«Asse attrezzato, ponte a rischio crollo»
Il prefetto di Chieti convoca d’urgenza Anas, due Province, Comuni e Consorzio industriale per il cavalcavia della vergogna
CHIETI. Non si tratta di gridare al lupo, al lupo e fare allarmismo perché il cavalcavia interdetto da sei anni, con due cubi di cemento armato, che attraversa l’Asse attrezzato tra Chieti e Pescara all’altezza del casello dell’A14 di Dragonara, è un’opera stradale ad altissimo rischio. È un ponte che rientra nella categoria dell’effetto Genova. Lo dimostrano le carte, di cui il Centro è venuto in possesso, che il prefetto di Chieti, Antonio Corona, ha in mano. Carte che hanno spinto il rappresentante del Governo a convocare d’urgenza, per giovedì prossimo alle 11, una riunione alla quale sono stati invitati Regione, le Province di Chieti e Pescara, i Comuni di San Giovanni Teatino e Chieti, il capo compartimento Anas per l’Abruzzo e il Consorzio industriale Chieti-Pescara.
LA FRASE CHOC. È quella che si legge nell’ultimo documento di cui siamo venuti in possesso datato 17 gennaio di quest’anno. «Il cavalcavia non è mai stato collaudato. Sono state commissionate dal Consorzio tre perizie, nel 1999, nel 2003 e nel 2012, le quali hanno sempre attestato la pericolosità del manufatto a rischio crollo». Così Camillo D’Angelo, presidente del Collegio dei liquidatori del Consorzio industriale Val Pescara, ha scritto all’Anas, area compartimentale Abruzzo. Senza però ottenere finora alcuna risposta ufficiale. Ma facciamo un passo indietro nel tempo.
RICHIESTA DI AIUTO. L’11 aprile del 2017 D’Angelo, da poco insediatosi al Consorzio, scrive la prima lettera all’Anas chiedendo aiuto per il cavalcavia pericoloso. Lo fa per due motivi. Il primo è riferito all’incolumità di decine di migliaia di automobilisti che transitano sull’Asse attrezzato di proprietà dell’Anas; il secondo è legato alla mancanza di risorse del Consorzio industriale che, pur essendo proprietario dell’infrastruttura, non ha risorse sufficienti per metterla in sicurezza. Sono 19 i cavalcavia che attraversano la principale strada dell’area metropolitana. Tutti, tranne uno, sono dell’Anas. E quell’uno è a forte rischio.
Il Centro lo ha denunciato con diversi articoli, l’ultimo dei quali subito dopo il crollo di Genova. Gli articoli sono citati nella documentazione inviata al prefetto di Chieti. Ma nel 2017, dopo quella prima lettera, il Consorzio è stato costretto a inviarne una seconda, visto il silenzio dell’Anas.
ASSE DA CHIUDERE. Il 13 dicembre del 2017, D’Angelo ripropone la richiesta fatta nove mesi prima. Questa volta ci va giù duro e scrive: «È superfluo sottolineare che eventuali segnalazioni di pericolo reale alla viabilità sottostante comporteranno, da parte dell’Ente, la richiesta al prefetto e all’Autorità giudiziaria, di chiudere la viabilità sottostante tra i due svincoli che interferiscono con il cavalcavia in oggetto».
La possibilità della chiusura di un tratto dell’Asse attrezzato spinge a questo punto l’Anas rispondere. Lo fa il 22 dicembre del 2017.
L’ANAS INTERVIENE. «Constatata la gravità della situazione paventata dal Consorzio, questa Anas interverrà senza ulteriore indugio e preavviso, attraverso una propria impresa». È una presa d’atto alla quale il Consorzio replica il 17 gennaio di quest’anno ricordando, come si diceva all’inizio, che il cavalcavia non è mai stato collaudato, e chiedendo un incontro per «fare il punto della situazione e decidere se i lavori effettuati consentono la riapertura al traffico del cavalcavia».
