Assenteismo, 7 indagati sfilano davanti al giudice
Domani l’interrogatorio di garanzia dei dipendenti di Provincia e Ambiente sospesi per 6 mesi dal lavoro dopo essere stati filmati e fotografati dai carabinieri
PESCARA. Sfileranno domani davanti al gip Nicola Colantonio per l'interrogatorio di garanzia i sette dipendenti della società Provincia e Ambiente sospesi per sei mesi dal lavoro con un'ordinanza cautelare per assenteismo.
Interessati dal provvedimento del giudice sono il direttore della struttura, Pietro Zallocco, e i dipendenti Romina Nazari, Paride Chiulli, Biagio Di Tillio, Alberto Malito, Gianluca Pretara e Angelo Bucci, accusati a vario titolo di truffa aggravata, peculato e falso.
Se decideranno di rispondere alle domande del gip, dovranno spiegare la loro posizione e soprattutto contestare le accuse confezionate dal pm Andrea Papalia, che per questa indagine, durata circa sei mesi (dall'agosto del 2017 a gennaio scorso), si è avvalso del lavoro dei carabinieri di Pescara Scalo del comandante Mingolla, che hanno tenuto sotto controllo tutti i dipendenti (in totale gli indagati sono 17 su 21 dipendenti di Provincia e Ambiente).
Li hanno filmati, fotografati, seguiti nelle loro uscite personali durante l'orario di lavoro e controllati anche negli spostamenti con le auto di servizio con il Gps. Il capo di imputazione è composto da 22 pagine dove sono state minuziosamente elencate le timbrature dei badge personali di ognuno degli indagati e gli spostamenti illeciti durante l'orario di servizio.
Secondo l'accusa, i dipendenti indagati avrebbero «tenuto comportamenti illeciti che non hanno avuto connotazione occasionale, ma hanno costituito espressione di un'analitica e approfondita programmazione, ponendo in essere detti comportamenti non solo in un arco rilevante di tempo, ma anche quasi senza soluzione di continuità, arrivando a percepire ingiusti compensi in danno di un ente pubblico territoriale per attività lavorative mai svolte». E qui emerge la figura del direttore che non avrebbe vigilato su questo malcostume estremamente diffuso nella quasi totalità dei dipendenti. Secondo il gip, Zallocco «oltre ad assentarsi personalmente, era pienamente consapevole che i dipendenti erano soliti assentarsi dal posto di lavoro, ma non procedeva alla detrazione delle ore di assenza dai prospetti inviati al consulente del lavoro».
Prospetti che venivano stilati dalla sua stretta collaboratrice Nazari, che peraltro divideva la stanza di lavoro con il direttore, che addirittura veniva autorizzata verbalmente a non utilizzare il badge per registrare le presenze. E poi ci sarebbe anche l'altra circostanza accertata dai carabinieri e cioè che alcuni degli indagati, per evitare di essere notati dalla sorveglianza, uscivano dalla porta secondaria il cui cancello era chiuso e la chiave nella sola disponibilità del direttore. Il reato di peculato è stato contestato soltanto a quei dipendenti che, per ragioni di lavoro, utilizzavano l'auto di servizio per effettuare i controlli termici nei vari Comuni della provincia.
Ma anche in questo caso i militari avrebbero seguito le auto e verificato che spesso i dipendenti si recavano in comuni diversi da quelli indicati nei fogli di servizio, così come sostavano per ore nelle proprie abitazioni: tutto durante l'orario di servizio. Per gli indagati, comunque, i problemi a questo punto non arrivano soltanto dalla procura, ma anche dai vertici della società.
Il presidente Paolo Di Fabio ha già costituito la commissione disciplinare che dovrà esaminare ogni singola posizione e prendere le eventuali decisioni a prescindere da quello che sarà l'iter dell'inchiesta penale. Questo anche per salvaguardare l'azienda e nello stesso tempo assicurare la continuità delle attività.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Interessati dal provvedimento del giudice sono il direttore della struttura, Pietro Zallocco, e i dipendenti Romina Nazari, Paride Chiulli, Biagio Di Tillio, Alberto Malito, Gianluca Pretara e Angelo Bucci, accusati a vario titolo di truffa aggravata, peculato e falso.
Se decideranno di rispondere alle domande del gip, dovranno spiegare la loro posizione e soprattutto contestare le accuse confezionate dal pm Andrea Papalia, che per questa indagine, durata circa sei mesi (dall'agosto del 2017 a gennaio scorso), si è avvalso del lavoro dei carabinieri di Pescara Scalo del comandante Mingolla, che hanno tenuto sotto controllo tutti i dipendenti (in totale gli indagati sono 17 su 21 dipendenti di Provincia e Ambiente).
Li hanno filmati, fotografati, seguiti nelle loro uscite personali durante l'orario di lavoro e controllati anche negli spostamenti con le auto di servizio con il Gps. Il capo di imputazione è composto da 22 pagine dove sono state minuziosamente elencate le timbrature dei badge personali di ognuno degli indagati e gli spostamenti illeciti durante l'orario di servizio.
Secondo l'accusa, i dipendenti indagati avrebbero «tenuto comportamenti illeciti che non hanno avuto connotazione occasionale, ma hanno costituito espressione di un'analitica e approfondita programmazione, ponendo in essere detti comportamenti non solo in un arco rilevante di tempo, ma anche quasi senza soluzione di continuità, arrivando a percepire ingiusti compensi in danno di un ente pubblico territoriale per attività lavorative mai svolte». E qui emerge la figura del direttore che non avrebbe vigilato su questo malcostume estremamente diffuso nella quasi totalità dei dipendenti. Secondo il gip, Zallocco «oltre ad assentarsi personalmente, era pienamente consapevole che i dipendenti erano soliti assentarsi dal posto di lavoro, ma non procedeva alla detrazione delle ore di assenza dai prospetti inviati al consulente del lavoro».
Prospetti che venivano stilati dalla sua stretta collaboratrice Nazari, che peraltro divideva la stanza di lavoro con il direttore, che addirittura veniva autorizzata verbalmente a non utilizzare il badge per registrare le presenze. E poi ci sarebbe anche l'altra circostanza accertata dai carabinieri e cioè che alcuni degli indagati, per evitare di essere notati dalla sorveglianza, uscivano dalla porta secondaria il cui cancello era chiuso e la chiave nella sola disponibilità del direttore. Il reato di peculato è stato contestato soltanto a quei dipendenti che, per ragioni di lavoro, utilizzavano l'auto di servizio per effettuare i controlli termici nei vari Comuni della provincia.
Ma anche in questo caso i militari avrebbero seguito le auto e verificato che spesso i dipendenti si recavano in comuni diversi da quelli indicati nei fogli di servizio, così come sostavano per ore nelle proprie abitazioni: tutto durante l'orario di servizio. Per gli indagati, comunque, i problemi a questo punto non arrivano soltanto dalla procura, ma anche dai vertici della società.
Il presidente Paolo Di Fabio ha già costituito la commissione disciplinare che dovrà esaminare ogni singola posizione e prendere le eventuali decisioni a prescindere da quello che sarà l'iter dell'inchiesta penale. Questo anche per salvaguardare l'azienda e nello stesso tempo assicurare la continuità delle attività.
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