«Calunnie a Del Turco Angelini si salvo così»
Sanità, l’avvocato Caiazza per 7 ore cancella le accuse dell’imprenditore «Voleva evitare il crac, è impossibile ricostruire a memoria le tangenti»
PESCARA. «Ecco cos’è il processo sanità, è un mostro giuridico bicefalo basato sull’impossibilità di conciliare ciò che in natura è inconciliabile: o Del Turco favoriva o distruggeva o Del Turco è il satrapo di Collelongo o Angelini ha calunniato per salvarsi. Ecco, il mostro accusatorio a due teste». Evoca una figura mitologica per descrivere il processo sanità l’avvocato Gian Domenico Caiazza che, stremato, dopo quasi sette ore di arringa, cede, non ce la fa più a passare al microscopio – come aveva iniziato a fare dalle 9.45 – «l’inattendibilità di Angelini», le «infami calunnie dell’ex titolare di Villa Pini», il «kit dei suoi testimoni concordati» contrapponendogli la «leggendaria integrità morale» del suo assistito, dell’ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco rinviando a stamattina le conclusioni della difesa più importante del processo sanità. Ad ascoltarlo, dopo circa due mesi di assenza, c’era proprio l’ex presidente della Regione tornato in aula seduto al primo banco sorridendo, a tratti, al suo avvocato che parlava, scambiando sguardi d’intesa con Caiazzza per dire, a fine udienza: «Il mio stato d’animo? Come quello di uno che ha sentito le prove della sua innocenza». La sentenza per i 25 imputati arriverà tra venerdì e sabato ma intanto, ieri, a riannodare tutta l’inchiesta, dai primi interrogatori del grande accusatore Vincenzo Angelini – parte civile e imputato nel processo – all’incidente probatorio fino ai due anni e oltre di dibattimento è stato l’avvocato Caiazza, protagonista di un’udienza fiume per rispondere ai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli che per l’ex presidente della Regione hanno chiesto una condanna durissima, 12 anni di reclusione.
«Per Del Turco parla la sua storia, non è impazzito». L’ultimo faccia a faccia prima della sentenza è iniziato con un distinguo dell’avvocato Caiazza, con una premessa per chiarire al collegio presieduto da Carmelo De Santis che «Del Turco non è che sia impazzito a un certo punto della sua vita» ma anzi che l’ex sindacalista e ministro è stato l’esempio «di una storia morale pubblica straordinaria, di un’integrità leggendaria in un periodo di scontri sociali in cui, senza quella moralità, non sarebbe sopravvissuto neanche due giorni». Ha parlato, Caiazza, della reputazione dell’ex presidente della commissione antimafia per replicare malignamente ai pm che hanno invocato «il principio di eguaglianza davanti alla legge» e per ricordare, invece, al collegio giudicante che «la reputazione di Del Turco è stratificata in 60 anni di storia e questo dovrà essere un tema della vostra valutazione: 60 anni di Del Turco non sono certo quelli di Angelini».
«L’accusa di Angelini nasce dai soldi distratti dalle sue società». Quindi, Caiazza è entrato nelle accuse, quelle che dicono che l’ex presidente avrebbe ricevuto insieme al suo ex braccio destro Lamberto Quarta e all’ex consigliere regionale Camillo Cesarone quasi 6 milioni di tangenti da Angelini. E l’ha fatto iniziando a spiegare, per la difesa, com’è nata l’inchiesta, com’è nata la «terribile accusa di Angelini», come Angelini ha ricostruito le presunte tangenti per arrivare ai reati e a una sintesi che, alla fine, è stata questa: «Angelini ha spolpato le sue società, ha distratto una camionata di soldi e dovendo trovare una giustificazione alla sua bancarotta ha calunniato». E’ stato l’imprenditore Luigi Pierangeli il primo nome a essere citato dal legale: «Il presidente dell’Aiop è stato ritenuto credibile dalla procura diventando la voce narrante del processo e, fatto curioso, un difensore civico».
«Del Turco alle cliniche: la ricreazione è finita». Ha raccontato l’avvocato che «di solito le associazioni delle cliniche private di fronte alla procura camminano rasenti i muri e invece qui, Pierangeli, è un difensore civico, quello che dice diventa la lettura della sanità: in questo processo le cliniche private sono l’alfa e l’omega della legalità. Ma Del Turco, signori, alle cliniche aveva detto basta, la ricrezione è finita».
«Umanamente impossibile ricordare le tangenti a memoria». Come nasce l’accusa di Angelini a Del Turco? si è domandato l’avvocato nel capitolo più corposo della sua arringa in cui ha evidenziato quelle che, per la difesa, sono le contraddizioni dell’ex titolare di Villa Pini, tutti gli errori a partire dagli interrogatori del 2008 e poi corretti gradualmente dall’imprenditore: «Buffonate», «calunnie», «invenzioni», «infamie», le ha definite Caiazza per concludere che Angelini avrebbe “incastrato” Del Turco solo per «salvare la sua pelle». Che esempi pone Caiazza? «Quando ad Angelini, durante l’interrogatorio, viene chiesto che fine abbiano fatto i 60 milioni di euro distratti dalle sue aziende», illustra il legale, «lui risponde “ah mi ricordo che si parlava di questo ma non ricordo il dettaglio”. E’ qui che nasce l’accusa a Del Turco». Ancora, prosegue Caiazza: «Angelini non fa altro che riferire di essere stato ridotto a una larva da Del Turco, un uomo distrutto ma poi nulla, non c’è un certificato medico per questa patologia». L’ex imprenditore che, al primo interrogatorio, come ha riferito Caiazza, non parla delle ricevute dei telepass ma «le tira in ballo solo dopo», l’ex titolare che «inventa di aver ricostruito le tangenti a memoria con la moglie Anna Maria Sollecito senza uno straccio di appunto, ma viene smentito dalla moglie che, invece, dice che il marito si era segnato in un elenco date e cifre».
«L’arte del calunniatore». Parla della «tecnica del calunniatore», l’avvocato, quando dice che è Angelini usa quella più classica: «Quando è in difficoltà si apre una strada nuova, ora le ricevute dei telepass, ora i testimoni, ora i prelievi». «Non ci sono prove dirette», ripete come un ritornello, «i prelievi non provano nulla, zero spaccato, per uno che aveva l’attitudine a prelevare spesso. La ricostruzione di Angelini è umanamente impossibile a meno di non avere doti sovrumane». Il legale ha affrontato anche qualche accusa di concussione chiarendo come per la difesa quelle presunte tangenti non siano compatibili con i viaggi, con le ricevute dei telepass e, quindi, sarebbero bugie. Ma è stamattina che l’avvocato tornerà su quella immortalata dalle foto, la presunta tangente da 200 mila euro a Collelongo.
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