PESCARA / STOP A 45 ASSUNZIONI
Annullato il concorso per vigili urbani
Il Tar accoglie il ricorso di nove esclusi: «I candidati erano riconoscibili, si ripetano gli esami con una commissione diversa»
PESCARA. Stop alle assunzioni di nuovi vigili urbani. Il concorso, bandito dal Comune e concluso da due mesi, è da ripetere da capo. Lo ha stabilito il Tar accogliendo il ricorso presentato da nove candidati esclusi. I giudici del tribunale amministrativo hanno emesso un’ordinanza con cui impongono all’ente di ripetere gli esami, avviati ad ottobre subito dopo una preselezione che rimane comunque valida.
Una pessima notizia per l’amministrazione comunale che contava di procedere all’assunzione, entro quest’anno di ben 45 nuovi vigili urbani, di cui 15 entro il mese di aprile e altri 30 dopo l’estate, utilizzando la stessa graduatoria con 45 ammessi stilata al termine di tutti gli esami del concorso. Invece, ora si deve ricominciare da zero. A meno che l’amministrazione non decida di ricorrere in appello al Consiglio di Stato.
Intanto i nove candidati esclusi, difesi dagli avvocati Cesidio Buccilli e Marcello Angelo Di Iorio, cantano vittoria. Si tratta di Nicolina Barbara Di Sario, Silvia Cellucci, Lorenzo D’Intino, Vera Fante, Cinzia Gattone, Manuel De Simone, Mohenjo Delfino, Stefano Narciso, Sabatino Lamama.
I nove aspiranti vigili hanno deciso di rivolgersi al Tar segnalando delle irregolarità nel concorso. Il Comune, rappresentato dagli avvocati Paola Di Marco e Fabrizio Paolini, si è opposto in giudizio. Ma il tribunale ha dato ragione ai ricorrenti, soprattutto su un punto: la violazione dell’anonimato dei candidati.
«Nel caso di specie», spiegano i giudici nell’ordinanza che, di fatto, azzera il concorso, pur rimandando a un’ulteriore trattazione la questione nell’udienza già fissata per il 26 febbraio 2021, «ciascun compito è stato contrassegnato durante la prova per mezzo di un codice numerico di massimo quattro cifre riportato sotto ciascun codice a barre (della cui apposizione sui fogli prima delle prove sono stati incaricati i candidati stessi) e quindi facilmente memorizzabile da ciascun commissario o candidato». «In tal modo», si legge nell’ordinanza, «è come se fosse stato scritto il nome e cognome del candidato su ciascun compito (o comunque se si fosse consentito di apporvi un segno di riconoscimento chiaro e univoco), atteso che tale abbinamento poteva essere rilevato e memorizzato direttamente dai commissari passando tra i banchi durante la prova o, in modo illecito, a seguito di comunicazione successiva da parte dei candidati». In questo modo, a detta dei giudici, sarebbe stato violato l’anonimato dei candidati, alcuni dei quali agenti a tempo determinato, da parte della commissione presieduta, tra l’altro, dall’ex comandante dei vigili urbani Carlo Maggitti.
«Peraltro», prosegue l’ordinanza, «le ragioni addotte dall’amministrazione circa la necessità di usare un codice numerico sotto il codice a barre per il caso di malfunzionamenti da parte del sistema informatico, appare del tutto irragionevole, da un lato, perché a seguire tale ragionamento sarebbe del tutto superflua la previsione del codice a barre e quindi la spesa relativa a tale servizio (vista l’autosufficienza dei codici numerici apposti, al fine dell’abbinamento tra compiti e schede anagrafiche); dall’altro perché si sarebbe potuto scegliere un secondo codice informatico a barre, Qr code, o altri sistemi di abbinamento non così facilmente memorizzabili. Tale pericolo appare ancora più caratterizzato essendo presenti alcuni candidati interni e quindi essendo non remota la possibilità di conoscenza diretta da parte di membri della commissione».
