Arta: porto, sprecati fondi pubblici le analisi erano inutili
Solo una minima parte dei fanghi usata per il ripascimento Amicone: «Il dragaggio potrebbe cominciare subito»
PESCARA. Solo una piccolissima parte dei materiali del porto sarà destinata al ripascimento: 5mila metri cubi su un appalto complessivo di 200mila. Lo certificano le ultime analisi dell'Arta, l'agenzia regionale per la tutela ambientale, che smentiscono così una volta per tutte le ipotesi e le dichiarazioni avallate nei mesi scorsi dal sottosegretario alle Infrastrutture Guido Improta, dai rappresentanti del provveditorato alle opere pubbliche e della ditta vincitrice della gara. «Finora è stato solo perso del tempo e sono stati sperperati i soldi pubblici», tuona il direttore generale Mario Amicone, «tutte queste analisi che abbiamo effettuato nei mesi scorsi non servivano a niente. Secondo noi il dragaggio del porto potrebbe partire anche subito».
Poche parole, ma che hanno l'effetto dirompente di una mazzata tra capo e collo per i marinai che da oltre 420 giorni attendono la riapertura dello scalo e il ritorno in mare in piena sicurezza, oltre all’erogazione degli arretrati per la cassa integrazione guadagni. Amicone butta fuori i dubbi e le perplessità tutto d'un fiato. E lo fa nell'incontro di ieri mattina nella sede dell'Arta, di fronte al direttore tecnico Giovanni Damiani, al dirigente chimico Emanuela Scamosci, ai rappresentanti della marineria Mimmo Grosso e Giovanni Verzulli e al presidente della Camera di commercio Daniele Becc i. «In questi mesi», si lascia andare Amicone, «ho avuto il sospetto che la Sidra e il provveditorato stessero aspettando un pretesto per non iniziare a scavare. Per quale motivo? Ma perché non sanno dove smaltire i fanghi. Hanno tirato in ballo anche noi, ci hanno accusato di non inviare le analisi per tempo, cosa tra l'altro inesatta».
La relazione preparata dall'Arta per validare i campionamenti effettuati dal 28 gennaio al 9 febbraio scorso dalla ditta Geopolaris, incaricata dalla Sidra, è stata inviata lunedì mattina al provveditore Donato Carlea. In totale sono stati prelevati 129 campioni, 53 nella darsena e nel porto canale e 76 nella cassa di colmata. Il risultato è che solo il 2,5 per cento dei materiali (5mila metri cubi) possono essere usati per il ripascimento. Tutti gli altri non sono pericolosi, ma devono essere necessariamente trattati in appositi impianti, poiché contengono sabbia per il 33 per cento, ma mescolata a pirite. «Dall’8 al 27 marzo», chiarisce Amicone, «Geopolaris e il provveditorato hanno inviato, tramite posta elettronica non certificata, le tabelle riassuntive con i dati analitici del laboratorio di parte, senza i documenti ufficiali. Visto lo stato di emergenza dello scalo, abbiamo lavorato ugualmente per procedere con la validazione». Eppure, nonostante questi sforzi, la conferenza dei servizi del 25 marzo scorso aveva già autorizzato lo stoccaggio dei fanghi nella vasca di colmata opportunamente impermeabilizzata. «Nella cassa», precisa Giovanni Damiani, «ci sono i materiali stoccati 14 anni fa. Rispetto al passato si è notevolmente assottigliata e, in base alle nostre stime, una volta spianata potrebbe contenere altri 100mila metri cubi di fanghi, che devono però essere separati da quelli vecchi». Un’operazione, in sostanza, che può essere realizzata «in non più di tre giorni», creando quindi le condizioni base per l’inizio del dragaggio. «Ma per fare tutto questo», conclude Damiani, «non c’era bisogno di effettuare nuovamente le analisi, anzi il dragaggio sarebbe potuto inziare già tra ottobre e novembre».
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