Alloggi popolari Pescara, canoni triplicati dall'Imu
Costanzi (Ater): con la nuova tassa sulla casa l'ente è a rischio tracollo
PESCARA. Rischiano di triplicare, i canoni dell'Ater. Colpa dell'Imu (imposta municipale unica), la nuova tassa sulla casa da pagare entro il 16 giugno, che il governo Monti ha inserito nel decreto Salva Italia. A differenza della vecchia Ici, l'Imu ricade infatti anche sul patrimonio residenziale pubblico.
CANONI TRIPLICATI. Una vera mazzata per l'Ater pescarese che, in qualità di proprietario degli immobili, rischia di dover pagare fino a un milione 707mila euro e, con questo, anche il definitivo tracollo. «A meno che», afferma allarmato il commissario dell'ente Paolo Costanzi, «il governo non ci ripensi. Perchè altrimenti, per noi l'unica alternativa al dissesto è l'aumento dei canoni del 70 per cento». Una mazzata, dunque, anche per le 4.500 famiglie che attualmente occupano gli altrettanti alloggi popolari dell'Ater (l'80 per cento a Pescara e il 20 in provincia) pagando un canone mensile medio di 48 euro, che scende a 14 euro per le fasce meno abbienti (circa 2000 locatari). Per loro, se entro giugno non si troveranno soluzioni, i canoni lieviterebbero a 116 e 34 euro: un'enormità.
«Sarebbe socialmente improponibile», dice l'amministratore unico Costanzi che in questi tre anni di commissariamento è riuscito a portare l'ente da un passivo di 500mila euro fino al pareggio di bilancio. «Per arrivarci abbiamo tagliato tutto il tagliabile ed è ancora un equilibrio molto fragile considerando che i nostri unici ricavi arrivano dai canoni, cifre medie che vanno dai 14 ai 48 euro e che a fatica ci consentono di gestire l'equilibrio economico dell'ente».
4.500 ALLOGGI. Numeri alla mano, Costanzi fa subito i conti: «Per la manutenzione di 4.500 alloggi quest'anno abbiamo 892mila euro, una media di 198 euro per ogni alloggio a fronte dei novemila euro in media, ma si è arrivati anche a 45mila, che spendiamo per ristrutturare gli alloggi recuperati dalle occupazioni abusive».
Una somma, quella di 892mila euro, ottenuta dai 55mila euro di fondi ordinari, più l'80 per cento del milione di euro e poco più ricavato dagli alloggi riscattati dagli assegnatari nel 2011. «A parte che questa è un'entrata in diminuzione», sottolinea Costanzi, «perchè gli acquisti stanno precipitando, ma comunque non può essere la soluzione, perchè sta portando a un impoverimento del nostro patrimonio senza la possibilità di accrescerlo con nuovi immobili. E tutto», fa notare il commissario dell'Ater, «senza neanche riuscire a intervenire come si dovrebbe sull'attuale patrimonio, vetusto e spesso danneggiato, considerando», va avanti, «che una ricognizione tecnica dell'intero patrimonio edilizio ha stimato che per il recupero del patrimonio vetusto ci vorrebbero 85milioni di euro».
È in questo equilibrio precario, dove i due terzi dei 4.500 alloggi sono stati realizzati tra il 1935 e il 1980, e dove le lamentele e i disagi degli inquilini sono all'ordine del giorno che, devastante, arriva l'Imu.
RISCHIO TRACOLLO. L'imposta introdotta con la riforma del federalismo fiscale dal governo Berlusconi, e che il governo Monti ha anticipato con il decreto Salva Italia, avrà un peso variabile a seconda dei Comuni. La nuova tassa che sostituisce sia l'Irpef sui redditi fondiari delle seconde case, sia l'Ici per le prime case, varierà a seconda delle aliquote fissate da ciascun Comune.
Ma se in passato gli alloggi popolari erano esentati dal pagamento dell'Ici, adesso si vedranno applicata l'aliquota Imu prevista per le seconde case, vale a dire lo 0,76 per cento, con la detrazione di 200 euro per alloggio. Tenendo conto che, come detto, i Comuni possono modificare in aumento o in diminuzione questa aliquota fino a 0,3 punti percentuali, ecco quello che l'Ater pescarese, con il direttore Giuseppina Di Tella, ha calcolato di di dover pagare: da un massimo di 1.707.811 euro (aliquota allo 0,76 per cento) a un minimo di 772.332 euro.
«In questa situazione», dice Costanzi senza mezzi termini, «le prospettive sono due, o il dissesto dell'Ater o un aumento consistente dei canoni di circa il 70 per cento. A meno che non intervenga il governo».
LA SOLUZIONE. «Fino a una settimana fa», riferisce, «c'era quasi la certezza che avrebbero emendato la legge. In realtà la norma è uscita definitivamente dal Senato la settimana scorsa e ora a giugno ci troveremo a dover pagare i primi 800mila euro che non abbiamo, e che ci porterebbero al default più totale». E allora?
«L'assessore regionale conosce la vicenda, tutte le regioni si sono già spese. La verità è che solo il governo può risolvere la questione intervenendo sulla norma e prevedendo le esenzioni per gli istituti autonomi e similari. Quantomeno», chiede l'amministratore dell'ente, «per gli alloggi dove c'è il canone sociale di 14 euro destinato alle fasce più basse. Perchè chiedere ai Comuni di non applicare l'aliquota della seconda casa mi sembra impossibile, significherebbe escludere insieme agli alloggi popolari tutte le seconde case, a meno che non intervenga la stessa legge. Di fatto», conclude, «per noi è un problema di sopravvivenza e non di diminuzione delle risorse, come può essere per enti del nord in cui il canone medio è di 110, 130 euro: niente a che vedere con i nostri da 14 o 48 euro».
