PESCARA
Associazione mafiosa: il capo che dettava ordini dal carcere e le aggressioni ai giornalisti
Nell’ordinanza dei 20 arresti, i ruoli e le motivazioni delle misure cautelari: «Siamo al cospetto di una mafia autoctona che intimidisce per creare omertà»
PESCARA. Sul perché della misura cautelare in carcere per 19 dei venti arrestati, il gip aquilano Marco Billi non ha dubbi nell’affermare che tutte le vicende «rivestono i connotati dell'associazione di tipo mafioso».
E lo spiega dettagliatamente nelle motivazioni della misura, analizzando anche ogni singola figura. «La realizzazione di fatti di sangue molto gravi (omicidi e tentati omicidi), di estorsioni e pestaggi nei confronti di tossicodipendenti che hanno reso dichiarazioni sfavorevoli per qualche indagato, di spedizioni punitive poste in essere anche in carcere nei confronti di altri detenuti non collaborativi per consentire l’ingresso di sostanze stupefacenti, la realizzazione di gravi condotte intimidatorie nei confronti di testimoni oculari dei delitti compiuti da sodali, rende evidente che non siamo al cospetto di una mafia silente, ma di una mafia autoctona che si avvale sistematicamente della forza intimidatrice del vincolo associativo per ingenerare un clima di totale omertà e di assoluto assoggettamento, strumentale per la commissione sistematica di una serie di delitti».
IL CAPO INDISCUSSO Il giudice passa in rassegna anche i personaggi chiave di questa «organizzazione» rom, partendo dal «capo indiscusso del sodalizio. Valentino Spinelli, prima di essere ristretto in carcere si è reso responsabile di due tentati omicidi posti in essere con estrema spettacolarizzazione della condotta sul suo territorio d’azione, il Ferro di Cavallo. Dal carcere, utilizzando un telefono cellulare, ha continuato a dirimere controversie tra associati, a organizzare spedizioni di pacchi in carcere contenenti sostanze stupefacenti, a far eseguire spedizioni punitive (anche in carcere), a dare disposizioni sull’utilizzo di armi a disposizione del sodalizio». E questo grazie anche a sua moglie, Erminia Papaccioli. «Ha svolto il ruolo di reggente durante il periodo di permanenza in carcere del marito. Si relaziona costantemente con Valentino con il quale concorda le linee organizzative del sodalizio e dal quale prende direttive che immediatamente esegue e fa eseguire. Fornisce a sua volta direttive ai sodali, come in occasione della riunione per calmierare i prezzi dello stupefacente e fare cartello».
“VIETNAM” IL VICARIO Guerino Spinelli, detto “Vietnam”, «svolge un ruolo essenziale per il sodalizio. Risulta il “vicario” di Valentino Spinelli (detenuto), del quale è il padre, attivandosi per risolvere le controversie tra le varie famiglie e per autorizzare l'utilizzo di armi da parte di singoli associati».
IL RIFORNITORE in CARCERE Patrick Fusilli è invece quello che rifornisce i punti di spaccio ed «è il soggetto individuato dal pm come responsabile dell'introduzione in carcere delle schede Sim utilizzate dal padre».
LA COPPIA DELLO SPACCIO Daniel Ciarallo organizza le attività di spaccio, «pone in essere attività estorsive nei confronti di clienti, costringendo Gagliardi a realizzare armi da sparo facilmente occultabili destinate all'ingresso in carcere, partecipando attivamente a spedizioni punitive nei confronti di tossicodipendenti e occultando anche due bombe artigianali». La moglie, Jessika Spinelli, «si muove sostanzialmente in parallelo al marito, con il quale occupa un alloggio per occultare lo stupefacente».
«IL GIUSTIZIERE» Jhonny Di Pietrantonio è uno dei perni dell’associazione, è un soggetto di indole violenta del quale il sodalizio si avvale in particolare per affermare la forza di intimidazione, assicurare il rispetto del vincolo di omertà e controllare il territorio. È un soggetto al quale ci si rivolge per ottenere "giustizia».
L’ASSASSINO Guerino Spinelli «è autore di una delle aggressioni al giornalista Brumotti e nel 2020 si rende responsabile dell'omicidio di Marco Cervoni (un suo pusher che aveva osato iniziare a lavorare per altri). Soggetto di indole particolarmente violenta e fondamentale nel controllo del territorio e nell'esplicitazione della forza di intimidazione del sodalizio».
LE DONNE Francesca Ciarelli «ricorre all’intimidazione nei confronti di ufficiali giudiziari, giornalisti (Brumotti), contribuendo con fare gravemente minaccioso e violento al controllo del territorio e degli interessi del sodalizio». Tamara Rech «fornisce un apporto costante all’organizzazione e all’attività di spaccio, sollecitando l’intervento di Jhonny Di Pietrantonio contro il giornalista Piervincenzi, aggredendo una donna in strada e in presenza di minori».
VEDETTE E CAVALLI E poi ci sono le varie “vedette” e “cavalli” sempre a disposizione dell'associazione come Osman Tufa, Francesco Mincolla, Luigi Paratore.
«Per tutti i suddetti indagati», aggiunge il gip, « la reiterazione del reato non si profila in termini di rischio, ma in termini di assoluta certezza».