Chieti, sospeso il processo sulla discarica di Bussi Accolta la richiesta dei legali della Montedison Le parti civili: "Vogliono fuggire dai giudici"
Dopo aver ottenuto la ricusazione dei giudici, i legali dell’azienda chiedono che il processo sia spostato in un altra sede. Tutto fermo fino alla decisione della Cassazione
CHIETI. Il processo sulla discarica di Bussi è sospeso. Il presidente Romandini, subentrato al posto di Geremia Spiniello, ricusato ieri, ha deciso di sospendere il giudizio in attesa che la Cassazione valuti il ricorso presentato dagli avvocati della Montedison. I legali della difesa chiedono che il processo non si tenga nella corte Corte d'Assise di Chieti ma sia assegnato ad un altro giudice «in una sede dove i soggetti giudicanti non siano già riconosciuti essere stati "contaminati", esposti a pericoli per la loro salute». L'istanza, alla quale sono allegati molti articoli di giornale, si basa sulla tesi che anche i giudici popolari possano essere emotivamente coinvolti nella vicenda. Ora la palla passa alla corte di Cassazione che potrebbe rispondere entro tre mesi.
La richiesta di rimessione del collegio giudicante non ha colto di sorpresa la procura di Pescara. A confermare la strategia difensiva è infatti l'articolata richiesta e il lungo lavoro delle difese che non può essere stato fatto nelle ultime 24 ore, cioè dopo che la Corte d'appello ha ricusato ieri il giudice Geremia Spiniello. Quando hanno preso la parola in aula, infatti, i pm hanno detto citando Manzoni: «Il significato è chiaro, questo processo non s'ha da fare nè domani nè mai».
Sulla richiesta di rimessione del processo per legittimo sospetto intervengono anche le parti civili. «È evidente che la difesa, come in altri casi celebri, sta provando a fuggire dal processo, ben consapevole della forza dell'accusa e dell'inconsistenza, anche dal punto di vista scientifico, dei propri argomenti difensivi. Non potendo negare l'evidenza dei gravissimi fatti loro contestati, le difese Edison cercano di sfuggire al giudizio», affermano in una nota congiunta alcune delle parti civili nel processo per le discariche di Bussi ovvero l'Avvocatura dello Stato per il Ministero dell'Ambiente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Commissario delegato, la Regione Abruzzo, i Comuni di Pescara, Chieti, Spoltore, Popoli, Castiglione a Casauria, Alanno, Tocco da Casauria, Bussi, Torre dè Passeri, Solvay s.a. Solvay Specialty Polimers s.p.a. Solvay Chimica Bussi s.p.a. e l'associazione Codici Abruzzo.
«C'è di più - aggiungono - la storia travagliata di questo processo è costellata sin dall’inizio delle indagini da tentativi di ostacolare il regolare corso del giudizio strumentalizzando al limite del consentito tutti i possibili mezzi; ne è conferma il fatto, in sè patologico, che per arrivare al dibattimento ci sono voluti quasi cinque anni, nel corso dei quali si sono viste denunce poi rivelatesi false, pressioni non sempre debite, continue condotte processuali palesemente dilatorie. Senza contare episodi rimasti misteriosi come il gravissimo scambio di piezometri a valle ed a monte della mega-discarica sul quale la difese degli imputati non hanno mai, circostanza questa davvero singolare, speso una parola. Non da ultimo - prosegue la nota - osserviamo che i motivi posti a base della richiesta di rimessione del processo sono del tutto pretestuosi e passano attraverso l'inaccettabile equivalenza tra la rilevanza mediatica del processo (legata invero alla sua importanza finalmente valorizzata dalla stampa) e la presunta non neutralità dell'ambiente in cui esso si svolge e dunque dei giudici (anche popolari) chiamati a pronunciarsi. Abbiamo fiducia nel fatto che la Corte di Cassazione respingera questo ennesimo tentativo di fuga dal processo da parte di Edison».
«Noi sappiamo che fare giustizia nel nostro Paese vuol dire salire tutti gli infiniti gradini del Golgota del nostro diritto processuale penale (5 anni di processo, 51 udienze, 18 giudici tra gup, tribunale, Corte di Assise, Corte di Cassazione, 22 ordinanze, nessuna sentenza)», ha commentato l'avvocato Tommaso Navarra che nel processo sulla megadiscarica dei veleni della Montedison di Bussi sul Tirino difende il Wwf. «Noi sappiamo che cercare di accertare processualmente fatti gravissimi contestati a imputati eccellenti è una impervia scelta della volontà prima ancora che della ragione - dice Navarra - A queste certezze ne vogliamo aggiungere oggi delle altre per altri altri: l'accertamento processuale dei fatti è ineludibile per chiunque: il processo comunque si dovrà celebrare e sarà celebrato fino alla decisione. Hic manebimus optime, nel processo qualunque sarà la durata e qualunque ne sarà il luogo di celebrazione, siamo e saremo sempre presenti con la serena fiducia che nasce dalla forza delle proprie ragioni».
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