Abruzzese arrestato in Turchia Il pm: terrorismo internazionale
Stefano Costantini, 24 anni, originario di Loreto, è accusato di avere fatto parte di un’associazione di matrice islamica affiliata ad Al Qaeda. Ma il giovane, in carcere a Teramo, nega ogni responsabilità
PESCARA. Si chiama Stefano Costantini, ha 24 anni, è sposato con una tedesca di origine turca e padre di quattro figli; la sua famiglia è originaria di Loreto Aprutino. Da martedì sera, è rinchiuso nel carcere di Teramo con pesantissime accuse in quanto ritenuto un foreign fighter (chi va a combattere in un Paese straniero) al servizio del terrorismo islamico. Il suo arresto è il risultato di una complessa attività investigativa e internazionale compiuta dagli uomini del servizio per il contrasto all'estremismo e terrorismo esterno della polizia e dalla Digos di Pescara in Turchia, Paese che ha collaborato con l'Italia.
L'inchiesta porta la firma del pm David Mancini della distrettuale dell'Aquila (la sua ultima inchiesta, vista la promozione a procuratore del tribunale per i minorenni dell’Aquila) e a firmare la misura cautelare, che risale al 2017, fu il gip Romano Gargarella. Nato e residente in Svizzera, ma cittadino italiano, Costantini è accusato di aver partecipato a un'associazione terroristica di matrice islamica quale Jabhat Al Nusra, affiliata al movimento terroristico Al Qaeda, e aver diffuso attraverso la piattaforma social di facebook alcuni video inneggianti allo Stato islamico.
Martedì mattina, al culmine della lunga operazione investigativa, all'aeroporto di Hatay in Turchia, la locale polizia ha consegnato ai colleghi italiani il foreign fighter pescarese, preso poi in custodia all'aeroporto di Pescara dalla Digos diretta da Leila Di Giulio che ha condotto le indagini su delega del pm aquilano.
I dettagli dell'operazione sono stati spiegati in video conferenza. «Non è il primo foreign fighter che siamo riusciti a far rientrare nel nostro territorio», spiega Fabio Berilli, dirigente dell'antiterrorismo, «Questa è una problematica che copre a ombrello la sicurezza dei Paesi occidentali e che gestiamo attraverso un tavolo tecnico che ha poi determinato una lista di soggetti italiani, fra cui appunto l'arrestato: oggi ce ne sono 146 in elenco. Il rientro di ieri è soltanto la punta di un iceberg di un'attività molto complessa visto che in questo caso era un intero nucleo familiare che doveva rientrare da un territorio di guerra». Il suo ruolo nell'organizzazione islamica sarebbe comprovato da più elementi stando a quanto sostengono gli investigatori. «Le indagini», spiega il questore di Pescara, Luigi Liguori, «sono partite nel 2014 quando il soggetto comincia questa sua esperienza con l'Isis e quindi quando non era ancora maggiorenne. C'è stata una fase di cooperazione fra forze di polizia per far sì che questo soggetto si consegnasse alle autorità».
Quando Costantini si rende conto di essere stato individuato, inizia questo suo percorso di riavvicinamento che sarà comunque lungo e non facile considerato il territorio siriano interessato e tutte le problematiche connesse a operazioni del genere. «Abbiamo avuto rapporti diretti con lui e non solo per farlo costituire», aggiunge Di Giulio, «E' stata un'operazione di rimpatrio volontario. La conferma del suo ruolo di combattente ci viene comunque da una serie di testimonianze acquisite anche tramite rogatorie all'estero: volevamo capire se era stato addestrato e se avesse combattuto, conoscere insomma il suo percorso. E su questo abbiamo avuto riscontri positivi. Aver aderito all'ideologia islamista entrando in un territorio dove in quegli anni era in corso una guerra, dove gruppi islamisti combattevano per quella ideologia, già questo è un dato importante: lui ha fatto parte di quei gruppi».
«D'altronde», incalza il questore, «non poteva che costituirsi ormai. Se scrivi ai familiari che sei stato tre giorni in zona di guerra, se posti foto esplicite, il tuo ruolo è già delineato». Non ancora maggiorenne, e mentre viveva in Svizzera, dopo un rapido percorso di conversione all'Islam e la completa radicalizzazione, Costantini si sarebbe avvicinato all'impegno jihadista, culminato con la partenza, nel settembre dello stesso 2014, verso il fronte siriano per militare nel gruppo, come sostiene la polizia, Jabhat Al Nusra, impegnato nella regione siriana di Idlib, all'epoca roccaforte di Al Qaeda.
Prima di partire si sposa con una cittadina turca residente in Germania che poi lo raggiunge in Siria. Ieri mattina il suo legale, l'avvocato Massimo Solari è andato in carcere, ma ha potuto soltanto scambiare qualche parola con lui via skipe a causa dell'isolamento precauzionale da Covid. «Non mi riconosco in queste accuse», avrebbe detto il giovane al suo legale, «non sono la persona che viene descritta in questi fogli». Gli fa da sponda il suo legale: «Ritengo», dice, «che non vi siano elementi di prova a supporto delle gravi accuse rivolte al mio assistito, di aver aderito a organizzazioni terroristiche. Siamo fiduciosi di poter dimostrare l'assoluta estraneità del ragazzo al contesto di questo tipo di associazioni criminali».
