Cementificio, chiesto aiuto alle banche per pagare i salari
Cassa integrazione ancora bloccata per i 70 dipendenti Delegazione di lavoratori incontra il sindaco Mascia
PESCARA. È allarme tra i 70 lavoratori del cementificio. La cassa integrazione straordinaria, richiesta un mese fa dall’azienda, non è stata ancora erogata dall’Inps e i dipendenti dovranno attendere, probabilmente, altri sei mesi per vedere i soldi. Nel frattempo, restano senza redditi.
I sindacati di categoria sperano che vada in porto la trattativa con alcune banche per consentire ai lavoratori di avere un’anticipazione delle somme dovute con la cassa attingendo denaro dalle banche tramite scoperti di conto corrente. Gli interessi passivi, da versare agli istituti di credito per la restituzione dei prestiti, dovrebbero essere versati dalla Provincia con un apposito fondo già costituito. «In questo modo», ha spiegato il segretario provinciale Fillea Cgil Massimo Di Giovanni, «si darà la possibilità ai lavoratori di avere liquidità fino a quando l’Inps non erogherà la cassa integrazione straordinaria». La società Sacci, proprietaria del cementificio, intanto è in attesa di ottenere il concordato preventivo in continuità, che consentirà all’azienda di evitare il commissariamento e di mantenere la gestione dello stabilimento almeno per un anno.
I lavoratori non nascondono la loro preoccupazione per il futuro del cementificio che, a causa della crisi economica, sta vivendo momenti di incertezza. Secondo fonti sindacali, su 70 dipendenti presenti in azienda, starebbero lavorando attualmente solo 9. A tutto ciò si aggiunge la decisione del Comune di non rinnovare l’autorizzazione ambientale per consentire al cementificio di continuare la sua attività.
In sostanza, lo stabilimento dovrebbe trasferirsi altrove in futuro per proseguire la produzione del cemento.
Per questo, ieri mattina una delegazione di 10 dipendenti si è presentata in Comune (foto) per essere ricevuta dal sindaco Luigi Albore Mascia. L’incontro è stato breve. «Entro le prossime ore», ha assicurato il primo cittadino al termine della riunione, «scriverò una lettera ai vertici aziendali della Sacci per chiedere un incontro, al quale prenderanno parte anche i rappresentanti dei 70 dipendenti, oggi collocati in cassa integrazione straordinaria per 12 mesi. Si deve fare un’operazione di chiarezza sul futuro dello stabilimento e, quindi, sul destino dei lavoratori». Il sindaco, però, ha tenuto a precisare di non essere lui il responsabile della crisi dell’azienda, per il fatto di non aver rilasciato l’autorizzazione ambientale. «Una cosa va chiarita subito», ha affermato, «il diniego dell’Autorizzazione integrata ambientale da parte del Comune di Pescara non ha nulla a che vedere con il collocamento in cassa integrazione dei 70 dipendenti dell’azienda. Il nostro è un diniego politico, nell’ambito di una conferenza dei servizi indetta dalla Regione, in cui il Comune era chiamato ad esprimere un parere obbligatorio. Ma ora l’ultima decisione nel merito spetta alla Regione, sentite anche la Asl e l’Arta». «Come sindaco», ha proseguito, «avevo e ho il compito di tutelare la qualità della vita di 130mila cittadini, che vedono quell’insediamento industriale oggi incompatibile con la città. E oggi ribadisco che quello stabilimento va delocalizzato all’esterno di Pescara». I dipendenti hanno spiegato al sindaco che l’azienda, secondo quanto riferito dai vertici della società, non sarebbe in grado di andare avanti senza l’utilizzo di quei materiali utilizzati oggi. «Non vorrei», ha replicato Mascia, «che si stia cercando di usare il sindaco come arma di ricatto. In realtà, il nostro diniego dell’autorizzazione non ha determinato la preclusione delle attività del cementificio, che comunque operava in regime di prorogatio della precedente autorizzazione».
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