A vuoto anche le ultime perizie Omicidio Bucco verso l’archiviazione

A 15 mesi dal delitto, i tre indagati sono stati definitivamente scagionati dagli accertamenti del genetista incaricato dalla Procura: sui loro vestiti non ci sono tracce del Dna della vittima

PESCARA. Non ha lasciato tracce l’assassino di Nicola Bucco, l’operaio pescarese di 53 anni ucciso con tre coltellate il 14 novembre del 2012 nell’appartamento al piano terra di via Leopardi. A fronte di quello che nei primi momenti era apparso agli investigatori come un delitto d’impeto, maturato presumibilmente nell’ambiente del porto frequentato da Bucco (che pure aveva avuto trascorsi travagliati che gli investigatori sono andati a rimestare), l’omicidio sembra invece essere stato organizzato nei minimi dettagli da qualcuno tanto bravo a non sbagliare niente. Non una traccia, non una testimonianza che abbia condotto i poliziotti della Mobile verso la verità.

E oggi, dopo 15 mesi e tre indagati, il caso sembra destinato all’archiviazione. Soprattutto dopo l’esito degli ultimi accertamenti disposti dal pm Gennaro Varone che, dopo aver percorso, in maniera infruttuosa, la strada di un primo confronto del Dna, ha provato con una maxi consulenza tra i vestiti di Nicola Bucco e i tre indagati per l’omicidio, per capire se sui vestiti di Bucco sono state lasciate eventuali tracce dall’assassino e, quindi, se queste sono compatibili con il Dna di uno dei tre nomi. Ma anche questa volta le ennesime perizie hanno scagionato Emilio Massacese, fratello di Vittorio (il titolare del baretto del porto che aiutava Bucco nelle spese dell’affitto di casa e che per primo scoprì il cadavere); il marinaio tunisino Rafik Ben Amri e Giuseppe Del Rosario, il teatino frequentatore del porto (in posizione molto più marginale). Il genetista Giuseppe Liborio Stuppia, dell’università D’Annunzio, chiamato a confrontare «le eventuali tracce biologiche presenti sugli abiti indossati da Bucco al momento dell’omicidio» con quelle di Massacese, Ben Amri e Del Rosario, non ha trovato nulla: sugli indumenti di Bucco, completamente inzuppati di sangue, è stato trovato solo il suo Dna. Niente neanche sul giaccone sequestrato a Emilio Massacese: nessuna traccia che riconducesse a Nicola Bucco e alla sua violenta e inspiegabile fine. Un’archiviazione vicina che certo non viene accettata dai familiari di Bucco e che potrebbe essere evitata solo dal ritrovamento di qualche nuovo reperto (un coltello trovato nell’immediatezza non aveva il Dna di Bucco sulla lama) o da qualche testimonianza a sorpresa. Finora, e questo ha lasciato interdetti non poco gli investigatori, nessuno ha parlato, nessuno, del palazzo di via Leopardi dove si è consumata la tragedia tra le 14 e le 16 di quel mercoledì 14 novembre, ha visto o sentito nulla di strano. Eppure Nicola Bucco è stato ucciso con tre coltellate mentre si stava preparando un piatto di pasta da qualcuno che, dopo le urla e l’estremo tentativo del 53enne di difendersi, è scappato. In pieno giorno, al piano terra di un condominio.

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