Ma il capo di imputazione è chiaro: «Partecipava ad associazione terroristica di matrice islamica vicina alle posizioni strategiche di estrazione qaedista, affiliata ad Al Qaeda e qualificata come organizzazione terroristica equiparata al cosiddetto stato islamico dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, appoggiando le finalità belliche in territorio siriano, fornendo organicamente il proprio costante contributo in attività militari e di supporto logistico, essenziali alla stessa sopravvivenza dell'organizzazione terroristica di cui faceva parte integrante». E poi una lunga serie di intercettazioni che non lascerebbero dubbi.
L'inchiesta porta la firma del pm David Mancini della distrettuale dell'Aquila (la sua ultima inchiesta, vista la promozione a procuratore del tribunale per i minorenni dell’Aquila) e a firmare la misura cautelare, che risale al 2017, fu il gip Romano Gargarella. Nato e residente in Svizzera, ma cittadino italiano, Costantini è accusato di aver partecipato a un'associazione terroristica di matrice islamica quale Jabhat Al Nusra, affiliata al movimento terroristico Al Qaeda, e aver diffuso attraverso la piattaforma social di facebook alcuni video inneggianti allo Stato islamico.
Martedì mattina, al culmine della lunga operazione investigativa, all'aeroporto di Hatay in Turchia, la locale polizia ha consegnato ai colleghi italiani il foreign fighter pescarese, preso poi in custodia all'aeroporto di Pescara dalla Digos diretta da Leila Di Giulio che ha condotto le indagini su delega del pm aquilano.
I dettagli dell'operazione sono stati spiegati in video conferenza. «Non è il primo foreign fighter che siamo riusciti a far rientrare nel nostro territorio», spiega Fabio Berilli, dirigente dell'antiterrorismo, «Questa è una problematica che copre a ombrello la sicurezza dei Paesi occidentali e che gestiamo attraverso un tavolo tecnico che ha poi determinato una lista di soggetti italiani, fra cui appunto l'arrestato: oggi ce ne sono 146 in elenco. Il rientro di ieri è soltanto la punta di un iceberg di un'attività molto complessa visto che in questo caso era un intero nucleo familiare che doveva rientrare da un territorio di guerra». Il suo ruolo nell'organizzazione islamica sarebbe comprovato da più elementi stando a quanto sostengono gli investigatori. «Le indagini», spiega il questore di Pescara, Luigi Liguori, «sono partite nel 2014 quando il soggetto comincia questa sua esperienza con l'Isis e quindi quando non era ancora maggiorenne. C'è stata una fase di cooperazione fra forze di polizia per far sì che questo soggetto si consegnasse alle autorità».
Quando Costantini si rende conto di essere stato individuato, inizia questo suo percorso di riavvicinamento che sarà comunque lungo e non facile considerato il territorio siriano interessato e tutte le problematiche connesse a operazioni del genere. «Abbiamo avuto rapporti diretti con lui e non solo per farlo costituire», aggiunge Di Giulio, «E' stata un'operazione di rimpatrio volontario. La conferma del suo ruolo di combattente ci viene comunque da una serie di testimonianze acquisite anche tramite rogatorie all'estero: volevamo capire se era stato addestrato e se avesse combattuto, conoscere insomma il suo percorso. E su questo abbiamo avuto riscontri positivi. Aver aderito all'ideologia islamista entrando in un territorio dove in quegli anni era in corso una guerra, dove gruppi islamisti combattevano per quella ideologia, già questo è un dato importante: lui ha fatto parte di quei gruppi».
«D'altronde», incalza il questore, «non poteva che costituirsi ormai. Se scrivi ai familiari che sei stato tre giorni in zona di guerra, se posti foto esplicite, il tuo ruolo è già delineato». Non ancora maggiorenne, e mentre viveva in Svizzera, dopo un rapido percorso di conversione all'Islam e la completa radicalizzazione, Costantini si sarebbe avvicinato all'impegno jihadista, culminato con la partenza, nel settembre dello stesso 2014, verso il fronte siriano per militare nel gruppo, come sostiene la polizia, Jabhat Al Nusra, impegnato nella regione siriana di Idlib, all'epoca roccaforte di Al Qaeda.
Prima di partire si sposa con una cittadina turca residente in Germania che poi lo raggiunge in Siria. Ieri mattina il suo legale, l'avvocato Massimo Solari è andato in carcere, ma ha potuto soltanto scambiare qualche parola con lui via skipe a causa dell'isolamento precauzionale da Covid. «Non mi riconosco in queste accuse», avrebbe detto il giovane al suo legale, «non sono la persona che viene descritta in questi fogli». Gli fa da sponda il suo legale: «Ritengo», dice, «che non vi siano elementi di prova a supporto delle gravi accuse rivolte al mio assistito, di aver aderito a organizzazioni terroristiche. Siamo fiduciosi di poter dimostrare l'assoluta estraneità del ragazzo al contesto di questo tipo di associazioni criminali».
Ma il capo di imputazione è chiaro: «Partecipava ad associazione terroristica di matrice islamica vicina alle posizioni strategiche di estrazione qaedista, affiliata ad Al Qaeda e qualificata come organizzazione terroristica equiparata al cosiddetto stato islamico dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, appoggiando le finalità belliche in territorio siriano, fornendo organicamente il proprio costante contributo in attività militari e di supporto logistico, essenziali alla stessa sopravvivenza dell'organizzazione terroristica di cui faceva parte integrante». E poi una lunga serie di intercettazioni che non lascerebbero dubbi.