MONTESILVANO

Bocelli: "L'Abruzzo è bellissimo, d'Annunzio uno dei primi poeti che ho amato"

L’artista racconta al Centro la sua passione per gli scacchi e il legame con l’Abruzzo, iniziato sui banchi di scuola e proseguito grazie all’eccellenza dei pianoforti Fabbrini e alla sua amicizia con l’attore Mancini

MONTESILVANO. Le mani che sfiorano la scacchiera, poi le dita afferrano il pezzo giusto per dare avvio alla competizione. La vista non è necessaria quando si hanno tatto, mente e passione per poter disputare una partita di scacchi, come ha dimostrato ieri il tenore Andrea Bocelli, ospite d'eccezione del Campionato mondiale di scacchi cadetti, in fase di svolgimento al Pala Dean Martin di Montesilvano. Tra l’abbraccio internazionale delle oltre 2.000 persone presenti e qualche strimpellata al pianoforte, l’artista di fama mondiale ha raccontato al Centro la sua passione per gli scacchi e il suo legame con l’Abruzzo, iniziato sui banchi di scuola con Gabriele d’Annunzio e proseguito grazie all’eccellenza dei pianoforti Fabbrini e alla sua storica amicizia con l’attore Giampiero Mancini. Senza dimenticare il tour mondiale che lo aspetta, a partire proprio da oggi, per celebrare i suoi 30 anni di carriera, iniziata con una terribile paura di salire sul palco.
Questo fine settimana sarà in concerto in Ungheria, poi partirà alla volta di San Diego, Phoenix, Las Vegas…
Grazie per avermi ricordato i miei impegni (ride, ndc) .
Cosa ci fa, Maestro, a Montesilvano?
Sono venuto a onorare una delle mie prime passioni, dei miei primi interessi di fanciullo, che sono gli scacchi.
Quando ha iniziato a giocare?
Avevo 11 anni e ho iniziato grazie a un signore che era un amico di famiglia, tra l'altro parente di Camillo Benso di Cavour, che giocava abbastanza bene a scacchi. Lui mi insegnò e io mi appassionai.
Da allora non ha mai smesso?
No, al contrario. Siccome abitavo in campagna all'epoca, non trovavo mai nessuno con cui giocare e verso i 18 anni ho smesso. Diciamo che sono stato 40 anni circa senza toccare più un pezzo degli scacchi.
Poi, però, quella passione è tornata.
Sì, quando è venuta fuori la possibilità di giocare online e avevo sempre un avversario disponibile, ho ricominciato e la passione si è riaccesa. E oggi sono qui per questo.
Cosa le piace degli scacchi?
Tante cose. Innanzitutto, è un allenamento formidabile per la nostra povera testa che, sempre più, delega ai computer, all'intelligenza artificiale. Poi, è un gioco divertente che insegna a essere umili perché, anche se sei bravo, trovi sempre che ti batte. E poi, soprattutto per i ragazzi, trovo che sia un ottimo strumento per allontanare tanti rischi che oggi purtroppo corriamo tutti, ma in particolare i giovani.
Che rapporto ha con l’Abruzzo?
Intanto, uno dei primi poeti che ho amato in gioventù era d'Annunzio. Quindi è cominciata così: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare. Scendono all'Adriatico selvaggio…”. Insomma, la so tutta e non solo questa.
Oltre al Vate, ha avuto modo di apprezzare questa regione per altro?
Di tanto in tanto sono venuto, non frequentemente, ma è una regione bellissima.
All’Abruzzo la lega anche l’amicizia con l’attore Giampiero Mancini.
E come no! Giampiero mi ha aiutato a migliorare un pochino la mia gestualità, che è scarsissima. E poi ha aiutato anche mio figlio, che si sta avviando sulle mie tracce. Lui è amico da tantissimo tempo di mia moglie, loro si conoscono fin da ragazzi.
E poi ci sono i pianoforti Fabbrini.
Brava. E, infatti, stamattina sono andato lì per cercare di tentare il signor Fabbrini a vendermi uno strumento che lui non vuole vendere. Pazienza.
Quindi ci rinuncerà?
Io tutti gli anni faccio visita a questo strumento…poi vedremo.
Il suo nuovo album “Duets” è appena uscito e sta ottenendo risultati strepitosi, in testa alle classifiche americane da settimane.
Così dicono. Io onestamente non so niente. Ogni tanto il management mi manda questi dati pensando di farmi un piacere enorme. Non che mi dispiaccia, però non mi interesso molto di queste cose.
Non la emoziona ottenere certi risultati?
No, i risultati non mi emozionano. Sicuramente fanno piacere per quello che c’è dietro, ossia l’affetto del pubblico. Ma non sono un uomo di numeri.
E cosa la emoziona?
Mi emoziono ascoltando una musica che mi coinvolge, che mi piace, quello può portarmi fino alla lacrimuccia.
Trent’anni di carriera. Riavvolgendo il nastro, qual è stato il momento più importante o che ricorda con maggiore piacere?
Da un punto di vista mediatico, sicuramente il momento più importante è stato il concerto a Central Park nel 2011. Ma ce ne sono stati tanti. Ricordo le mie esibizioni davanti al Santo Padre o davanti a una leggenda vivente all'epoca come Cassius Clay, che ho incontrato a casa sua ed è stato un momento molto toccante.
Quale, invece, il momento più difficile?
Di quelli ce ne sono stati quanti ne vuole. Io all’inizio avevo una paura terribile del palcoscenico, quella che gli americani chiamano stage fright. Quando arrivavo in un camerino di un teatro io speravo che venisse un terremoto o un incendio e che mi portasse fuori. Poi pian piano la situazione si è normalizzata, ma i primi tempi ho sofferto molto.
Al grande evento di celebrazione dei suoi 30 anni di carriera, organizzato quest’estate nella sua città, Lajatico (Pisa), c’era una parata di big della musica mondiale. Chi non c’era e avrebbe voluto che ci fosse?
Maria Callas.

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