Ater, due ricorsi per non pagare l’Imu

Dopo il Tar, l’azienda che gestisce le case popolari contesta anche in Commissione tributaria l’imposta del Comune

PESCARA. Si inasprisce lo scontro tra Ater e Comune sul pagamento dell’Imu. L’azienda, che gestisce le case popolari, non ha ancora versato il saldo della tassa scaduto il 17 dicembre scorso e non ha intenzione di farlo. In compenso, ha presentato un altro ricorso, stavolta in Commissione tributaria provinciale, per contestare il diniego da parte del Comune della richiesta di una dilazione dei versamenti. Dilazione che, secondo l’Ufficio tributi dell’ente non è possibile concedere, in quanto non è prevista dalla legge.

L’Ater, in realtà, non è in grado di poter pagare l’intera somma perché non ha i soldi. Se lo facesse, rischierebbe il dissesto finanziario. Lo ha rivelato, tempo fa, lo stesso commissario dell’aziendaPaolo Costanzi.

Non è mai accaduto che Comune e Ater si trovassero uno contro l’altra per problemi economici. L’introduzione dell’Imu, che penalizza fortemente tutte le Ater d’Italia e in particolare quella di Pescara, ha fatto scoppiare una guerra tra le due amministrazioni pubbliche.

L’azienda ha già presentato ricorso al Tar con la richiesta di annullare la delibera con cui il consiglio comunale ha introdotto l’aliquota Imu al 5,8 per mille per l’Ater. Secondo l’azienda, il Comune avrebbe dovuto applicare un’aliquota ridotta, depurata del 3,8 per mille che non deve essere più versato allo Stato. La richiesta di sospensiva del provvedimento non è stata accolta e ora si attende che i giudici si pronuncino nel merito. Tra l’altro, se l’atto dovesse essere effettivamente annullato, si tornerebbe, probabilmente, alla precedente delibera comunale, quella che fissava l’aliquota per l’Ater al 6,8 per mille. L’azienda, quindi, rischierebbe di pagare addirittura di più.

Ora, è partito anche il ricorso in Commissione tributaria provinciale per impugnare il rigetto, da parte del Comune, dell’istanza di dilazione del pagamento dell’ultima rata dell’Imu. L’Ater ha chiesto di poter versare l’importo di circa 800mila euro in 72 rate.

Ma la cosa non è possibile né per l’Ater e né per i cittadini, hanno spiegato più volte gli uffici dell’ente, perché lo vietano leggi e regolamenti. «Si può concedere al massimo una dilazione di 60 rate», hanno fatto presente tempo fa l’assessore ai tributi Massimo Filippello e il dirigente Marco Scorrano, «ma solo dopo l’emissione di un avviso di accertamento, con l’applicazione delle relative sanzioni», pari al 30 per cento dell’importo da pagare.

Sta di fatto che ora l’azienda delle case popolari ha versato appena un settantaduesimo dell’Imu da pagare che è di un milione 174mila euro. L’Ater ha ancora la possibilità di mettersi in regola, evitando così l’applicazione della sanzione massima del 30 per cento, oltre agli interessi, utilizzando lo strumento del ravvedimento operoso, i cui termini scadono il 18 giugno di quest’anno, per la prima rata e il 17 dicembre, per la seconda. Sempreché non scatti prima l’accertamento tributario. Accertamento tra l’altro probabile, perché, secondo indiscrezioni, nel versamento dell’acconto sarebbero stati rilevati alcuni errori. Insomma, l’Ater si trova alle strette. L’applicazione dell’Imu ha messo a terra l’azienda e il Comune non può fare nulla per esentarla dal pagamento dell’imposta, disciplinata in modo rigoroso dalla normativa nazionale, che pone limiti inderogabili alle esenzioni e alle agevolazioni. L’applicazione di questa tassa sugli immobili ha avuto come prima conseguenza la mancata approvazione del bilancio di previsione dell’Ater. «Il significativo costo dell’Imu», fa presente una nota allegata al documento contabile, «non permette il pareggio di bilancio da perseguire attraverso l’equilibrio dei costi e dei ricavi».

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