CANONI TRIPLICATI. Una vera mazzata per l'Ater pescarese che, in qualità di proprietario degli immobili, rischia di dover pagare fino a un milione 707mila euro e, con questo, anche il definitivo tracollo. «A meno che», afferma allarmato il commissario dell'ente Paolo Costanzi, «il governo non ci ripensi. Perchè altrimenti, per noi l'unica alternativa al dissesto è l'aumento dei canoni del 70 per cento». Una mazzata, dunque, anche per le 4.500 famiglie che attualmente occupano gli altrettanti alloggi popolari dell'Ater (l'80 per cento a Pescara e il 20 in provincia) pagando un canone mensile medio di 48 euro, che scende a 14 euro per le fasce meno abbienti (circa 2000 locatari). Per loro, se entro giugno non si troveranno soluzioni, i canoni lieviterebbero a 116 e 34 euro: un'enormità.
«Sarebbe socialmente improponibile», dice l'amministratore unico Costanzi che in questi tre anni di commissariamento è riuscito a portare l'ente da un passivo di 500mila euro fino al pareggio di bilancio. «Per arrivarci abbiamo tagliato tutto il tagliabile ed è ancora un equilibrio molto fragile considerando che i nostri unici ricavi arrivano dai canoni, cifre medie che vanno dai 14 ai 48 euro e che a fatica ci consentono di gestire l'equilibrio economico dell'ente».
4.500 ALLOGGI. Numeri alla mano, Costanzi fa subito i conti: «Per la manutenzione di 4.500 alloggi quest'anno abbiamo 892mila euro, una media di 198 euro per ogni alloggio a fronte dei novemila euro in media, ma si è arrivati anche a 45mila, che spendiamo per ristrutturare gli alloggi recuperati dalle occupazioni abusive».
Una somma, quella di 892mila euro, ottenuta dai 55mila euro di fondi ordinari, più l'80 per cento del milione di euro e poco più ricavato dagli alloggi riscattati dagli assegnatari nel 2011. «A parte che questa è un'entrata in diminuzione», sottolinea Costanzi, «perchè gli acquisti stanno precipitando, ma comunque non può essere la soluzione, perchè sta portando a un impoverimento del nostro patrimonio senza la possibilità di accrescerlo con nuovi immobili. E tutto», fa notare il commissario dell'Ater, «senza neanche riuscire a intervenire come si dovrebbe sull'attuale patrimonio, vetusto e spesso danneggiato, considerando», va avanti, «che una ricognizione tecnica dell'intero patrimonio edilizio ha stimato che per il recupero del patrimonio vetusto ci vorrebbero 85milioni di euro».
È in questo equilibrio precario, dove i due terzi dei 4.500 alloggi sono stati realizzati tra il 1935 e il 1980, e dove le lamentele e i disagi degli inquilini sono all'ordine del giorno che, devastante, arriva l'Imu.
RISCHIO TRACOLLO. L'imposta introdotta con la riforma del federalismo fiscale dal governo Berlusconi, e che il governo Monti ha anticipato con il decreto Salva Italia, avrà un peso variabile a seconda dei Comuni. La nuova tassa che sostituisce sia l'Irpef sui redditi fondiari delle seconde case, sia l'Ici per le prime case, varierà a seconda delle aliquote fissate da ciascun Comune.
Ma se in passato gli alloggi popolari erano esentati dal pagamento dell'Ici, adesso si vedranno applicata l'aliquota Imu prevista per le seconde case, vale a dire lo 0,76 per cento, con la detrazione di 200 euro per alloggio. Tenendo conto che, come detto, i Comuni possono modificare in aumento o in diminuzione questa aliquota fino a 0,3 punti percentuali, ecco quello che l'Ater pescarese, con il direttore Giuseppina Di Tella, ha calcolato di di dover pagare: da un massimo di 1.707.811 euro (aliquota allo 0,76 per cento) a un minimo di 772.332 euro.
«In questa situazione», dice Costanzi senza mezzi termini, «le prospettive sono due, o il dissesto dell'Ater o un aumento consistente dei canoni di circa il 70 per cento. A meno che non intervenga il governo».
LA SOLUZIONE. «Fino a una settimana fa», riferisce, «c'era quasi la certezza che avrebbero emendato la legge. In realtà la norma è uscita definitivamente dal Senato la settimana scorsa e ora a giugno ci troveremo a dover pagare i primi 800mila euro che non abbiamo, e che ci porterebbero al default più totale». E allora?
«L'assessore regionale conosce la vicenda, tutte le regioni si sono già spese. La verità è che solo il governo può risolvere la questione intervenendo sulla norma e prevedendo le esenzioni per gli istituti autonomi e similari. Quantomeno», chiede l'amministratore dell'ente, «per gli alloggi dove c'è il canone sociale di 14 euro destinato alle fasce più basse. Perchè chiedere ai Comuni di non applicare l'aliquota della seconda casa mi sembra impossibile, significherebbe escludere insieme agli alloggi popolari tutte le seconde case, a meno che non intervenga la stessa legge. Di fatto», conclude, «per noi è un problema di sopravvivenza e non di diminuzione delle risorse, come può essere per enti del nord in cui il canone medio è di 110, 130 euro: niente a che vedere con i nostri da 14 o 48 euro».
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