Bagnasco dà la benedizione al nuovo dormitorio
Il cardinale presidente della Cei inaugura la struttura di via Alento con 60 posti «C’è una grave crisi economica, ora basta con le liti o il Paese muore»
PESCARA. «Questa crisi si prolunga gravemente, ora basta litigi, contrapposizioni, denigrazioni vicendevoli, altrimenti il Paese muore». È il duro monito lanciato ieri dal cardinale Angelo Bagnasco, per la prima volta a Pescara per inaugurare il nuovo dormitorio di via Alento, la Cittadella dell’accoglienza dedicata alla memoria di papa Giovanni Paolo II. La città, dopo tanti anni di attesa, ha finalmente una struttura in grado di poter ospitare 60 senzatetto e fornire 180 pasti al giorno. Fino ad oggi questo compito lo ha assolto con difficoltà la Caritas con il fabbricato di via Gran Sasso che può assistere appena 20 persone. In inverno, quando la richiesta è maggiore, si ricorre agli alberghi.
Ma adesso la situazione è cambiata. La Cei, con un investimento di un milione di euro e la Fondazione PescarAbruzzo, che ha concesso il terreno per costruire l’opera, sono riusciti a colmare questa lacuna e e a far diventare Pescara una città in linea con le altre nel campo dell’accoglienza ai più bisognosi. Un’operazione del genere era stata tentata anche una decina di anni fa dall’ex arcivescovo Cuccarese, ma senza successo.
Così, l’arcidiocesi e la Caritas hanno voluto celebrare questo evento invitando il numero uno della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Bagnasco, il quale ha partecipato in mattinata a un incontro con la stampa e nel pomeriggio alla cerimonia di inaugurazione in via Alento, cui hanno preso parte, tra gli altri, il prefetto Vincenzo D’Antuono, il presidente della Provincia Guerino Testa, il presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, il vice sindaco Berardino Fiorilli, il presidente della Fondazione PescarAbruzzo Nicola Mattoscio, l’arcivescovo Tommaso Valentinetti, il direttore della Caritas don Marco Pagniello. Poi, assessori e consiglieri, oltre ad alcune autorità militari.
Il cardinale, durante i suoi interventi, sia in mattinata che nel pomeriggio, ha parlato della crisi economica, della solidarietà dello Stato, dell’8 per mille e persino dei divorziati.
Ha cominciato con la crisi economica e con i bisogni del Paese. «C’è bisogno di un cambiamento culturale», ha detto, «altrimenti il Paese muore, la crisi ci schiaccia. Bisogna trovare le vie per il lavoro, per lo sviluppo e per le giuste riforme, ma tutto questo presuppone un cambio di mentalità, perché tutti siamo responsabili a qualsiasi livello». «Non se ne può più di questa aria avvelenata», ha aggiunto Bagnasco, «questo paralizza, distoglie energie, risorse che potrebbero collaborare e che invece si oppongono sterilmente a danno della gente. Senza collaborazione non si esce da questa crisi pesante e grave che si prolunga».
Il presidente della Cei ha, quindi, avvertito: «La Chiesa non vuole e non può sostituirsi allo Stato. Lo Stato deve costruire se stesso, preoccupandosi di ogni cittadino, dei suoi diritti fondamentali, nel segno della giustizia che è lo scopo della politica». Bagnasco, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha affrontato anche un argomento scottante, il rapporto della Chiesa con i divorziati. «Nessuno è fuori dalla Chiesa», ha osservato, «anche se non si può accedere all’eucarestia. I papi sono ritornati frequentemente su questo tema e sono vicini alla sofferenza di queste persone».
Poi l’8 per mille nella dichiarazioni dei redditi. « Ogni tanto l’8 per mille viene guardato con sospetto e critica e ci si chiede dove va a finire, che volto assume», ha affermato Bagnasco, «mi piace vedere in questa opera un volto concreto, visibile dell’8 per mille, grazie a voi».
Nel pomeriggio, durante l’inaugurazione della Cittedella dell’accoglienza, Bagnasco è tornato a parlare del Paese e della famiglia. «L’Italia buona esiste», ha sottolineato, «dobbiamo finirla di denigrarci e denigrare il nostro Paese, come se fossimo gli ultimi della classe: su valori fondamentali come la famiglia e la vita, se l’Italia non ha fatto ancora certe leggi, non è perché siamo gli ultimi della fila, ma perché siamo i primi e dobbiamo dare l’esempio all’Europa». «Il fatto straordinario oggi non è l’inaugurazione della nuova struttura», ha concluso Valentinetti, «l’importanza dell’evento è legata al significato che l’opera rappresenta per la nostra città».
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