«Attacchi al governo» Sott’accusa il pescarese a capo degli anarchici
La Corte di Cassazione ordina un nuovo processo per Alfredo Cospito Il 55enne è rinchiuso nel carcere di Sassari al 41bis: incita alla violenza
PESCARA . «Bisogna dimostrare che il re è nudo». E poi: «Che il padrone può e deve sanguinare». E ancora: «Affiancare alla lotta di strada attacchi mirati a persone e strutture del governo». Gli scritti di Alfredo Cospito, 55enne pescarese diventato la mente degli anarchici d’Italia e finito rinchiuso nel carcere di Sassari al 41 bis, sono considerati pericolosi: «Centinaia di copie stampate e diffuse in più occasioni anche via internet» potrebbero incitare alla violenza contro lo Stato. Una sentenza della Corte di Cassazione assegna a Cospito, anarchico partito dalla Marina nord di Pescara per trasferirsi a Torino, un ruolo di primo piano nel movimento: «Gli scritti esprimono un obiettivo innalzamento del livello di potenziale lesività di una qualsiasi azione perché volti ad incitare alla commissione di condotte violente contro cose e persone e di attentati a personalità dello Stato quali forma di lotta ed azione politica». I giudici della prima sezione penale, presieduta da Monica Boni, leggono tra le righe degli articoli di Cospito «una precisa direzione ideologica, ossia quella di “passare all’azione”, anche con uso della violenza». «Opporsi armi in pugno», è una della frasi usate dall’anarchico pescarese: «L’uso della violenza», recita la sentenza, «è indicato come possibile metodo di lotta, anche diretto verso le persone».
CHI È L’ANARCHICO A Pescara, Cospito non si vede da anni e anni: fu il protagonista di 4 giorni di mobilitazione, dal 25 agosto del 1991, quando all’età di 24 anni guidò un gruppo di una trentina di anarchici all’occupazione dell’Aurum nel tentativo di farne un centro sociale. Poi, l’intervento della polizia e dei carabinieri e, per Cospito, iniziò la catena dei guai giudiziari fino all’arresto per l’attentato del 7 maggio 2012, a Genova, all’allora amministratore delegato dell’Ansaldo Roberto Adinolfi; poi un altro arresto nel 2016 in un’inchiesta su attentati e pacchi bomba ai politici: contestate 50 azioni terroristiche in 13 anni, compresi gli ordigni sotto casa di Romano Prodi (nel 2003 presidente della Commissione europea) e i pacchi esplosivi inviati agli ex sindaci di Bologna Sergio Cofferati e di Torino Sergio Chiamparino.
IL RUOLO ODIERNO Stavolta, il pronunciamento della Cassazione ordina «un nuovo esame dei profili cautelari controversi» e cioè un altro processo, a Perugia, a carico di Cospito e anche di Michele Fabiani, Gianluca Iacovacci e Carlo Alberto Rossi. Il 28 ottobre 2021, a Spoleto, Cospito e gli altri erano stati arrestati per «istigazione a delinquere pluriaggravata» a causa di articoli pubblicati sulla rivista Vetriolo; in seguito, il tribunale della Libertà di Perugia aveva annullato l’ordinanza di custodia per l’assenza di pericoli concreti: «Le espressioni utilizzate, lette nel complessivo contesto, pur in presenza di una certa violenza espositiva (“liberare un visone, imbrattare un bancomat, non è la stessa cosa che uccidere un prefetto”) non hanno concreta idoneità a provocare la commissione di delitti», questa la motivazione.
«PASSARE ALL’AZIONE» La Cassazione, invece, accoglie il ricorso del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, secondo il quale il tribunale delle Libertà «avrebbe sottovalutato la stessa personalità del Cospito»: «Non vi è dubbio», dice la Cassazione, «che nello scritto si rinviene una precisa direzione ideologica, ossia quella di “passare all’azione”, anche con uso della violenza».