«Il Tar», conclude dunque l’ordinanza, «accoglie l’istanza cautelare e per effetto sospende l’efficacia della prova scritta e di tutte le fasi concorsuali a valle, e dispone l’obbligo dell’amministrazione di ripetere la prova scritta in questione, con una commissione in diversa composizione da estrarre a sorte fra tutto il personale con adeguata qualifica presente nel Comune, utilizzando poi le cautele per prevenire il riconoscimento degli elaborati».
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Una pessima notizia per l’amministrazione comunale che contava di procedere all’assunzione, entro quest’anno di ben 45 nuovi vigili urbani, di cui 15 entro il mese di aprile e altri 30 dopo l’estate, utilizzando la stessa graduatoria con 45 ammessi stilata al termine di tutti gli esami del concorso. Invece, ora si deve ricominciare da zero. A meno che l’amministrazione non decida di ricorrere in appello al Consiglio di Stato.
Intanto i nove candidati esclusi, difesi dagli avvocati Cesidio Buccilli e Marcello Angelo Di Iorio, cantano vittoria. Si tratta di Nicolina Barbara Di Sario, Silvia Cellucci, Lorenzo D’Intino, Vera Fante, Cinzia Gattone, Manuel De Simone, Mohenjo Delfino, Stefano Narciso, Sabatino Lamama.
I nove aspiranti vigili hanno deciso di rivolgersi al Tar segnalando delle irregolarità nel concorso. Il Comune, rappresentato dagli avvocati Paola Di Marco e Fabrizio Paolini, si è opposto in giudizio. Ma il tribunale ha dato ragione ai ricorrenti, soprattutto su un punto: la violazione dell’anonimato dei candidati.
«Nel caso di specie», spiegano i giudici nell’ordinanza che, di fatto, azzera il concorso, pur rimandando a un’ulteriore trattazione la questione nell’udienza già fissata per il 26 febbraio 2021, «ciascun compito è stato contrassegnato durante la prova per mezzo di un codice numerico di massimo quattro cifre riportato sotto ciascun codice a barre (della cui apposizione sui fogli prima delle prove sono stati incaricati i candidati stessi) e quindi facilmente memorizzabile da ciascun commissario o candidato». «In tal modo», si legge nell’ordinanza, «è come se fosse stato scritto il nome e cognome del candidato su ciascun compito (o comunque se si fosse consentito di apporvi un segno di riconoscimento chiaro e univoco), atteso che tale abbinamento poteva essere rilevato e memorizzato direttamente dai commissari passando tra i banchi durante la prova o, in modo illecito, a seguito di comunicazione successiva da parte dei candidati». In questo modo, a detta dei giudici, sarebbe stato violato l’anonimato dei candidati, alcuni dei quali agenti a tempo determinato, da parte della commissione presieduta, tra l’altro, dall’ex comandante dei vigili urbani Carlo Maggitti.
«Peraltro», prosegue l’ordinanza, «le ragioni addotte dall’amministrazione circa la necessità di usare un codice numerico sotto il codice a barre per il caso di malfunzionamenti da parte del sistema informatico, appare del tutto irragionevole, da un lato, perché a seguire tale ragionamento sarebbe del tutto superflua la previsione del codice a barre e quindi la spesa relativa a tale servizio (vista l’autosufficienza dei codici numerici apposti, al fine dell’abbinamento tra compiti e schede anagrafiche); dall’altro perché si sarebbe potuto scegliere un secondo codice informatico a barre, Qr code, o altri sistemi di abbinamento non così facilmente memorizzabili. Tale pericolo appare ancora più caratterizzato essendo presenti alcuni candidati interni e quindi essendo non remota la possibilità di conoscenza diretta da parte di membri della commissione».
«Il Tar», conclude dunque l’ordinanza, «accoglie l’istanza cautelare e per effetto sospende l’efficacia della prova scritta e di tutte le fasi concorsuali a valle, e dispone l’obbligo dell’amministrazione di ripetere la prova scritta in questione, con una commissione in diversa composizione da estrarre a sorte fra tutto il personale con adeguata qualifica presente nel Comune, utilizzando poi le cautele per prevenire il riconoscimento degli elaborati».
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