Cordoma nella trappola dei ribelli
Caos a Montesilvano, si dimette il sindaco sfiduciato dal centrodestra
MONTESILVANO. Quattordici a tredici. Alle 13,51 di ieri, quando ha contato le mani alzate dei contrari, il sindaco Pasquale Cordoma ha capito di essere caduto nella trappola dei ribelli del Pdl: «Basta, mi dimetto». Alle 19,17 la decisione: Cordoma si è dimesso da sindaco.
«Le mie dimissioni sono una scelta indispensabile per non scendere a compromessi né essere vittima di giochi di palazzo», queste le parole di Cordoma per commentare il no di quattordici consiglieri al riequilibrio di bilancio, documento fondamentale di un ente locale.
Dopo il no, chiuso nel suo ufficio con i fedelissimi, Cordoma ha cercato di prendere tempo: «Vado avanti solo se c'è l'appoggio del Pdl». Un sostegno che, nelle cinque ore successive al voto contario, non è arrivato: né il governatore Gianni Chiodi né il coordinatore regionale del Pdl Filippo Piccone si sono schierati dalla parte del sindaco sfiduciato.
Sullo sfondo della bufera politica che si è abbattuta su Montesilvano, c'è l'inchiesta sullo scandalo dei rifiuti che, sette giorni fa, ha portato all'arresto dell'assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni e dell'imprenditore Rodolfo Di Zio. Anche l'Ecoemme, società mista tra Comune di Montesilvano, Comunità montana Vestina e Deco spa dei Di Zio, è sotto inchiesta: tra gli indagati c'è anche Cordoma.
Dall'arresto di Venturoni e Di Zio anche su Montesilvano è calata una cappa di sospetti: tre pagine dell'ordinanza sono dedicate alla «corruzione del sindaco». Il gip Guido Campli parla dell'Ecoemme e la definisce una storia «emblematica dei rapporti corruttivi instaurati da Di Zio». Nelle stesse tre pagine, il gip spiega il cambio di rotta «a 180 gradi di Cordoma»: da contrario ad alleato dei Di Zio, pronto a ospitare un termovalorizzatore a Montesilvano. Viene riportato anche un colloquio intercettato tra Cordoma ed Ettore Ferdinando Di Zio, fratello dell'imprenditore arrestato: «Io ti devo incontrare per sapere e parlare di termovalorizzatore con te», gli dice Cordoma, «perché quell'idea, quel semino che abbiamo gettato l'altra sera lo sto innaffiando e vediamo se può nascere qualcosa». Una conversazione che ha fatto rumore negli ambienti politici di Montesilvano. Perché di termovalorizzatore, in giunta e consiglio, non se n'era mai parlato.
Con questo clima di veleni, ieri, si è svolto il consiglio con tre punti all'ordine del giorno: il primo per dire sì a 19.140 euro di finanziamenti in più concessi dalla Regione Abruzzo per le politiche della famiglia, il secondo per licenziare una variazione di bilancio da un milione e 177 mila euro e il terzo sulla «verifica dell'equilibrio finanziario ed economico del bilancio 2010». Dopo il sì ai primi due punti, è arrivato il colpo di scena: la maggioranza di Cordoma - il 19 giugno 2007, all'alba della vittoria elettorale, fatta di 19 voti - si è sgretolata. Il no è arrivato dai ribelli del Pdl Paolo Cilli, Adriano Tocco e Stefania Di Nicola, dal presidente della commissione Bilancio dell'Udc Oscaro Biferi, dal consigliere di Rialzati Abruzzo (il partito di Carlo Masci) Giancarlo Cipolletti e dai rappresentanti dell'opposizione Adriano Chiulli, Feliciano D'Ignazio, Gianni Bratti e Francesco Di Pasquale del Pd, Francesco Maragno e Cristina Di Giovanni (Movimento verso il Pdl), Leo Brocchi e Stefano Di Blasio (Proposta liberale europea) e da Cristian Odoardi di Rifondazione comunista. Fedeli a Cordoma otto consiglieri del Pdl, Luigi Marchegiani, Ermanno Falco, Silvano Dirodi, Alfredo Caccamo, Giuseppe Menè, Massimo Cardone, Benito Olivieri e Ottavio De Martinis, e tre dell'Udc, Valter Cozzi, Maria Rosaria Parlione ed Emilio Di Censo. Si è astenuto il presidente del consiglio Vittorio Catone (Pdl), nipote dell'onorevole Giampiero Catone passato con i finiani di Futuro e libertà. Assente Raffaele De Leonardis, l'altro consigliere di Rialzati Abruzzo.
