Abruzzo in fiamme, il rimboschimento nel mirino dei pm
Sulle cifre milionarie dell'appalto per i boschi distrutti hanno posto l'attenzione le procure di L'Aquila, Avezzano e Sulmona. Ecco gli sviluppi dell’inchiesta
PESCARA. Il rimboschimento diventa un affarone. Da 300 milioni di euro secondo una stima fatta sull’intera superficie distrutta: seimila ettari i boschi. Da 84 milioni, come invece certifica la Regione sul rapporto inviato al premier, Paolo Gentiloni, per il riconoscimento dello stato d’emergenza e il risarcimento dei danni solo nelle «aree maggiormente a rischio».
GLI SVILUPPI. Sono cifre enormi quelle del rimboschimento. Cifre su cui tre procure hanno posto l’attenzione. I magistrati di Sulmona, Avezzano e L’Aquila, indagano sulle cause e gli autori dei duecento incendi che hanno devastato l’Abruzzo nell’estate di fuoco. I pm non escludono nessuna pista. Una fonte investigativa conferma che il rimboschimento è una delle ipotesi su cui stanno lavorando. L’acquisizione di centinaia di immagini dei roghi riprese dal satellite è l’altra novità dell’inchiesta che emerge alla vigilia del tavolo tecnico, convocato in Regione alle 16 di oggi, per dare il via libera al rimboschimento: un’operazione milionaria tutta ancora da decidere.
GRANDE FRATELLO. Le tre procure indagano su un ventaglio di possibili moventi. Al Centro, il procuratore capo di Sulmona, Giuseppe Bellelli, ha dichiarato in un’intervista che ci sarebbe una regia unica dietro ai roghi. «Il fuoco», scrive Roberto Saviano in un’inchiesta giornalistica, «è strumento economico di bonifica criminale». Chi brucia lo fa per bloccare o sbloccare qualcosa. Questo articolo di Saviano è finito in mano a chi indaga sui roghi d’Abruzzo. Così come un servizio giornalistico del Centro sul grande affare del rimboschimento. A questo si aggiunge l’acquisizione, da parte dei Carabinieri Forestali, delle immagini satellitari. Le tre procure hanno infatti chiesto la collaborazione dei ricercatori di Res Geo, spin off dell’Università d’Annunzio di Chieti e Pescara. Tra le immagini acquisite ce n’è una che pubblichiamo perché è ritenuta importante da chi indaga.
E’ un fotogramma, datato 19 agosto 2017, che svela l’innesco del rogo che ha devastato il Morrone.
CITTADINI IN CAMPO. Ma non piace al Wwf l’idea del rimboschimento. Non piace neppure al Movimento 5 Stelle e al comitato dei cittadini di Sulmona che oggi, alle 16, manifesterà davanti alla Regione, in viale Bovio a Pescara. Alla protesta parteciperà anche Rifondazione Comunista, come annuncia il segretario regionale Marco Fars.
Ma Luciano D’Alfonso va avanti, spinto dalla preoccupazione che i boschi deturpati peggiorino una situazione di dissesto idrogeologico «già pericolosamente conclamato», scrive il governatore in una lettera del 22 agosto scorso con cui mette in moto l’operazione rimboschimento.
L’ORA DEI SINDACI. La legge quadro numero 353 del 2000, in materia di incendi boschivi, vieta per cinque anni la ripiantumazione dopo un rogo. Ma il divieto non è assoluto. Il ministro per l’Ambiente, Gian Luca Galletti, può concedere la deroga per le aree protette, statali o della Regione, «per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici». Su questo punto si incentra la riunione di oggi pomeriggio, presieduta da D’Alfonso che all’inizio ha invitato solo Mario Mazzocca, sottosegretario della giunta regionale con delega all’Ambiente, il direttore generale della Regione Abruzzo, Vincenzo Rivera, ed i dirigenti regionali Emidio Primavera (governo del territorio), Stefania Valeri (avvocatura), Pasquale Di Meo (tutela degli ecosistemi) e Antonio Iovino (programmazione Protezione civile). Ma la platea degli invitati nelle ultime ore si è allargata ai trenta sindaci dei Comuni più colpiti e agli assessori, tra cui Dino Pepe, che ha la delega all’Agricoltura e che è contrario al rimboschimento. Lo dimostra una relazione di trenta pagine del settore foreste della Regione inviata ieri al governatore. «Ascolteremo tutte le componenti, anche quelle ambientaliste e la procura, prima di prendere qualunque decisione», ha dichiarato al Centro D’Alfonso. Ma i non invitati si rammaricano. «Non sono stato chiamato e non mi risulta che sia stato convocato il presidente del Parco della Maiella, Franco Iezzi», dice Luciano Di Tizio presidente del Wwf Abruzzo.
CENERE E SOLDI. La stima ufficiale dei danni per i roghi è riportata a pagina 17 di un documento allegato alla delibera di giunta con cui la Regione chiede il riconoscimento dello stato di emergenza. E’ un grande affare: «Bonifica dei boschi 43 milioni; ripristino rimboschimento per le aree a maggior rischio 11 milioni; messa in sicurezza dei boschi regionali maggiormente a rischio 30 milioni». Per un totale di 84 milioni. Una cifra destinata però a crescere.
CHI DICE NO. «Il business del rimboschimento artificiale fa gola a numerosi portatori d’interesse. Ma la legge è chiara e qualunque velleità di rimboschimento sarà oggetto di esposti da parte del Movimento 5 Stelle», minaccia la consigliera Sara Marcozzi.