Attentati di Boston, gli sportivi si interrogano Trulli:  "I terroristi hanno spezzato un sogno"

Il campione di Formula 1, spesso presente alle maratone internazionali: "Sono una festa per gli appassionati e per chi semplicemente ama riconquistare la città. A New York c'è chi corre mascherato da tigre o leone. Quello di Boston è stato un atto terroristico vigliacco"

PESCARA. C’è chi macina chilometri e chi sale su un aereo per andare dall’altra parte del mondo per il puro gusto di mettersi in gioco e tentare di superare i propri limiti. Per qualcuno prendere parte alle più antiche maratone del mondo è una sfida. Per tutti gli altri è l’occasione di prendersi una vacanza, partire con gli amici e vedere nuovi posti, coniugando lo sport con il divertimento all’aria aperta. Uno stile di vita che sta a cuore a moltissimi abruzzesi e, da qualche anno, anche al campione pescarese di Formula 1 Jarno Trulli, che esibisce una sana passione per lo sport e la natura unita all’amore di sempre per la velocità e i motori. «Non sono un fenomeno come sulle macchine», si schernisce il pilota, «ma queste gare rappresentano un modo per staccare la spina e allontanarmi dalla routine».

Ha partecipato alla maratona di New York nel 2000 e, successivamente, a una serie di gare a livello nazionale e internazionale. Cosa la spinge alla competizione?

«Nessuna competizione: nel 2000 sono partito per New York con un gruppo di amici italiani. Era l’occasione giusta per trascorrere un po’ di tempo lontani da casa: vedere posti nuovi, conoscere gente e divertirsi in modo sano. Lo sport è anche questo. Viviamo in un ambiente sociale frenetico e ogni tanto c’è bisogno di staccare. Quale occasione migliore di questa: una volta a New York ho visto atleti che hanno completato il percorso in due ore e altri, come noi, che hanno impiegato molto meno tempo. Poi c’era gente vestita da tigre, leone o leopardo. Sono arrivati al traguardo dopo 6 o 7 ore. Ma gare come queste sono una festa, per quello che rappresentano e per tutto il contorno».

Cosa ha provato alla notizia dell’attentato di Boston?

«È un atto terroristico vigliacco, non ci sono parole per descrivere quello che è successo. Lo sport è sempre un evento festoso e questo è uno degli appuntamenti podistici più antichi al mondo. Non ho mai partecipato alla maratona di Boston, ma so il significato che c’è dietro».

A Pescara ci sono famiglie intere e gruppi organizzati che ogni anno si mettono in viaggio, da ogni parte del mondo, per partecipare all’Ironman 70.3 sottoponendosi anche ad allenamenti durissimi. Cosa ne pensa di questa passione estrema?

«Lo sport è anche sofferenza, sacrificio e determinazione. Gli atleti spesso vengono presi per matti perché hanno una volontà di ferro e seguono programmi e allenamenti massacranti. Affrontare le varie gare, a qualsiasi livello, è sempre una sfida. A Melbourne mi svegliavo prestissimo tutti i giorni e andavo a correre: ognuno ha il suo carattere ed è giusto seguire le proprie inclinazioni».

Qualche mese fa ha partecipato alla maratona dannunziana: 42 chilometri corsi lungo le strade di Pescara.

«Una bella esperienza, c’erano circa tremila persone in tutto. Ci si pone degli obiettivi personali e poi si cerca di fare del proprio meglio, confrontandosi con se stessi prima che con gli altri»

Qual è il prossimo torneo a cui parteciperà?

«Venerdì prossimo sarò in Sardegna per una gara ciclistica a tappe che va avanti per sette giorni complessivi. Si chiama il Giro di Sardegna ed è un’occasione per allenarmi e mettermi alla prova. Ci sono già stato l’anno scorso. È una bella cosa: si gira, si vedono posti nuovi. Non vado lì per vincere, in bicicletta non sono certo un fenomeno come alla guida delle automobili. Ma ho bisogno di staccare e trascorrere qualche giorno in maniera diversa ».

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