«Ci batteremo perché venga fatta giustizia»
Il fratello e la cugina della chef di Archi morta sotto la valanga: «Ilaria doveva tornare il giorno prima»
Dal fratello Yuri e dalla cugina di Ilaria Di Biase, Antonia Mariani, la chef di Archi dipendente del’hotel Rigopiano tra le 29 vittime della valanga, riceviamo e pubblichiamo la lettera che segue.
I laria aveva 22 anni. Era una giovane donna. Giovane d’età ma grande di cuore e di passione. Passione anche verso la cucina, che l’aveva portata a ricoprire il ruolo di chef in uno degli hotel più conosciuti e suggestivi d’Abruzzo: il Rigopiano. Ilaria è stata cresciuta nel rispetto di valori quali la famiglia e il lavoro, si riteneva fortunata ad averlo, specialmente al giorno d’oggi, e aveva da sempre un grandissimo senso del dovere. Ed è stato proprio per seguirlo che, nel pomeriggio del 14 gennaio, nonostante la nevicata abbondante e il maltempo, Ilaria ha ripreso il suo trolley, ha salutato la sua famiglia ed è tornata all'hotel.“Non posso non tornare”, aveva risposto a sua madre. “Ho delle responsabilità da assumermi, lì hanno bisogno di me. Tanto ci vediamo martedì!” Anche noi avevamo bisogno di lei. Tutti noi avevamo un estremo bisogno di lei, ma nessuno poteva immaginare che Ilaria da Rigopiano non sarebbe più tornata. Tre mesi fa, a metà pomeriggio, una valanga di immani proporzioni ha seppellito l’hotel e con lui anche Ilaria, fermando per sempre il suo grande cuore e tingendo d’ineluttabile bianco ogni suo sogno e ogni suo progetto.
In questa breve ricostruzione di quanto è accaduto, vorremmo porre l’attenzione su un paio di dettagli: l’hotel Rigopiano era uno dei più conosciuti e apprezzati d’Abruzzo. Ma quell’hotel, a detta di tutti paradisiaco, era stato di fatto costruito in un contesto ambientale di altissimo rischio. Eppure questo dato di estrema rilevanza non ne ha impedito la costruzione, né ha imposto di seguire direttive atte alla futura sicurezza di chi lo avrebbe frequentato. Perché?
E perché di questo essenziale elemento conoscitivo non si è tenuto conto neanche al momento della ristrutturazione con conseguente ampliamento della struttura? Forse perché in questo nostro “Belpaese” tutto ha più valore della vita umana?
Il 18 gennaio 2017, tra dipendenti e ospiti, nell’hotel c’erano complessivamente 40 persone. In situazioni di evidente disagio meteorologico scuole, locali ed edifici pubblici vengono evacuati, perché un hotel di tale notorietà ed importanza per l’economia abruzzese non è stato evacuato da chi di dovere? Perché di fronte all’infuriare della tempesta di neve, che cadeva e si accumulava senza sosta, non è stata comunicata ad ospiti e personale l’esigenza di lasciare l’hotel?
Inoltre, quel maledetto mercoledì Ilaria non doveva essere lì. Era il suo giorno libero, giorno che da sempre sfruttava per tornare a casa e rivedere famiglia e amici. Ilaria, insieme alle altre vittime di questa immane tragedia, è stata costretta a rimanere lì. Dall’impervia natura? No, da chi ha lasciato che l’hotel restasse isolato.
Da chi non ha pulito le strade, ormai non percorribili, intrappolando e sequestrando di fatto quaranta persone. Perché di sequestro si tratta quando un essere umano viene costretto a restare in un ambiente contro la propria volontà. Ilaria si era accorta delle crescenti difficoltà e voleva tornare a casa. “Voglio tornare a casa”, aveva scritto a sua madre poco prima che il bianco la sommergesse. Ma Ilaria non ha avuto la possibilità di tornare a casa e, nello stesso modo, questa possibilità è stata negata a chiunque in quel momento si trovasse all’interno dell’hotel. Eppure in quei giorni l’ormai famoso Meteomont aveva già riferito del probabile pericolo valanghe sull’Appennino centrale e, in particolare, sulle pendici della parte orientale del Gran Sasso. Il pericolo dunque c’era, era tangibile e concreto, ma questa segnalazione si è dispersa chissà dove, tra una disumana catena di rimbalzi e pretesti. Sicuramente non è compito nostro accertare la verità, né decidere chi avrebbe dovuto far sì che tutto ciò non accadesse, tuttavia è certo che questa tragedia poteva essere evitata. Questo chiediamo a gran voce, che giustizia venga fatta. Siamo in un Paese in cui troppo spesso si resta nell’irrisolto e nel taciuto, noi invece non abbiamo intenzione di tacere.
Niente e nessuno potrà mai restituirci Ilaria, né il suo battito e il suo respiro, ma noi ci batteremo affinché chi non ha avuto il coraggio di assumersi le proprie responsabilità finora finalmente lo faccia e paghi.
Questo dobbiamo a Ilaria.Yuri Di Biase e Antonia Mariani