Barche incagliate nel porto di Pescara Slitta il ritorno in mare per i pescatori

Cambia la tabella di marcia: si riprende il 15 maggio, lo scalo è ancora insabbiato. Ogni marinaio ha pagato 10 mila euro per rifare le reti, comprare cavi e attrezzi

PESCARA. «Noi siamo pronti a tornare in mare, ma è il porto che non è pronto. In queste condizioni non ci pensiamo proprio a spostare le barche». I pescatori chiudono la faccenda con un nuovo rinvio: la pesca al largo della costa adriatica non riprenderà il 6 maggio, così come era stato messo in calendario dai marinai. Tutto rimandato al 15 maggio, «ma solo se saranno garantite le condizioni minime di sicurezza», rimarcano i portuali, che puntano il dito contro quel dragaggio a intermittenza che ha mandato sul lastrico l’intero comparto ittico.

Solo ieri mattina, infatti, il mezzo Fioravante della Sidra, la ditta vincitrice dell’appalto di 200mila metri cubi di sedimenti, ha iniziato a scavare all’interno del canale dove sono ormeggiate le imbarcazioni. In precedenza le draghe avevano lavorato in altri punti dello scalo, tralasciando la zona della banchina nord, dove su un letto di fango sono ancorate le barche da quasi 450 giorni. La Direzione marittima ha anche chiesto di portare i pescherecci sulla banchina sud e all’altezza del Ponte del Mare, in modo da facilitare l’intervento di rimozione dei materiali accumulati sui fondali. Ma i pescatori si sono rifiutati e hanno incrociato le braccia. «Questo lavoro qui dovevano farlo un mese fa», sottolinea l’armatore Mario Camplone, «abbiamo dovuto fare una richiesta alla Capitaneria per far arrivare la draga nel canale e ci hanno accontentato solo ora. Non è che ci rifiutiamo di uscire in mare, ma non ci sono le condizioni di sicurezza per muovere i pescherecci. È troppo alto il rischio di rimanere bloccati: i fondali sono profondi appena un metro, mentre ne servirebbero almeno 4 per consentirci di entrare e uscire in tranquillità. Se si incaglia l’elica o si rompe il motore chi ce lo paga? E se si fa male qualcuno durante le manovre?».

L’ultimo episodio si è registrato ieri intorno alle 9: la barca “Nonno Giovanni” di Giovanni Verzulli, autorizzata dalla Capitaneria ad andare a Ortona per un lavoro al cantiere, è andata a finire in una secca mentre tentava di uscire dal canale, nonostante non avesse a bordo attrezzature né carburante. Di fronte all’ennesimo caso di una barca che si incaglia per colpa dei fondali insabbiati del canale, i marittimi hanno deciso di incrociare le braccia e posticipare il ritorno alla normalità almeno di altri dieci giorni, così come era stato deciso martedì sera durante un’assemblea nella sede dell’Associazione armatori. Se tutto va bene, la marineria di Pescara tornerà a pescare il 15 maggio. «Noi siamo pronti», ammette Camplone, «in queste settimane ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo investito in media 10mila euro a barca per rifare le reti, sostituire i pezzi andati in malora e ricomprare i cavi arrugginiti. Abbiamo dovuto anche metterci in linea con le nuove leggi dell’Unione europea, perché dopo un anno di inattività cambiano tante cose e bisogna aggiornare persino i dispositivi a bordo. Ma dopo tanti mesi fermi non possiamo più permetterci di rischiare». Anche la cosiddetta “movimentazione” di 25mila metri cubi di sedimenti nell’area della canaletta si è rivelata inutile: come confermano gli uomini di mare, le correnti hanno spostato nuovamente la sabbia al centro del canale, rendendo di fatto inutile quell’operazione di spostamento dei materiali.

Nonostante le false partenze e le promesse andate a vuoto, i portuali non si sono persi d’animo e anzi, in questi giorni di attesa, sono tornati ad affollare l’area della banchina nord e la porzione sud del molo. Accanto ai vecchi marinai che srotolano e cuciono le reti, che fino a pochi giorni fa erano state prese di mira perfino dall’erba spontanea, cresciuta tra le maglie ammucchiate nella stiva, c’è chi ha chiamato il fabbro per sostituire i cavi e gli attrezzi corrosi dalla ruggine e dalla salsedine. Ma anche chi ammette di aver perso ogni speranza in una professione che non rende più come una volta: «In prospettiva futura», dice Filippo Pagliaro, «sarebbe meglio comprare un appartamento e metterlo in affitto invece di mantenere una barca che oggi costa la metà del suo valore di mercato».

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