PESCOCOSTANZO
Convegno sul bosco di Sant’Antonio
Oggi e domani l’incontro tra studiosi e la presentazione del libro
PESCOCOSTANZO. Due giorni di incontri per parlare del Bosco di Sant’Antonio e presentare il volume omonimo edito dalla Fondazione Benetton e dedicato al 23° Premio Internazionale Carlo Scarpa. Coordinato da Domenico Luciani, Patrizia Boschivo e l’accademico della Crusca Francesco Sabatini, il volume (che in Abruzzo sarà commercializzato da un editore locale e sta per essere tradotto in inglese), è una raccolta di saggi di autori vari, presentato lo scorso maggio al Teatro comunale di Treviso, sede della Fondazione Benetton. Al convegno di stamattina saranno presenti Franco Iezzi (Parco Majella), Immacolata Rainaldi, Ezio Mattiocco, Giovanni Tavano, Gaetano Basti, Walter Capezzali e Alessandro Sonzini. L'altro ieri si è svolto un altro evento culturale: il ritorno di un arazzo del 1600 (originario di Pescocostanzo) raffigurante una battaglia della guerra di Troia, e depositato al Museo delle Tradizioni popolari di Roma Eur. Nell'arazzo è possibile scorgere scorci dell'antica Pesco, ma anche dell'altopiano pescolano e del bosco di Sant’Antonio. Conservatosi quasi intatto per la sua caratteristica di "difesa", il bosco prende il nome da una chiesetta eremitica dedicata inizialmente al santo egiziano, protettore della fauna domestica, e solo nel XVII secolo fu ridedicata all'omonimo santo taumaturgo padovano. La "difesa" (o "defensa"), spiega Aurelio Manzi, uno degli autori del volume, era un’istituzione giuridica antichissima, mirata a conservare dei "pascoli arborati" destinati al pascolo degli animali da lavoro della comunità: buoi aratori e cavalli soprattutto. Gli alberi (faggi, aceri, perastri colossali, cerri) venivano "capitozzati" (decapitati nella cima) e quindi si sviluppavano in larghezza, dando modo agli animali di cibarsi dai rami, e venivano ad assumere un portamento "a candelabro". Il bosco di Sant’Antonio è stato la prima riserva regionale abruzzese.(g.m.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA