CORTE DEI CONTI
Bolletta da 200mila euro per la luce rimasta accesa nel tunnel
A Caramanico lo strano caso della galleria chiusa e illuminata per 848 giorni. Il pm chiede la condanna di tre dirigenti dell’Anas, ma i giudici dicono no
CARAMANICO TERME. Per quasi due anni e quattro mesi, vale a dire 848 giorni di fila, la galleria Fontegrande di Caramanico Terme, chiusa per la caduta di un masso enorme, è stata illuminata h24 con 500 lampadine per un costo di 203.849 euro. «Inutile dispersione di risorse pubbliche», è l’atto d’accusa della procura regionale della Corte dei conti, che sollecita la condanna di tre dirigenti dell’Anas, società del gruppo Ferrovie dello Stato, ente gestore della strada statale 487.
Ma i giudici contabili la pensano in maniera diametralmente opposta: «La richiesta va respinta: quella di mantenere accesa l’illuminazione è stata una scelta certamente sindacabile, ma non adottata superficialmente». Tradotto: nessuno dovrà risarcire un solo euro per quella maxi bolletta.
L’ACCUSA
L’inchiesta contabile scatta dopo la segnalazione di un cittadino che denuncia il presunto «spreco». La guardia di finanza accerta come la galleria che collega Caramanico a Sant’Eufemia a Maiella sia rimasta interdetta al traffico dal 9 giugno 2021 al 5 ottobre 2023. Per il pm, che contesta a tre responsabili dell’Anas una «colpa grave», non ci sono dubbi: «Si tratta di una macroscopica violazione del principio di buon andamento ed economicità che deve ispirare l’azione dei dirigenti di un ente pubblico».
LA DIFESA
I tre ingegneri finiti sotto accusa, assistiti dagli avvocati Amedeo Ciuffetelli, Aurelia Carosi e Guido Ponziani, si difendono sostenendo che la decisione di tenere le lampadine accese è legata essenzialmente a due motivi. Il primo: «Consentire l’immediato utilizzo della galleria per il transito della popolazione e dei mezzi di soccorso in caso di necessità individuali o calamità naturali». La seconda ragione: «Prevenire condotte delittuose e atti vandalici all’interno della galleria». La Procura contesta entrambe le giustificazioni. Quanto alla prima, l’accusa richiama una nota dell’Anas secondo cui, «in occasione di eventi imprevisti e imprevedibili quali caduta massi, frane e fenomeni alluvionali», la regola generale sarebbe quella della sospensione dell’illuminazione. Non solo: secondo il pm, «la presenza di illuminazione può soltanto aver agevolato la commissione di reati da parte di eventuali malintenzionati».
LA SENTENZA
La Corte (presidente Bruno Domenico Tridico, relatore Stefano Grossi, giudice Andrea Liberati) sposa la tesi difensiva: «Non risulta adeguatamente comprovata una condotta illecita, quantomeno gravemente colposa, da parte dei dirigenti dell’Anas». Più nel dettaglio: «La decisione di mantenere accesa l’illuminazione ha consentito di rendere la galleria sempre fruibile in sicurezza e in ogni momento, in caso di emergenza e necessità di protezione civile, per i mezzi di soccorso indispensabili per assistere le popolazioni o il singolo cittadino. Il costo di tale scelta è stato, presumibilmente, meno oneroso di quello che si sarebbe sopportato se si fosse agito con lo spegnimento totale dell’illuminazione all’interno della galleria. L’Anas, infatti, avrebbe dovuto comunque provvedere a un servizio di vigilanza giornaliero e articolato per l’intera settimana che sarebbe stato più dispendioso».
copyright il Centro