CHE COSA LEGGERE NELLE STELLE DI ROMITO

C’è chi lo ha definito l’Harry Potter della cucina italiana, con quella faccia da maghetto dei fornelli che si ritrova. Chi invece parla di uno chef talentuoso e caparbio, che ha saputo portare l’Alto Sangro nell’olimpo dei ristoranti italiani. Fatto sta che Niko Romito è ormai considerato da tutti una splendida realtà, incoronata dalla Guida Michelin con le tre stelle che lo fanno entrare di diritto tra i magnifici otto della penisola, con gente come Massimo Bottura, Nadia Santini e Giorgio Pinchiorri.

Ovviamente la notizia ha creato un’enorme gioia nella bella famiglia di Niko e in tutto l’Abruzzo, terra che per la prima volta vede la sua grande tradizione culinaria premiata con il massimo dei riconoscimenti. Ma bisogna stare bene attenti a non farsi sviare dai soliti stereotipi televisivi nel giudicare la portata di questo successo: chi pensa ai grandi chef come delle star capricciose, che regnano spietati sui loro collaboratori, commette un grande sbaglio. Perché la storia di Romito è fatta di un enorme sacrificio e di ritmi di lavoro incredibili, affrontati per arrivare a quella perfezione che può consentire di arrivare a un traguardo così prestigioso. Un maestro come Massimo Bottura dice che la fortuna di un ristorante dipende solo per il dieci per cento dal talento, tutto il resto è duro lavoro. Un lavoro che Niko ha affrontato senza piangersi addosso, dopo avere preso in mano il ristorante di famiglia fa alla prematura scomparsa del padre ed essersi scoperto un’insospettata passione per i cibi del territorio: olive, cipolle, mandorle, carote...Tutti ingredienti che ognuno di noi può usare a casa propria, ma che Romito sa intrecciare con tecniche allo stesso tempo semplici e sofisticate, grazie anche al perfetto tandem con la sorella Cristiana, l’altra faccia di una moneta sempre più quotata.

E proprio questa è la lezione che dobbiamo trarre dalle stelle di Romito: il fatto che anche nell’Italia disastrata di oggi l’impegno paga, soprattutto se unito a una grande passione. Ne ho avuto conferma giovedì partecipando a un evento organizzato all’Università di Chieti dall’Associazione per la ricerca sul cancro, l’Airc. Lì ho ascoltato, tra gli altri, un’altra eccellenza d’Abruzzo, la farmacologa Paola Patrignani, che proprio alla D’Annunzio sta portando avanti un’importante ricerca sul ruolo dell’aspirina per prevenire i tumori. Davanti a un migliaio di studenti, la docente di Chieti ha esortato a intraprendere una grande sfida come quella della ricerca, sapendo bene però a che cosa si va incontro: una vita fatta di rinunce, di sabati e domeniche trascorsi in laboratorio, sacrificando la famiglia, gli svaghi e tanto altro.

Questo è il pane bianco di cui parla Papa Francesco, contrapposto al pane sporco di chi usa mezzi illeciti per guadagnarsi da vivere. E questo è il cibo che vogliamo. Buona domenica.