A24 e A25, dal 1° luglio si va a Roma con 54 euro
L’aumento del pedaggio del 34,74% si sommerà al caro carburante
PESCARA. Aumento dei pedaggi inevitabile dal primo luglio su A24 e A25. Si sommerà al caro carburante dovuto alla crisi bellica, che ha portato benzina e gasolio oltre i due euro al litro. Viaggiare da Pescara a Roma e viceversa, potrebbe arrivare a costare anche 54 euro tra poche settimane.
A venti giorni dalla fine dello stop all’adeguamento automatico del 34,74% della tariffa autostradale, che pende come spada di Damocle su pendolari, autotrasportatori e anche turisti, non è stato infatti posto ancora alcun freno. Almeno ufficialmente. Ma niente sembra muoversi nemmeno ufficiosamente. Lo conferma la concessionaria Strada dei Parchi. «Non abbiamo nessuna notizia dal Governo. Dopo l’annuncio alla Camera del ministro Enrico Giovannini sullo stop all’aumento, ad oggi solo un silenzio assordante e preoccupante», parola di Mauro Fabris, vicepresidente della società. Il riferimento è all’audizione di inizio maggio davanti ai deputati, nella quale il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile aveva dato notizia di voler operare per prorogare fino al 31 dicembre 2022 l’attuale blocco degli aumenti. Sul come raggiungere tale scopo, però, non è stato ancora diffuso nessun dettaglio.
«In alternativa a un blocco delle tariffe del Governo, bisogna valutare l’ipotesi di una proroga dello sconto commerciale da parte nostra, ma questo ci costerebbe altri 30 milioni di euro per i prossimi sei mesi», continua Fabris, «senza una decisione, al momento si va verso l’aumento dal primo luglio».
La differenza tra le due ipotesi è sostanziale. Se fosse il Governo a imporre lo stop all’aumento automatico dei pedaggi, come fatto durante l’emergenza Covid e fino al 31 dicembre scorso, allora la differenza economica del mancato adeguamento rientrerebbe tra i crediti vantati dalla società concessionaria. In altre parole: pagherebbe lo Stato. Se invece fosse Strada dei Parchi a prorogare il suo sconto commerciale – già applicato dal primo gennaio al 30 giugno prossimo – per fermare gli aumenti, allora la differenza si mostrerebbe come un buco nel bilancio della concessionaria, grande quasi un terzo del suo fatturato. In altre parole: pagherebbe la società del gruppo Toto. Se nessuna delle due parti in forte rottura intervenisse per fermare i rincari, allora a pagare sarebbero gli utenti.
GLI AUMENTI DAL 1° LUGLIO
Così, viaggiare da Pescara a Roma, per una famiglia in auto potrebbe costare oltre 6 euro di pedaggio in più, arrivando a 26 euro. Da Teramo alla Capitale si passerebbe da 17,50 a 23,50 euro, dall’Aquila 15,60 invece di 11,60, da Avezzano 13,60 invece di 10,10. Aumenterebbero ovviamente anche i costi delle tratte interne all’Abruzzo. Andare da Pescara ad Avezzano arriverebbe infatti a 13 euro. Da Teramo all’Aquila Est 7,30, mentre 6,60 euro dall’Aquila Ovest ad Avezzano. Ma l’aumento dei pedaggi si sommerebbe anche a quello del prezzo del carburante, con benzina e gasolio da giorno tornati a superare la soglia dei 2 euro al litro, nonostante il taglio delle accise operato dal Governo. Per una famiglia di Pescara, raggiungere Roma potrebbe quindi costare 54 euro dal primo luglio. Enorme il costo per autobus e mezzi pesanti. Considerando una media di 35 litri ogni cento chilometri di consumi, infatti, un mezzo di categoria B (quindi a due assi), arriverebbe a pagare quasi 174 euro per viaggiare da Pescara a Roma. Cifra maggiore ancora per un autoarticolato, che consuma di più e paga anche di più di pedaggio.