«CONDOTTE VIOLENTE» Se per il tribunale della Libertà di Perugia, «si tratta di espressioni essenzialmente finalizzate a creare un dibattito interno al movimento anarchico, che non individuano obiettivi specifici e determinati e che lo stesso autore si mostra consapevole della sostanziale assenza di un humus favorevole a simili proposte», non è così per la Cassazione: «Al di là del tema – di certo bisognoso di verifiche investigative – della possibile correlazione con fatti delittuosi avvenuti in altre parti del territorio nazionale», dice la sentenza, «la decisione del tribunale riduce l’ambito della verifica al solo esame del contenuto degli scritti realizzando una carenza argomentativa rilevante». E il ruolo di Cospito è considerato centrale: «Ciò con particolare riferimento ai contenuti degli scritti riferibili a Cospito e divulgati dai restanti indagati, scritti che esprimono un obiettivo innalzamento del livello di potenziale lesività di una qualsiasi azione ricollegabile ai medesimi, perché, secondo le espressioni testuali impiegate, volti ad incitare alla commissione di condotte violente contro cose e persone e di attentati a personalità dello Stato quali forma di lotta e azione politica».
CHI È L’ANARCHICO A Pescara, Cospito non si vede da anni e anni: fu il protagonista di 4 giorni di mobilitazione, dal 25 agosto del 1991, quando all’età di 24 anni guidò un gruppo di una trentina di anarchici all’occupazione dell’Aurum nel tentativo di farne un centro sociale. Poi, l’intervento della polizia e dei carabinieri e, per Cospito, iniziò la catena dei guai giudiziari fino all’arresto per l’attentato del 7 maggio 2012, a Genova, all’allora amministratore delegato dell’Ansaldo Roberto Adinolfi; poi un altro arresto nel 2016 in un’inchiesta su attentati e pacchi bomba ai politici: contestate 50 azioni terroristiche in 13 anni, compresi gli ordigni sotto casa di Romano Prodi (nel 2003 presidente della Commissione europea) e i pacchi esplosivi inviati agli ex sindaci di Bologna Sergio Cofferati e di Torino Sergio Chiamparino.
IL RUOLO ODIERNO Stavolta, il pronunciamento della Cassazione ordina «un nuovo esame dei profili cautelari controversi» e cioè un altro processo, a Perugia, a carico di Cospito e anche di Michele Fabiani, Gianluca Iacovacci e Carlo Alberto Rossi. Il 28 ottobre 2021, a Spoleto, Cospito e gli altri erano stati arrestati per «istigazione a delinquere pluriaggravata» a causa di articoli pubblicati sulla rivista Vetriolo; in seguito, il tribunale della Libertà di Perugia aveva annullato l’ordinanza di custodia per l’assenza di pericoli concreti: «Le espressioni utilizzate, lette nel complessivo contesto, pur in presenza di una certa violenza espositiva (“liberare un visone, imbrattare un bancomat, non è la stessa cosa che uccidere un prefetto”) non hanno concreta idoneità a provocare la commissione di delitti», questa la motivazione.
«PASSARE ALL’AZIONE» La Cassazione, invece, accoglie il ricorso del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, secondo il quale il tribunale delle Libertà «avrebbe sottovalutato la stessa personalità del Cospito»: «Non vi è dubbio», dice la Cassazione, «che nello scritto si rinviene una precisa direzione ideologica, ossia quella di “passare all’azione”, anche con uso della violenza».
«CONDOTTE VIOLENTE» Se per il tribunale della Libertà di Perugia, «si tratta di espressioni essenzialmente finalizzate a creare un dibattito interno al movimento anarchico, che non individuano obiettivi specifici e determinati e che lo stesso autore si mostra consapevole della sostanziale assenza di un humus favorevole a simili proposte», non è così per la Cassazione: «Al di là del tema – di certo bisognoso di verifiche investigative – della possibile correlazione con fatti delittuosi avvenuti in altre parti del territorio nazionale», dice la sentenza, «la decisione del tribunale riduce l’ambito della verifica al solo esame del contenuto degli scritti realizzando una carenza argomentativa rilevante». E il ruolo di Cospito è considerato centrale: «Ciò con particolare riferimento ai contenuti degli scritti riferibili a Cospito e divulgati dai restanti indagati, scritti che esprimono un obiettivo innalzamento del livello di potenziale lesività di una qualsiasi azione ricollegabile ai medesimi, perché, secondo le espressioni testuali impiegate, volti ad incitare alla commissione di condotte violente contro cose e persone e di attentati a personalità dello Stato quali forma di lotta e azione politica».