«Adesso fuori tutta la verità sulla tragedia»
Intervista a Giletti dopo le rivelazioni del Centro sulla donna morta dopo 40 ore. «Ora parli il prefetto»
PESC. «Fuori tutta la verità su Rigopiano». Ha dedicato gran parte della puntata domenicale dell’Arena, su Rai Uno alla tragedia di Rigopiano. Partendo dalle rivelazioni del Centro sulla donna che sotto le macerie del resort ha resistito quasi due giorni prima di morire, affidando agli sms del telefonino mai partiti, la sua testimonianza postuma. A fine trasmissione, il conduttore del programma, Massimo Giletti, accetta di dire la sua su una vicenda che sta seguendo con passione dall’inizio. Fino a lanciare questo appello per la verità.
Sono passati più di tre mesi dalla valanga che ha ucciso 29 persone. Che cosa si aspetta a questo punto?
«Vorrei fuori tutta la verità su Rigopiano. Questo è un Paese dove non sappiamo ancora le verità di mille stragi storiche, da Ustica a Bologna, la verità è sempre strana. Confido molto nel procuratore di Pescara Tedeschini, perché vada avanti senza guardare in faccia nessuno. Però ribadisco: un paese civile porta a processo i responsabili, è la giustizia che deciderà che cosa dovrà essere fatto. Non è Giletti che deve lavorare insieme ai colleghi giornalisti per stabilire la verità, per tentare di capire come sono andate le cose. È un compito che deve portare a termine la magistratura. Solo la verità può risarcire chi ha perso tutto».
A proposito delle polemiche sul diritto di cronaca scatenate dalle nostre rivelazioni. Che cosa pensa?
«Il nostro è un compito che spesso si scontra con il dolore, quindi bisogna sempre avere grande rispetto per chi ha perso qualcuno. Ma cercare la verità non è voler ferire un parente, è un dovere nostro cercare di ricostruire i fatti. Capisco umanamente che possa far male sapere certe cose da un giornalista. Ma in questo caso il Centro è rimasto negli ambiti giusti. Chi doveva dirlo prima, sapendo che una notizia doveva uscire? Noi purtroppo abbiamo un compito ingrato, di non girare la faccia dall’altra parte, ma di raccontare tutte le notizie di interesse pubblico, naturalmente con il rispetto necessario».
Che impressione si è fatto di questa inchiesta?
«Qualche domanda sugli alti vertici dello Stato bisogna porsela, pur nella complessità della gravità della situazione che, in generale, colpiva l’Abruzzo in quelle ore. Se si fa una riunione con il prefetto, è perché il prefetto rappresenta lo Stato. Mi piacerebbe ascoltare la voce del prefetto in questa vicenda».
Ha provato a contattarlo?
«Lo cercammo dopo la tragedia, ma disse che avrebbe parlato solo la protezione civile. Credo che oggi sentire la voce del prefetto sarebbe importante».
Ha citato le stragi storiche italiane di cui non si conosce ancora la verità. Perché?
«Credere nello Stato vuol dire credere nelle sentenze e nella certezza della giustizia. Se si perde anche questa occasione per far chiarezza in tempi rapidi, vuol dire che siamo un Paese che ancora una volta si allontana da quelli che sono i livelli minimi di uno Stato civile».
In trasmissione è stata proposta la telefonata della funzionaria che non crede alle richieste di aiuto. Matrone, uno dei sopravvissuti, si è risentito.
«Matrone chiede dov’è questa funzionaria. Sarebbe interessante saperlo, anche se non si deve aprire la caccia alle streghe. Ma se una persona occupa un ruolo dev’essere responsabile fino in fondo. Vorrei sapere dov’è, e se mai si è giustificata. Se ha chiesto scusa, anche per i toni. Mi fa rabbia sentir dire da un funzionario della Prefettura che la madre degli imbecilli è sempre incinta. Un po’ di mea culpa, via. Mi dà fastidio sentir dire da tutti, “rifaremmo le stesse cose”. Una presa di coscienza, un più sano “ho sbagliato”, sarebbe più giusto e opportuno». (s.d.l.)
Sono passati più di tre mesi dalla valanga che ha ucciso 29 persone. Che cosa si aspetta a questo punto?
«Vorrei fuori tutta la verità su Rigopiano. Questo è un Paese dove non sappiamo ancora le verità di mille stragi storiche, da Ustica a Bologna, la verità è sempre strana. Confido molto nel procuratore di Pescara Tedeschini, perché vada avanti senza guardare in faccia nessuno. Però ribadisco: un paese civile porta a processo i responsabili, è la giustizia che deciderà che cosa dovrà essere fatto. Non è Giletti che deve lavorare insieme ai colleghi giornalisti per stabilire la verità, per tentare di capire come sono andate le cose. È un compito che deve portare a termine la magistratura. Solo la verità può risarcire chi ha perso tutto».
A proposito delle polemiche sul diritto di cronaca scatenate dalle nostre rivelazioni. Che cosa pensa?
«Il nostro è un compito che spesso si scontra con il dolore, quindi bisogna sempre avere grande rispetto per chi ha perso qualcuno. Ma cercare la verità non è voler ferire un parente, è un dovere nostro cercare di ricostruire i fatti. Capisco umanamente che possa far male sapere certe cose da un giornalista. Ma in questo caso il Centro è rimasto negli ambiti giusti. Chi doveva dirlo prima, sapendo che una notizia doveva uscire? Noi purtroppo abbiamo un compito ingrato, di non girare la faccia dall’altra parte, ma di raccontare tutte le notizie di interesse pubblico, naturalmente con il rispetto necessario».
Che impressione si è fatto di questa inchiesta?
«Qualche domanda sugli alti vertici dello Stato bisogna porsela, pur nella complessità della gravità della situazione che, in generale, colpiva l’Abruzzo in quelle ore. Se si fa una riunione con il prefetto, è perché il prefetto rappresenta lo Stato. Mi piacerebbe ascoltare la voce del prefetto in questa vicenda».
Ha provato a contattarlo?
«Lo cercammo dopo la tragedia, ma disse che avrebbe parlato solo la protezione civile. Credo che oggi sentire la voce del prefetto sarebbe importante».
Ha citato le stragi storiche italiane di cui non si conosce ancora la verità. Perché?
«Credere nello Stato vuol dire credere nelle sentenze e nella certezza della giustizia. Se si perde anche questa occasione per far chiarezza in tempi rapidi, vuol dire che siamo un Paese che ancora una volta si allontana da quelli che sono i livelli minimi di uno Stato civile».
In trasmissione è stata proposta la telefonata della funzionaria che non crede alle richieste di aiuto. Matrone, uno dei sopravvissuti, si è risentito.
«Matrone chiede dov’è questa funzionaria. Sarebbe interessante saperlo, anche se non si deve aprire la caccia alle streghe. Ma se una persona occupa un ruolo dev’essere responsabile fino in fondo. Vorrei sapere dov’è, e se mai si è giustificata. Se ha chiesto scusa, anche per i toni. Mi fa rabbia sentir dire da un funzionario della Prefettura che la madre degli imbecilli è sempre incinta. Un po’ di mea culpa, via. Mi dà fastidio sentir dire da tutti, “rifaremmo le stesse cose”. Una presa di coscienza, un più sano “ho sbagliato”, sarebbe più giusto e opportuno». (s.d.l.)