LA ROTTURA
«Siamo basiti», rincara la dose Fabris, «non abbiamo nemmeno avuto alcuna risposta sull’attivazione della rescissione della concessione». Il riferimento è alle due missive con cui la società ha messo nero su bianco l’intenzione di far cessare la convenzione per la gestione delle autostrade con otto anni di anticipo rispetto alla scadenza, facendo leva su un articolo dello stesso contratto che consente il recesso in caso di mancata approvazione del nuovo Piano economico finanziario, vista la bocciatura recente anche dell’ultima bozza. La buonuscita che la società chiederebbe allo Stato sarebbe però di almeno 2,4 miliari di euro. «Ovviamente non si parla nemmeno di un nuovo Piano economico finanziario», aggiunge il vicepresidente di Strada dei Parchi. Poi ancora: «Tutto questo, nonostante l’urgenza della messa in sicurezza dell’autostrada. Con questo Governo non riusciamo a interloquire e ci interroghiamo sul perché. Da cittadino io non riesco a capire uno Stato che arriva ad autocommissariarsi per risolvere la situazione di stallo nominando tre commissari, ma dopo tre anni ancora non fa nulla».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
A venti giorni dalla fine dello stop all’adeguamento automatico del 34,74% della tariffa autostradale, che pende come spada di Damocle su pendolari, autotrasportatori e anche turisti, non è stato infatti posto ancora alcun freno. Almeno ufficialmente. Ma niente sembra muoversi nemmeno ufficiosamente. Lo conferma la concessionaria Strada dei Parchi. «Non abbiamo nessuna notizia dal Governo. Dopo l’annuncio alla Camera del ministro Enrico Giovannini sullo stop all’aumento, ad oggi solo un silenzio assordante e preoccupante», parola di Mauro Fabris, vicepresidente della società. Il riferimento è all’audizione di inizio maggio davanti ai deputati, nella quale il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile aveva dato notizia di voler operare per prorogare fino al 31 dicembre 2022 l’attuale blocco degli aumenti. Sul come raggiungere tale scopo, però, non è stato ancora diffuso nessun dettaglio.
«In alternativa a un blocco delle tariffe del Governo, bisogna valutare l’ipotesi di una proroga dello sconto commerciale da parte nostra, ma questo ci costerebbe altri 30 milioni di euro per i prossimi sei mesi», continua Fabris, «senza una decisione, al momento si va verso l’aumento dal primo luglio».
La differenza tra le due ipotesi è sostanziale. Se fosse il Governo a imporre lo stop all’aumento automatico dei pedaggi, come fatto durante l’emergenza Covid e fino al 31 dicembre scorso, allora la differenza economica del mancato adeguamento rientrerebbe tra i crediti vantati dalla società concessionaria. In altre parole: pagherebbe lo Stato. Se invece fosse Strada dei Parchi a prorogare il suo sconto commerciale – già applicato dal primo gennaio al 30 giugno prossimo – per fermare gli aumenti, allora la differenza si mostrerebbe come un buco nel bilancio della concessionaria, grande quasi un terzo del suo fatturato. In altre parole: pagherebbe la società del gruppo Toto. Se nessuna delle due parti in forte rottura intervenisse per fermare i rincari, allora a pagare sarebbero gli utenti.
GLI AUMENTI DAL 1° LUGLIO
Così, viaggiare da Pescara a Roma, per una famiglia in auto potrebbe costare oltre 6 euro di pedaggio in più, arrivando a 26 euro. Da Teramo alla Capitale si passerebbe da 17,50 a 23,50 euro, dall’Aquila 15,60 invece di 11,60, da Avezzano 13,60 invece di 10,10. Aumenterebbero ovviamente anche i costi delle tratte interne all’Abruzzo. Andare da Pescara ad Avezzano arriverebbe infatti a 13 euro. Da Teramo all’Aquila Est 7,30, mentre 6,60 euro dall’Aquila Ovest ad Avezzano. Ma l’aumento dei pedaggi si sommerebbe anche a quello del prezzo del carburante, con benzina e gasolio da giorno tornati a superare la soglia dei 2 euro al litro, nonostante il taglio delle accise operato dal Governo. Per una famiglia di Pescara, raggiungere Roma potrebbe quindi costare 54 euro dal primo luglio. Enorme il costo per autobus e mezzi pesanti. Considerando una media di 35 litri ogni cento chilometri di consumi, infatti, un mezzo di categoria B (quindi a due assi), arriverebbe a pagare quasi 174 euro per viaggiare da Pescara a Roma. Cifra maggiore ancora per un autoarticolato, che consuma di più e paga anche di più di pedaggio.
LA ROTTURA
«Siamo basiti», rincara la dose Fabris, «non abbiamo nemmeno avuto alcuna risposta sull’attivazione della rescissione della concessione». Il riferimento è alle due missive con cui la società ha messo nero su bianco l’intenzione di far cessare la convenzione per la gestione delle autostrade con otto anni di anticipo rispetto alla scadenza, facendo leva su un articolo dello stesso contratto che consente il recesso in caso di mancata approvazione del nuovo Piano economico finanziario, vista la bocciatura recente anche dell’ultima bozza. La buonuscita che la società chiederebbe allo Stato sarebbe però di almeno 2,4 miliari di euro. «Ovviamente non si parla nemmeno di un nuovo Piano economico finanziario», aggiunge il vicepresidente di Strada dei Parchi. Poi ancora: «Tutto questo, nonostante l’urgenza della messa in sicurezza dell’autostrada. Con questo Governo non riusciamo a interloquire e ci interroghiamo sul perché. Da cittadino io non riesco a capire uno Stato che arriva ad autocommissariarsi per risolvere la situazione di stallo nominando tre commissari, ma dopo tre anni ancora non fa nulla».
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