Alcuni lavori sarebbero poi stati fatti. Ma nulla è stato comunicato al Consorzio, così come l’invito ad un incontro è rimasto senza risposta.
LA SPADA DI DAMOCLE. Lavori fatti oppure non fatti, nessuno oggi ha il coraggio di assumersi le responsabilità. Il cavalcavia della vergogna, fuorilegge da vent’anni, resta così senza collaudo e sottoposto all’ordinanza di chiusura. Una spada di Damocle in tempi in cui i ponti crollano e fanno decine di vittime.
LA FRASE CHOC. È quella che si legge nell’ultimo documento di cui siamo venuti in possesso datato 17 gennaio di quest’anno. «Il cavalcavia non è mai stato collaudato. Sono state commissionate dal Consorzio tre perizie, nel 1999, nel 2003 e nel 2012, le quali hanno sempre attestato la pericolosità del manufatto a rischio crollo». Così Camillo D’Angelo, presidente del Collegio dei liquidatori del Consorzio industriale Val Pescara, ha scritto all’Anas, area compartimentale Abruzzo. Senza però ottenere finora alcuna risposta ufficiale. Ma facciamo un passo indietro nel tempo.
RICHIESTA DI AIUTO. L’11 aprile del 2017 D’Angelo, da poco insediatosi al Consorzio, scrive la prima lettera all’Anas chiedendo aiuto per il cavalcavia pericoloso. Lo fa per due motivi. Il primo è riferito all’incolumità di decine di migliaia di automobilisti che transitano sull’Asse attrezzato di proprietà dell’Anas; il secondo è legato alla mancanza di risorse del Consorzio industriale che, pur essendo proprietario dell’infrastruttura, non ha risorse sufficienti per metterla in sicurezza. Sono 19 i cavalcavia che attraversano la principale strada dell’area metropolitana. Tutti, tranne uno, sono dell’Anas. E quell’uno è a forte rischio.
Il Centro lo ha denunciato con diversi articoli, l’ultimo dei quali subito dopo il crollo di Genova. Gli articoli sono citati nella documentazione inviata al prefetto di Chieti. Ma nel 2017, dopo quella prima lettera, il Consorzio è stato costretto a inviarne una seconda, visto il silenzio dell’Anas.
ASSE DA CHIUDERE. Il 13 dicembre del 2017, D’Angelo ripropone la richiesta fatta nove mesi prima. Questa volta ci va giù duro e scrive: «È superfluo sottolineare che eventuali segnalazioni di pericolo reale alla viabilità sottostante comporteranno, da parte dell’Ente, la richiesta al prefetto e all’Autorità giudiziaria, di chiudere la viabilità sottostante tra i due svincoli che interferiscono con il cavalcavia in oggetto».
La possibilità della chiusura di un tratto dell’Asse attrezzato spinge a questo punto l’Anas rispondere. Lo fa il 22 dicembre del 2017.
L’ANAS INTERVIENE. «Constatata la gravità della situazione paventata dal Consorzio, questa Anas interverrà senza ulteriore indugio e preavviso, attraverso una propria impresa». È una presa d’atto alla quale il Consorzio replica il 17 gennaio di quest’anno ricordando, come si diceva all’inizio, che il cavalcavia non è mai stato collaudato, e chiedendo un incontro per «fare il punto della situazione e decidere se i lavori effettuati consentono la riapertura al traffico del cavalcavia».
Alcuni lavori sarebbero poi stati fatti. Ma nulla è stato comunicato al Consorzio, così come l’invito ad un incontro è rimasto senza risposta.
LA SPADA DI DAMOCLE. Lavori fatti oppure non fatti, nessuno oggi ha il coraggio di assumersi le responsabilità. Il cavalcavia della vergogna, fuorilegge da vent’anni, resta così senza collaudo e sottoposto all’ordinanza di chiusura. Una spada di Damocle in tempi in cui i ponti crollano e fanno decine di vittime.