Christopher e i messaggi dell’assassino 

Venerdì aveva dato a Crox 70 euro per il fumo che lui non gli ha mai portato. E dai telefonini emerge la premeditazione

PESCARA. Altro che appuntamento o incontro casuale. L’assassino di Christopher Thomas Luciani, 16 anni, gli stava dando la caccia da due giorni, dopo che il venerdì gli aveva consegnato 70 euro in anticipo per avere del fumo. Christopher, appena arrivato a Pescara dalla comunità, in fuga e senza un euro in tasca, prende i soldi ma non gli porta l’hashish promesso per quello stesso venerdì. Con quei 70 euro si paga invece il fine settimana di libertà con gli amici, dopo che dal 21 novembre non era più tornato da Campobasso. Ma il coetaneo non molla. Per tutto il sabato lo tempesta di chiamate che Christopher non vede perché ha il cellulare scarico, e manco lo ricarica in quanto con la scheda della comunità lo rintraccerebbero subito. Di tanto in tanto si fa prestare il telefonino da qualcuno e tramite il suo account Instagram comunica con gli amici.
«MI VUOI RISPONDERE?» E domenica 23 giugno, intorno a mezzogiorno, proprio tramite il telefonino di un amico mette una nota su Instagram (simile al cambio stato di Whatsapp) con la sua foto e la stazione che s’intravede. L’altro, furioso per quella presa in giro che dura da due giorni, lo intercetta immediatamente. E gli scrive più o meno così: «Mi vuoi rispondere? Fatti trovare alla biglietteria. Dopo vediamo dove dobbiamo andare e che cosa dobbiamo fare». Il tempo di pranzare e lo va a cercare alla stazione con il coltello in tasca. L’arma con cui, con il coinvolgimento di un complice (figlio di un carabiniere) che si porta appresso anche una pistola probabilmente scarica, lo uccide intorno alle 17 di quella stessa domenica con 25 fendenti. È questo il quadro che emergerebbe dai sei telefonini sequestrati ai ragazzi del branco e già analizzati dal consulente Fabio Biasini incaricato dalla procura dei minorenni dell’Aquila a cui deve però dare le conclusioni finali. A confermarlo, gli amici più stretti con cui Christopher comunica tra venerdì a domenica, fino a poco prima di essere ammazzato. Un quadro che avvalorerebbe l’ipotesi iniziale dell’accusa che è quella della premeditazione. Il motivo? Lo dice il creditore stesso a Christopher appena riesce a stanarlo, poco prima di portarlo nel parco: «È una questione di rispetto».
VOLEVA PARTIRE Altro che appuntamento o incontro casuale. Christopher quella domenica mattina, intorno a mezzogiorno, era sì alla stazione, ma stava armeggiando per trovare i soldi per il biglietto del treno per Vasto. Aveva già visto, partiva alle 18. Voleva andare a Vasto dove c’era la fidanzata con la quale il giorno dopo, lunedì, avrebbe raggiunto la comunità a Campobasso. E lì, dopo la scorpacciata di libertà ed emozioni, avrebbe ripreso il percorso scelto con la nonna: rimettersi in regola con la vita e intanto fare la scuola per parrucchieri. Invece, alle 18 di quella domenica, mentre il treno per Vasto parte, lui è esanime, abbandonato tra le sterpaglie del parco a poche centinaia di metri dalla stazione, con il corpo straziato dal coetaneo con cui aveva passato l’estate prima. Sì, la vittima e il carnefice si conoscevano bene, testimonia chi oggi piange Christopher. «E comunque, chiede con un filo di voce uno dei suoi più cari amici, «come si fa a pensare che ti ammazzano? Christopher poi non aveva paura di nessuno, aveva affrontato da solo anche gente più “grossa” e ne era uscito sempre bene».
«NON SCAPPO» E neanche quella domenica ha paura. Come racconta chi lo ha sentito quel 23 giugno, il suo obiettivo tra le ore 14 e le 15 è proprio quello di trovare i 10 euro per il treno. Chiama l’amica di sempre, ma lei non può raggiungere Pescara e non gli può portare i soldi, e allora lui le dice che avrebbe provato con l’altro amico d’infanzia che lavora a Pescara. Si trova dentro la pizzeria di fronte alla vecchia stazione quando intravede il creditore con tutta la banda che si porta dietro di 15-16enni pronti per andare al mare. «Ci sta (...) che mi sta a cercare», dice all’amico che è con lui e che gli consiglia di andare a nascondersi in bagno. «Ma va», gli risponde Christopher, «che mi vogliono fa’, ci litigo e basta». E così, senza manco dargli peso, lascia passare il branco e poi esce dal locale. Ma il capobranco è furioso e continua a setacciare la zona fino a quando, dall’altra parte della strada, inquadra finalmente Christopher davanti alla pizzeria, mentre la persona che è con lui è girata di spalle e sta parlando con qualcuno. Una banale coincidenza che per Christopher significa l’inizio della fine, anche se lui non ha paura, anche se tiene testa a tutto il gruppetto che l’accerchia e lo porta prima nella viuzza tra piazza Sacro Cuore e via Piave, e poi ai silos davanti al terminal bus e poi, infine, al parco lì vicino. Quello gliel’aveva giurato nel messaggio di mezzogiorno: «Dopo vediamo dove dobbiamo andare e cosa dobbiamo fare». Christopher entra nel parco, ci sono i fotogrammi del suo coraggio: ha una felpa bianca mentre affianca il suo assassino convinto di andare a chiarire. Poi lo precede mentre quello lo indirizza verso le sterpaglie. Il tempo di uscire dalla visuale degli altri e arrivano le coltellate alla schiena. Si aggiunge il complice. Christopher è a terra che li implora, ma anche il secondo ragazzo lo accoltella mentre il treno di Christopher va via per sempre.