (intesa che fu presentata in pompa magna nel mese di giugno nella sede dell’associazione regionale allevatori a Onna) di fatto non ha portato risultati concreti. Ieri mattina della crisi della zootecnia nell’area del cratere si è parlato nel corso della puntata di Linea Verde condotta da Massimiliano Ossini. Dai microfoni Rai allevatori e rappresentanti di categoria hanno lanciato l’allarme e hanno chiesto sostegni concreti per le aziende affinché possano superare il periodo critico e sperare nel rilancio. Sono state mostrate anche storie che danno speranza e che fanno intravedere qualche luce in fondo al tunnel.

Per esempio il racconto di Stefano e Sonia, giovane coppia di Barisciano che sta avviando un’attività di produzione di latte fresco di capra. Il finale della puntata si è svolto a Onna, in un piccolo piazzale verde tra le casette di legno (il nuovo villaggio che ha preso il posto provvisoriamente del paese cancellato dalla scossa del sei aprile), dove è stata mostrata la vita che in qualche modo ricomincia: le donne tornano a fare la spesa, a cucinare e negli orti si torna a coltivare una eccellenza come il fagiolo bianco di Onna, una antica varietà che rischiava di scomparire per sempre.