Dopo il voto, Cordoma si è chiuso nella sua stanza con i fedelissimi: il sindaco si è sfogato aspettando una reazione dello stato maggiore del Pdl. Cinque ore dopo, ha deciso di lasciare: «Ritengo doveroso rassegnare le mie dimissioni», così comincia la lettera firmata da Cordoma.
L'uscita di scena di Cordoma è l'epilogo di sei mesi di liti cominciate con le dimissioni dell'assessore ai Lavori pubblici Carlo Tereo de Landerset e del vicesindaco e assessore al Turismo Ernesto De Vincentiis, i due più votati di An e Forza Italia, che dall'11 aprile hanno abbandonato la maggioranza per i contrasti con il sindaco. Vicini a Tereo de Landerset e De Vincentiis, ecco i ribelli del Pdl: Cilli, Tocco, Di Nicola e Catone.
Il sindaco non si dice stupito del voto dei ribelli del Pdl e di Biferi ma parla di «sorprendente astensione» di Catone e «assenza inaspettata» di De Leonardis. «Prendo atto di un evidente dato politico che porta i consiglieri di centrodestra a votare con l'opposizione e, quindi, a far venire meno una maggioranza di centrodestra. Sono stato chiamato a governare la città e credo di averlo fatto al massimo delle mie potenzialità, se non mi è possibile concludere il lavoro nel tempo che resta della consiliatura preferisco ridare voce all'unico giudice che un politico ha oltre alla sua coscienza: i cittadini di Montesilvano. Tengo a precisare che non c'è nessuna giustificazione amministrativa nel non votare gli equilibri di bilancio, atto collezionato perfettamente e che avrebbe garantito ulteriormente il risanamento di Montesilvano».
«Le mie dimissioni sono una scelta indispensabile per non scendere a compromessi né essere vittima di giochi di palazzo», queste le parole di Cordoma per commentare il no di quattordici consiglieri al riequilibrio di bilancio, documento fondamentale di un ente locale.
Dopo il no, chiuso nel suo ufficio con i fedelissimi, Cordoma ha cercato di prendere tempo: «Vado avanti solo se c'è l'appoggio del Pdl». Un sostegno che, nelle cinque ore successive al voto contario, non è arrivato: né il governatore Gianni Chiodi né il coordinatore regionale del Pdl Filippo Piccone si sono schierati dalla parte del sindaco sfiduciato.
Sullo sfondo della bufera politica che si è abbattuta su Montesilvano, c'è l'inchiesta sullo scandalo dei rifiuti che, sette giorni fa, ha portato all'arresto dell'assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni e dell'imprenditore Rodolfo Di Zio. Anche l'Ecoemme, società mista tra Comune di Montesilvano, Comunità montana Vestina e Deco spa dei Di Zio, è sotto inchiesta: tra gli indagati c'è anche Cordoma.
Dall'arresto di Venturoni e Di Zio anche su Montesilvano è calata una cappa di sospetti: tre pagine dell'ordinanza sono dedicate alla «corruzione del sindaco». Il gip Guido Campli parla dell'Ecoemme e la definisce una storia «emblematica dei rapporti corruttivi instaurati da Di Zio». Nelle stesse tre pagine, il gip spiega il cambio di rotta «a 180 gradi di Cordoma»: da contrario ad alleato dei Di Zio, pronto a ospitare un termovalorizzatore a Montesilvano. Viene riportato anche un colloquio intercettato tra Cordoma ed Ettore Ferdinando Di Zio, fratello dell'imprenditore arrestato: «Io ti devo incontrare per sapere e parlare di termovalorizzatore con te», gli dice Cordoma, «perché quell'idea, quel semino che abbiamo gettato l'altra sera lo sto innaffiando e vediamo se può nascere qualcosa». Una conversazione che ha fatto rumore negli ambienti politici di Montesilvano. Perché di termovalorizzatore, in giunta e consiglio, non se n'era mai parlato.
