L'intervista
Anche Pertini e Gassman nello chalet dei vip
Enzo Camplone, l'ultimo titolare di Guerino, racconta gli anni d'oro: "Totò arrivò su una Cadillac nera e strinse le mani a mezza Pescara"
PESCARA. Enzo Camplone, quando e come nacque Guerino?
"Nel 1967 il locale si chiamava Il Gabbiano. Era di proprietà dell'ingegner Pazienza, con mio fratello Dino (scomparso nel 1994), lo rilevammo, lo ristrutturammo e lo intitolammo a nostro padre Guerino, deceduto il 29 giugno 1960. Venivamo dall'esperienza dello Spizzico, la trattoria di papà in corso Manthonè attiva dal 1941. La mia famiglia era originaria di Porta Nuova; abitavamo vicino alla cattedrale di San Cetteo. Non avrei mai venduto, ma dopo la morte di Dino è stata dura. Mi aiutava mia moglie Isa Cafarelli, le mie figlie Simona e Sabrina hanno scelto altre strade: avvocato la prima, psicoterapeuta la seconda. Non si poteva andare avanti. Sono addoloratissimo, è stata una creatura tirata su con tanti sforzi che ha ottenuto tantissimi riconoscimenti e citazioni nella "Cattedrale e templi della cucina italiana" di Giorgio Re. Ora vederla in quello stato mi procura un dolore enorme. Ho persino creduto alle parole di chi acquistava, il quale mi prometteva che sarebbe diventato il locale più bello dell'Adriatico. Invece, guardate come è ridotto".
Nel suo locale sono passati i nomi più importanti del jet set che lei documenta nel suo Albo d'oro, il librone degli autografi collezionati dal 1951 al 2004. Ci racconta qualche aneddoto?
"Tornavano e ritornavano, prima allo Spizzico e poi da Guerino. Papà ci insegnò a scegliere il pesce migliore, purtroppo anche costosi, storioni, dentici, orate, aragoste. Mia madre, Anna, deliziava i loro palati. Tra i fornelli, in cucina, lavorava sempre con un filo di perle al collo. Gli anni Cinquanta e Sessanta sono stati l'epoca d'oro. Totò arrivò in Cadillac nera con l'autista che indossava i guanti bianchi. Una folla di gente si radunò intorno a lui. Quando, dopo molto tempo, riuscì a entrare al ristorante disse a mio padre: fatemi lavare le mani che le ho date a mezza Pescara. Walter Chiari era un giocherellone, allo Spizzico arrivò in carrozza trainata da cavalli. Una volta si infuriò con la soubrette Marisa Maresca, sua compagna, perché lei osò spalmare la maionese sugli scamponi. Alberto Lupo era molto fascinoso, un gran signore. Vittorio Gassman ci colpì perché era altissimo, un viso bellissimo, quel giorno indossava una camicia di lino bianco. Si commosse quando rilesse il suo autografo scritto insieme alla compagna Annamaria Ferrero.
Elegantissimo era anche il principe Alberto di Monaco che venne accompagnato da Renato Pozzetto e Adriano Panatta dopo la gara di off shore organizzata da Gilberto Ferri. Il presidente Sandro Pertini fece sbellicare la sala quando, dopo aver degustato risotto e scamponi, si alzò e disse: “Ora vado a cambiare l'acqua al cardellino". Un giorno si incontrarono lui e l'attore Lando Buzzanca. "Che ci fai qui? gli chiese il presidente. E Buzzanca: "Sto recitando a Lanciano, ma Guerino è una tappa obbligata". E poi ancora, nostri clienti affezionati sono stati l'avvocato Umberto Agnelli, i Barilla, i De Cecco da cui acquistavamo la pasta, i Monti, Dante Marramiero, i Pozzolini".
Com'era Pescara all'epoca?
"Era una Pescara elegante, non come oggi, così eterogenea. Eravamo tutti una grande famiglia, ci conoscevamo e ci stimavamo. Gli altri ristoranti in voga erano il Leon d'Oro e Cetrullo".
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