Chiude Santomo, portò le grandi firme
Dopo mezzo secolo la storica boutique in corso Umberto abbassa le saracinesche: ha vestito tre generazioni di donne
PESCARA. «Non c’è un’epoca in cui le donne sono state più belle: lo sono sempre. Cos’è l’eleganza? Andare oltre la moda, non essere di moda». Aveva da poco aperto il suo primo negozio di maglieria quando Mimmo Santomo incrocia un giovane veneto di nome Luciano Benetton che portava nel bagagliaio della macchina un sacco di maglie colorate e che cercava un rappresentante in Abruzzo. «Lo faccio io, dissi a Benetton», ricorda Santomo, storico imprenditore dell’abbigliamento passato dal fermento degli anni Sessanta all’entusiasmo degli anni Ottanta fino al declino di questi giorni arrivato a distanza di 56 anni dal suo primo negozio in via Cesare Battisti, al civico 176.
Santomo, boutique gioiello in corso Umberto, il negozio che ha portato i grandi marchi della moda in Abruzzo – da Prada a Dior – chiude, abbassa le saracinesche cedendo ai tempi ma non alla sfiducia perché, come spiega il commerciante: «E’ vero che oggi gestire un negozio in maniera onesta, pagando dipendenti e fornitori è davvero un’impresa ma a un giovane non mi sento, comunque, di consigliare di non aprire un negozio ma di rischiare sempre».
Almeno tre generazioni di donne, attori e personaggi che in mezzo secolo sono passati in città e un Vasco Rossi, dei tempi di «Vado al massimo», che comprava i suoi giubbotti di pelle da Santomo: è questo il bagaglio che l’imprenditore si lascia alla spalle, una storia iniziata nel 1960 quando Santomo, da ragazzo di bottega, apre il suo primo negozio di maglieria in via Cesare Battisti. «Perché ho fatto questo mestiere? E’ quello che mi sono ritrovato a fare», racconta l’imprenditore che oggi ha 77 anni, «lavorando con i miei genitori che erano ambulanti, andando in giro nei mercati da quando avevo 13-14 anni fin quando non ho aperto il mio primo negozio: aveva gli scaffali di cartone». Ma il negozio cresce insieme alla moglie Eva e, poco dopo, si sposta e diventa più grande in Corso Umberto al numero 82 dedicandosi esclusivamente alla donna. «Altri tempi», ricorda Santomo, «anni in cui si vendevano migliaia di cappotti a stagione. Adesso per venderli occorrerebbero 5 anni», sottolinea l’imprenditore che, per primo e rimasto unico, ha portato in Abruzzo le grandi firme della moda italiana: da Gucci a Prada a Dolce & Gabbana fino ai francesi Dior e Yves Saint Laurent». «Ricordo quando la direttrice di Prada cercava un negozio a Pescara e venne da me con la bicicletta dell’hotel», dice Santomo che negli anni, nel 1981, accanto al negozio da donna e sempre insieme alla moglie, ha aperto anche un punto vendita da uomo iniziando, poi, ad aprirsi agli accessori: borse e calzature sempre improntate all’alta qualità. Con la fine di Santomo, probabilmente uno dei negozi di abbigliamento tra i più longevi d’Abruzzo, scompare un’altra attività storica di Pescara ma termina, come racconta il commerciante, anche una categoria di commesse formate, non improvvisate: cinque donne che hanno lavorato da sempre con l’imprenditore e che o sono in via di pensionamento oppure sfrutteranno la loro professionalità. «Ho temporeggiato per molti anni anche per loro», spiega l’imprenditore, «per i miei dipendenti perché non volevo mandare nessuno a casa», spiega ancora non rimpiangendo i tempi d’oro delle vendite e del mercato, ma spronando le nuove generazioni ad adattarsi ai tempi che corrono. «Quando si ha una grande e storica azienda», dice, «è più difficile stravolgere la propria natura. Oggi non so neanche fino a che punto si spenda ancora così tanto per un abito. Le donne si comprano la macchina nuova, spendono per le tecnologie e forse meno per i vestiti», dice l’imprenditore che riserva l’ultimo pensiero per gli abruzzesi: «Sì, perché è grazie ai miei clienti e anche a chi ha ammirato anche solo per un attimo le nostre vetrine che il mio negozio è cresciuto e ha resistito per mezzo secolo».
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