Con questo clima di veleni, ieri, si è svolto il consiglio con tre punti all'ordine del giorno: il primo per dire sì a 19.140 euro di finanziamenti in più concessi dalla Regione Abruzzo per le politiche della famiglia, il secondo per licenziare una variazione di bilancio da un milione e 177 mila euro e il terzo sulla «verifica dell'equilibrio finanziario ed economico del bilancio 2010». Dopo il sì ai primi due punti, è arrivato il colpo di scena: la maggioranza di Cordoma - il 19 giugno 2007, all'alba della vittoria elettorale, fatta di 19 voti - si è sgretolata. Il no è arrivato dai ribelli del Pdl Paolo Cilli, Adriano Tocco e Stefania Di Nicola, dal presidente della commissione Bilancio dell'Udc Oscaro Biferi, dal consigliere di Rialzati Abruzzo (il partito di Carlo Masci) Giancarlo Cipolletti e dai rappresentanti dell'opposizione Adriano Chiulli, Feliciano D'Ignazio, Gianni Bratti e Francesco Di Pasquale del Pd, Francesco Maragno e Cristina Di Giovanni (Movimento verso il Pdl), Leo Brocchi e Stefano Di Blasio (Proposta liberale europea) e da Cristian Odoardi di Rifondazione comunista. Fedeli a Cordoma otto consiglieri del Pdl, Luigi Marchegiani, Ermanno Falco, Silvano Dirodi, Alfredo Caccamo, Giuseppe Menè, Massimo Cardone, Benito Olivieri e Ottavio De Martinis, e tre dell'Udc, Valter Cozzi, Maria Rosaria Parlione ed Emilio Di Censo. Si è astenuto il presidente del consiglio Vittorio Catone (Pdl), nipote dell'onorevole Giampiero Catone passato con i finiani di Futuro e libertà. Assente Raffaele De Leonardis, l'altro consigliere di Rialzati Abruzzo.
Dopo il voto, Cordoma si è chiuso nella sua stanza con i fedelissimi: il sindaco si è sfogato aspettando una reazione dello stato maggiore del Pdl. Cinque ore dopo, ha deciso di lasciare: «Ritengo doveroso rassegnare le mie dimissioni», così comincia la lettera firmata da Cordoma.
L'uscita di scena di Cordoma è l'epilogo di sei mesi di liti cominciate con le dimissioni dell'assessore ai Lavori pubblici Carlo Tereo de Landerset e del vicesindaco e assessore al Turismo Ernesto De Vincentiis, i due più votati di An e Forza Italia, che dall'11 aprile hanno abbandonato la maggioranza per i contrasti con il sindaco. Vicini a Tereo de Landerset e De Vincentiis, ecco i ribelli del Pdl: Cilli, Tocco, Di Nicola e Catone.
Il sindaco non si dice stupito del voto dei ribelli del Pdl e di Biferi ma parla di «sorprendente astensione» di Catone e «assenza inaspettata» di De Leonardis. «Prendo atto di un evidente dato politico che porta i consiglieri di centrodestra a votare con l'opposizione e, quindi, a far venire meno una maggioranza di centrodestra. Sono stato chiamato a governare la città e credo di averlo fatto al massimo delle mie potenzialità, se non mi è possibile concludere il lavoro nel tempo che resta della consiliatura preferisco ridare voce all'unico giudice che un politico ha oltre alla sua coscienza: i cittadini di Montesilvano. Tengo a precisare che non c'è nessuna giustificazione amministrativa nel non votare gli equilibri di bilancio, atto collezionato perfettamente e che avrebbe garantito ulteriormente il risanamento di Montesilvano».
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